Articolo da Il Bo Live, il giornale dell'Università di Padova
Quest’anno il ghiaccio artico segna un nuovo record negativo: soli 8,867 chilometri quadrati di copertura. Lo riportano le misurazioni effettuate il 5 luglio 2021 dal Nsdic, Nations Show & Ice Data Center. Questo scioglimento massiccio in realtà non era per nulla atteso, data la primavera relativamente fresca, con notevoli nevicate nella zona artica, condizioni che solitamente attenuano lo scioglimento estivo. Il 2021 sorpassa quindi quello che finora era stato considerato “l’anno nero”, quello del 2012, quando il ghiaccio artico aveva segnato il minimo storico dal 1979, anno in cui i satelliti hanno iniziato a monitorare la zona.
Non è solo un problema di copertura, il ghiaccio dell’Artico sta anche diventando meno spesso. A rivelarlo è uno studio delle università di Washington, Seattle, Toronto e pubblicato sulla rivista Communication Earth and Environment. Gli studiosi hanno analizzato lo spessore del ghiaccio marino in una particolare zona del Polo Nord, chiamata “the Last Ice”, l’ultimo ghiaccio, che finora è stata considerata stabile e non interessata dallo scioglimento del ghiaccio durante il periodo estivo. Invece anche questo ultimo baluardo di ghiaccio perenne viene assottigliato significativamente durante l’estate. Le misurazioni degli studiosi risalgono all’estate del 2020, effettuate appunto nel mare di Wandel, a nord della Groenlandia e delle isole canadesi, quasi per caso. Infatti i ricercatori si trovavano nei paraggi per altri motivi scientifici e, dopo essersi accorti che a occhio nudo il ghiaccio era più sottile, hanno deciso di effettuare le misurazioni. Durante l’estate è normale una riduzione della copertura e un certo assottigliamento del ghiaccio, infatti le condizioni delle calotte, quella artica come quella antartica, a seconda della stagione possono presentare dei cambiamenti significativi. “Nello studio quindi hanno cercato di verificare quanto fosse eccezionale questa particolare annata” spiega la professoressa Claudia Agnini, paleoclimatologa del dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova, “perché chiaramente quello che non si può fare in questi casi è prendere per buono un record di un anno, che invece può essere relativamente poco significativo”. Gli studiosi hanno anche cercato di capire cosa ha portato questo “thinning”, l’assottigliamento, e quanto conta, per esempio, il livello soglia. Durante la primavera del 2020 c’era poco ghiaccio, ma nei due anni precedenti il livello in primavera era stato ancora più basso, fatto che però non si è tradotto in un assottigliamento così ampio come nell’estate 2020. Di conseguenza ci sono altre variabili da tenere presente, non conta solo il livello del ghiaccio prima dell’estate. In questo sistema complesso occorre considerare anche la circolazione oceanica e la circolazione atmosferica. Ma mette in guardia la professoressa Agnini: “quando si fa vedere una serie storica si vede chiaramente che c'è un assottigliamento che mostra un chiaro trend”.
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Fonte: Il Bo Live, il giornale dell'Università di Padova
Autore: Elisa Speronello
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Articolo tratto interamente da Il Bo Live, il giornale dell'Università di Padova
E' tutto collegato: deforestazione causa effetto serra poiché nulla contrasta l'inquinamento, l'effetto serra causa surriscaldamento globale e quindi scioglimento dei ghiacciai oltre che alterazione delle zone climatiche.
RispondiEliminaMa chi da tutto questo ci guadagna e specula non lo vuole capire, e non c'è modo di fermarli.
La situazione è catastrofica.
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