lunedì 7 ottobre 2024

La crisi del capitalismo



Articolo da Collettivo Le Gauche

  1. Note sulla speranza

John Holloway nel libro La speranza in un tempo senza speranza ci invita ad analizzare criticamente un sistema sociale che è basato sul dominio del capitale e in cui il possesso o non possesso del denaro plasma l’esistenza di ognuno di noi. Questa analisi serve a rifiutare un mondo funzionante in questo modo, profondamente falso e sbagliato, traghettando, così, la nostra rabbia nella grammatica della speranza. Il senso di colpa che emerge dall’incontro con le ingiustizie può essere colmato in molti modi. Possiamo fare beneficenza, chiudendo però gli occhi sulle cause scatenenanti il problema a cui vogliamo trovare una soluzione, può diventare indifferenza e con una “scrollata di spalle” possiamo continuare come se nulla fosse la nostra esistenza oppure può trasformarsi in rabbia nei confronti dei disperati che ci fanno sentire in colpa. La sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato si rivolge contro le vittime e ci fa pretendere assurdità come la reclusione dei senzatetto, l’espulsione dei migranti o la repressione del movimento femminista che pretende eguali diritti per le donne. Questo schema, che l’autore chiama dolore-rabbia-frustrazione, sembra funzionare al momento in quest’ultimo modo facendo moltiplicare il razzismo, il sessismo, la paura e il nazionalismo.

“Abbiamo più che mai bisogno di speranza, la speranza in una società radicalmente diversa, la speranza che possa far fluire creativamente il dolore del mondo, la speranza che scaturisca dalla rabbia, ma che dia senso a quella rabbia, la speranza che porta ad aprire, e non chiudere e fortificare porte e finestre”1.

La speranza ci serve per far fluire creativamente il dolore del mondo. La speranza ci spinge fuori, diversamente dalla paura e per fare tutto ciò occorre partire dalla nostra ricchezza e dalle nostre potenzialità creative, da quello che l’autore definisce assoluto movimento del divenire al momento intrappolato ma la cui forza trabocca dalla gabbia in cui è imprigionato. Si tratta di un’enorme ricchezza che ci spinge contro-e-oltre. Questa ricchezza è una ricchezza-contro, quella dell’antagonismo contro il tempo senza speranza, contro il mondo che umilia la nostra ricchezza o cerca di impoverirla oppure contro il capitale che minaccia la nostra vita. Bisogna opporre al dominio lo schema rifiuto-resistenza-ribellione. In questo modo riusciremo ad andare oltre la tradizione della sinistra, tanto critica verso il capitalismo ma incapace di portarci fuori di esso, rimandando a data da destinarsi il giorno della rivoluzione. Si tratta di un modo di ragionare capace di trasformare la nostra speranza in paura a cui dobbiamo opporre la gioia della lotta e la sua luce fatta di coloro vivaci che illumina il nostro mondo. Holloway elenca molti momenti in cui ciò è accaduto dal ‘68 alle lotte in Argentina tra il 2001 e il 2002 oppure Occupy, le primavere arabe per arrivare fino ai gilet gialli. Sono tutti eventi capaci di trasformare la nostra percezione e consapevolezza di ciò che siamo e possiamo essere, in definitiva, durante questi momenti di lotta vengono rotti i limiti del possibile e siamo in grado di pensare a cose prima impossibili. Oltre a queste ribellioni Holloway pensa che lo stesso risultato possa essere raggiunto dalla proliferazione quotidiana del rifiuto e dalle sperimentazioni di alternative all’attuale sistema capitalista qui e ora la cui moltiplicazione per l’autore è il modo migliore per rompere con la società in cui viviamo.

Partire dalla speranza oggi significa parlare di una speranza sempre più angosciata per le crisi che dobbiamo affrontare. Pensare alla speranza significa raffigurarsi qualcosa di simile a Giano, il dio romano a due facce, una che guarda indietro e un’altra che guarda avanti. La speranza ci obbliga a tenere in considerazione entrambe le direzioni in quella che Holloway definisce speranza-contro-la-speranza, qualcosa di diverso dall’ottimismo e che ci permette di essere coscienti della corrente capace di scorrere verso la distruzione. In poche parole, parliamo di una speranza senza certezze e senza la rassicurazione di un lieto fine.

