venerdì 5 aprile 2024

Non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico!



Articolo da Sbilanciamoci.info 

Il premio Nobel Giorgio Parisi e altri tredici scienziati hanno lanciato l’appello “Non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico” chiedendo al governo un finanziamento della sanità adeguato a mantenere i risultati finora ottenuti nella tutela della salute. È una mobilitazione che ci riguarda tutti.

Ci vuole un premio Nobel e alcune delle firme più prestigiose del mondo scientifico per fare arrivare in prima pagina il dramma della sanità pubblica italiana sotto l’attacco del governo Meloni. Un attacco che segue anni di politiche di austerità, la pandemia da Covid-19, una crisi sanitaria e socio-economica di vasta portata, aggravata dalle conseguenze dell’inflazione. 

È stato pubblicato il 3 aprile il documento “Non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico” firmato da quattordici scienziati e intellettuali, tra cui il fisico Giorgio Parisi, Enrico Alleva, Nerina Dirindin, Silvio Garattini, Paolo Vineis.

Si chiede un finanziamento del Servizio sanitario nazionale (SSN) che passi dal 6,2% previsto per il 2025 ad almeno l’8%, pari agli standard degli altri paesi europei. Senza queste risorse il SSN rischia di perdere il ruolo che ha avuto fin dalla sua nascita per tutelare la salute di tutti gli italiani, migliorare la qualità della vita della popolazione, combattere gli squilibri e le diseguaglianze sociali e territoriali del paese, superando le storture del precedente sistema mutualistico, garantire servizi di cura nell’interesse di ogni singola persona e della collettività. 

I problemi che oggi affliggono il SSN – ricordati anche nell’appello – sono numerosi: una forte riduzione della spesa sanitaria in termini reali, i processi di privatizzazione favoriti dal dirottamento di risorse pubbliche verso la sanità privata e oggi il disegno di legge sull’autonomia regionale differenziata che farebbe esplodere le disparità di salute.

La spesa sanitaria pubblica è andata diminuendo e le previsioni del governo per il 2026 scendono al 6,1% del PIL. In parallelo, aumentano le risorse destinate al privato convenzionato e cresce la spesa sostenuta direttamente dai cittadini per l’acquisto di servizi sanitari privati (out of pocket), con percentuali più alte che in altri paesi. Al contempo, cresce il ruolo delle società di assicurazione che forniscono servizi in campo sanitario, favorite dagli incentivi offerti al “welfare aziendale” con la defiscalizzazione dei contributi pagati dalle imprese.

Solo due mesi fa, alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, la Corte dei Conti aveva sottolineato la grave situazione presente nella sanità italiana, parlando di «crisi sistemica», accentuata dalla “fuga” del personale, non adeguatamente remunerato, riconosciuto e tutelato. La denuncia della mancanza di garanzie universali per un’effettiva equità di accesso alle prestazioni e alle cure sanitarie era stata accompagna dalle preoccupazioni per la pesante crescita della spesa privata, per la frammentazione del SSN in «tanti diversi sistemi sanitari regionali, sempre più basati sulle regole del libero mercato». 

L’appello dei 14 scienziati porta sotto gli occhi di tutti l’erosione del SSN e l’attacco al diritto alla salute che – come recita l’articolo 32 della Costituzione – è un «fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività». Tutto questo mostra che la sanità è sempre più un nodo politico centrale che coinvolge il modello complessivo di società, la relazione tra diritti, doveri e bisogni, la qualità della vita delle persone. La sfida odierna torna allora a essere, come era stato nella stagione dei conflitti da cui nacque il SSN, il potenziamento e la riqualificazione della sanità pubblica, in una visione sistemica del modello di salute e di cura, nel segno del rilancio dell’universalismo. 

Alcune iniziative vanno in questa direzione (qui l’articolo sulla progressiva privatizzazione della sanità; qui l’articolo sulla lotta per il potenziamento della sanità pubblica in Piemonte ) ma resta ancora molto da fare per allargare le mobilitazioni sulla salute, creare consapevolezza, ricostruire una narrazione alternativa a quella dominante, sviluppare convergenze politiche. Solo il Servizio Sanitario Nazionale può rendere effettivamente esigibile il diritto alla salute, diritto sociale e di libertà per tutte le persone.

Di seguito testo dell’appello:

Non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico

In Italia una delle più grandi conquiste della Repubblica è il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), che ha contribuito significativamente a migliorare prospettiva e qualità di vita e a ridurre le disuguaglianze socioeconomiche.

