mercoledì 14 ottobre 2015

Cittadinanza, via libera alla Camera. Cosa cambia, in attesa dell’esame del Senato

 
Articolo da Cronache di ordinario razzismo

Con 310 voti favorevoli e 66 contrari, la Camera dei deputati ha approvato oggi il testo con le proposte di modifica alla legge 5 febbraio 1992 n. 91 in materia di cittadinanza. Un importante passo in avanti, atteso da più di tre anni. Un grande cambiamento positivo, “anche se la normativa non disegna la riforma auspicata”, sottolineano i membri della campagna L’Italia sono anch’io, che già nel 2012 raccoglieva e depositava in Parlamento oltre 200mila firme a favore delle modifiche normative.

Nonostante ci siano dei miglioramenti possibili a cui tendere, è indubbio che “la riforma approvata dalla Camera rappresenta un importante passo in avanti verso il riconoscimento dei diritti delle seconde generazioni”: lo sottolinea Mohamed Tailmoun, portavoce della Rete G2, impegnata da anni nel chiedere che la normativa non rimanga arroccata su posizioni ideologiche ma si adegui piuttosto all’attuale realtà sociale. E il testo approvato oggi alla Camera, se passerà al vaglio del Senato, cambierà davvero, praticamente, la vita di molte persone.

Ius soli temperato

Le bambine e i bambini nati in Italia da genitori stranieri otterranno la cittadinanza italiana solo se almeno uno dei genitori è titolare di permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo (o di diritto di soggiorno permanente in caso di genitori cittadini di paesi Ue).

Ius culturae

I figli di genitori stranieri nati in Italia, ma i cui genitori non siano in possesso del permesso per lungosoggiornanti, oppure i minori arrivati in Italia entro il dodicesimo anno di età, potranno diventare cittadini italiani dopo aver frequentato regolarmente, per almeno 5 anni, uno o più cicli scolastici e formativi (se la frequenza riguarda un corso di istruzione primaria è necessaria la positiva conclusione dello stesso).
Per i minorenni giunti in Italia entro i 18 anni, l’ottenimento della cittadinanza è subordinato a sei anni di residenza regolare e alla conclusione di un percorso di istruzione con il conseguimento del titolo conclusivo. In questo caso il testo parla di cittadinanza ottenuta per “concessione”: si mantiene dunque salda una certa discrezionalità da parte dello Stato.

Dichiarazione di volontà

L’acquisto della cittadinanza dovrà accompagnarsi a una dichiarazione di volontà, presentata in Comune da un genitore entro il compimento della maggiore età del figlio. Altrimenti, il diretto interessato potrà presentarla tra i 18 e i 20 anni.

Retroattività

Una norma transitoria permetterà di ottenere la cittadinanza italiana anche alle persone che abbiano superato il limite d’età (20 anni) per inoltrare la domanda, maturando però nel frattempo i requisiti previsti dalla nuova legge – nascita in Italia o ingresso entro il dodicesimo anno di età, frequenza di un ciclo di istruzione di almeno cinque anni, residenza legale e ininterrotta sul territorio nazionale negli ultimi cinque anni. In questo caso la domanda dovrà essere subordinata a una verifica, effettuata dal ministero dell’Interno, relativa all’eventuale presenza di precedenti dinieghi della cittadinanza, di provvedimenti di espulsione o di allontanamento, per motivi di sicurezza nazionale. Il ministero avrà sei mesi di tempo per inoltrare il nulla osta o bloccare la richiesta di cittadinanza.

Persistono “elementi di criticità”, come afferma la campagna L’Italia sono anch’io. Nello specifico, i nodi problematici sollevati dalla campagna sono due: la naturalizzazione degli adulti, e il collegamento prodotto tra il futuro di bambine e bambini e la situazione economica della famiglia. Per quanto riguarda il primo aspetto, la campagna sottolinea che nel testo approvato in Aula manca totalmente “una norma che consenta la semplificazione delle procedure relative alla naturalizzazione degli adulti”: le competenze non vengono trasferite ai sindaci ma restano al ministero dell’Interno, né viene superata, “attraverso norme certe di riferimento, la discrezionalità che oggi caratterizza le decisioni in materia”. “Su questo fronte non siamo riusciti a trovare un accordo”, ammette Marilena Fabbri, relatrice della riforma alla Camera.

Sul secondo punto, la campagna evidenzia che il fatto di legare l’acquisizione della cittadinanza dei nati in Italia al permesso per lungosoggiornanti di un genitore potrebbe provocare “una discriminazione che viola l’articolo 3 della Costituzione”. Sono “limiti pesanti”, secondo Filippo Miraglia, vice presidente di Arci e membro della campagna, “ma non possiamo che salutare con soddisfazione un passo avanti della civiltà giuridica e della democrazia di questo Paese, che cambierà la vita di migliaia di famiglie e persone, di tante bambini e bambini che in Italia sono stati a lungo discriminati per legge. Non abbiamo certo sconfitto il razzismo ma abbiamo contribuito a migliorare la democrazia”.

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Fonte: Cronache di ordinario razzismo

Autore: redazione Cronache di ordinario razzismo

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Articolo tratto interamente da Cronache di ordinario razzismo  

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