Eppure Holloway ci invita a re-imparare la speranza e per farlo parte da due autori particolari: Ernst Bloch e Adorno. Il primo vedeva la centralità della speranza in ogni attività umana che mostrava l’esistenza nel presente di un mondo ancora inesistente il cui punto di arrivo è il progetto comunista di Marx. Non possiamo avere, a 70 anni di distanza, la stessa sicurezza di Bloch in questo sbocco finale, in un mondo non dominato dal fascismo ma da qualcosa di molto simile. Inoltre viviamo in un contesto dove sono scomparsi i partiti rivoluzionari che contraddistinguono il suo mondo e assieme ad essi è collassata l’idea di un’alternativa reale al capitalismo con il crollo dell’URSS e del campo socialista. La storia sembra non essere più dalla nostra parte ma allo stesso tempo è sempre più urgente un cambiamento radicale della nostra società visto che ci sta inesorabilmente trascinando verso l’abisso dell’autodistruzione dell’umanità, annientando ogni possibilità di lieto fine per la nostra storia. Questo ha prodotto anche un abbassamento nelle aspettative della sinistra che sembra puntare più ad avere un capitalismo democratico rispetto al suo superamento mentre quest’ultimo diventa sempre più aggressivo e violento, portandoci in una situazione simile agli anni ‘30, dove riemergono i fascismi e la guerra. Allora è molto più facile cadere nella depressione rispetto a re-imparare la speranza. Holloway dice che sperare è facile, molto più difficile è pensare la speranza, cioè esercitare una docta spes, come direbbe Bloch, una speranza ragionata opposta al pio desiderio che non porta da nessuna parte. La docta spes presuppone una connessione pratica tra soggetto e oggetto. Questo legame impedisce di dare libero sfogo al pio desiderio che ha come unico risultato anestetizzare la nostra voglia di cambiare il mondo. La docta spes ci impone, invece, di confrontarci con le basi reali per costruire un mondo alternativo a quello in cui viviamo, dimostrando che non si tratta di una bella fantasia. Nel pensiero di Bloch, tuttavia, sembra che la speranza sia un motore del progresso, come se fosse qualcosa di ontologico, proprio della natura umana. La speranza in realtà è qualcosa di storicamente specifico e le forze che ci portano avanti si oppongono ad altre forze opprimenti e storicamente determinate. La speranza nella lettura di Holloway diventa qualcosa che mira alla rottura della coesione sociale ed è necessariamente antagonista. Se il progresso rafforza l’attacco contro di noi, essa è contro il progresso. La speranza non è il motore del progresso ma una spinta contro la distruzione, per l’emancipazione e per la costruzione di un modo di vivere libero dalle dinamiche distruttive del capitalismo. Da Adorno invece viene ripresa l’idea di una dialettica negativa che rompe con qualsiasi rassicurante idea di lieto fine, presente anche in Bloch.

Continua la lettura su Collettivo Le Gauche


Fonte: 
Collettivo Le Gauche


Autore: Collettivo Le Gauche

Licenza: This work is licensed under Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International

Articolo tratto interamente da 
Collettivo Le Gauche


Nessun commento:

Posta un commento

I commenti sono in moderazione e sono pubblicati prima possibile. Si prega di non inserire collegamenti attivi, altrimenti saranno eliminati. L'opinione dei lettori è l'anima dei blog e ringrazio tutti per la partecipazione. Vi ricordo, prima di lasciare qualche commento, di leggere attentamente la privacy policy. Ricordatevi che lasciando un commento nel modulo, il vostro username resterà inserito nella pagina web e sarà cliccabile, inoltre potrà portare al vostro profilo a seconda della impostazione che si è scelta.