Negli ultimi decenni, in un contesto di marcato miglioramento delle condizioni generali di salute della popolazione mondiale, l’Italia si caratterizza per il maggior incremento – tra i Paesi ad alto reddito – dell’aspettativa di vita, passata da 73,8 a 83,6 anni tra il 1978 (che è l’anno di creazione del SSN) e il 20191. Ma se segnali preoccupanti si percepivano già prima del 2019, dopo la pandemia molti dati dimostrano che il sistema presenta inequivocabili segni di crisi: frenata o arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente – e talora insostenibile – di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali, per citare solo i problemi più importanti.

Quali sono le cause principali? L’inarrestabile evoluzione tecnologica, con il conseguente incremento dei costi, l’invecchiamento della popolazione e il mutamento degli scenari delle malattie, congiuntamente all’inflazione e alle difficoltà della finanza pubblica, hanno reso fortemente sottofinanziato il SSN, al quale nel 2025 sarà destinato circa il 6,2% del PIL2, meno di quanto (6,5%) accadeva 20 anni fa. Oltre al divario tra costi crescenti e finanziamento decrescente e a un carico di inefficienza e inappropriatezza, manca un vero dibattito sul nesso tra sostenibilità e diritto alla salute. 

1. Possiamo fare a meno del SSN?

I Servizi Sanitari universalistici come quello italiano sono stati colpiti duramente dalla crisi economica del 2009, e in alcuni casi (Grecia, Spagna, Portogallo) hanno ridimensionato grandemente il ruolo del pubblico a favore del privato (con una conseguente crescita della spesa sanitaria direttamente a carico dei cittadini)3. Dal sistema pubblico viene ancora garantita a tutti una quota di attività (urgenza, ricoveri per acuzie), mentre per un’altra parte dell’assistenza (visite specialistiche, accertamenti diagnostici, piccola chirurgia) la popolazione è costretta a rinviare gli interventi o indotta a ricorrere al privato e alle assicurazioni. Progredire su questa china, oltre a essere contrario al dettato costituzionale (Art. 32)4, potrebbe portarci verso il modello USA, che è chiaramente il più oneroso (spesa media più che tripla rispetto all’Italia) e meno efficace (aspettativa di vita inferiore di sei anni)5,6. Noi crediamo che i cittadini non vogliano scegliere questo scenario.

2. Stiamo finanziando adeguatamente il nostro SSN?

In Canada, nel 2002, la Commissione incaricata di proporre miglioramenti al SSN nelle sue conclusioni scrisse molto chiaramente che il servizio sanitario è sostenibile se i cittadini lo vogliono. Il che significa che i cittadini ne riconoscono l’importanza, lo sostengono con le loro contribuzioni e lo utilizzano in maniera appropriata7. Oggi il SSN è finanziato mediante la fiscalità generale, secondo il principio solidaristico, e la quota di incidenza rispetto al PIL sta scivolando verso il 6%, con un divario di un punto percentuale (corrispondente a circa 20 miliardi di €) rispetto alla media UE, e con differenze molto più marcate nei confronti dei grandi Paesi europei (Francia e Germania spendono oltre il 10% del PIL)8. La spesa sanitaria non è grado di assicurare compiutamente il rispetto del Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)9. Solo poco più della metà delle Regioni rispettano i LEA, mentre in molte Regioni del Sud l’effettivo esercizio dei diritti non è garantito. L’autonomia differenziata potrebbe approfondire la frattura tra Nord e Sud d’Italia in termini di diritto alla salute, ancora una volta contro i principi della Costituzione10. È dunque necessario un piano straordinario di finanziamento del SSN e specifiche risorse devono essere destinate a rimuovere gli squilibri territoriali, come previsto dall’articolo 119 della Costituzione11.

3. Le strutture sanitarie sono moderne e adeguate?

Parte delle nuove risorse dovrebbero essere impiegate per intervenire in profondità sull’edilizia sanitaria, in un Paese dove due ospedali su tre hanno più di 50 anni, e uno su tre è stato costruito prima del 1940, quando la medicina era letteralmente un’altra cosa12. La grande maggioranza degli ospedali risulta gravemente obsoleta sia sotto il profilo della sicurezza (sismica, antincendio) sia per le esigenze cliniche e organizzative della medicina moderna. In molti ospedali operano professionisti eccellenti e vengono eseguite procedure di alta specializzazione, con il paradosso di effettuare interventi di assoluta avanguardia in un contesto ottocentesco. Il PNRR pone in parte rimedio alla obsolescenza delle tecnologie, ma per gli ospedali prevede solo alcuni interventi antisismici, ora a rischio13. Inoltre, le risorse per l’edilizia sanitaria sono impiegate solo parzialmente dalle Regioni (oltre dieci miliardi sono ancora inutilizzati) e la capacità di spesa di molte Regioni risulta sempre più deteriorata14,15.


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Articolo tratto interamente da Sbilanciamoci.info 


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