martedì 11 giugno 2024

Elezioni europee: brutti venti in Europa



Articolo da DinamoPress

Malgrado le apparenze, non è stato poi questo gran disastro, piuttosto la conferma di una deriva a destra inevitabile nella congiuntura bellica e già prevedibile da qualche settimana (forse con un cedimento tedesco accelerato), In pratica un trionfo dei conservatori tedeschi e di Le Pen con molti ripugnante rigurgiti nazisti e fascisti qua e là. Ma nel corso dello stesso processo è saltato l’asse della guerra fra Macron e Scholz (seguiti a breve da Sumak), dunque il pericolo più imminente di coinvolgimento in una terza guerra mondiale. Inoltre la candidatura di Ilaria Salis per Avs, che abbiamo contribuito a lanciare in ambito di estrema sinistra ha miracolosamente funzionato ed era da anni che un’iniziativa unitaria del genere non riusciva. Portiamocela a casa con allegria.

Il nostro sito ha ripetutamente analizzato la congiuntura di guerra in cui l’Europa e il mondo sono sempre più immersi. E ha denunciato i rischi crescenti di autoritarismo politico e di gestione repressiva della crisi economica e della povertà che conseguono al taglio della spesa sociale a favore degli stanziamenti bellici, prevedendo che il primo tangibile effetto sarebbe stato uno spostamento a destra nelle prossime elezioni europee. È andata così e non abbiamo avuto certo meriti profetici speciali. Caso mai siamo relativamente contenti che i due assatanati capifila della guerra diretta e preventiva alla Russia, Macron e Scholz, siano stati travolti dal voto (Sunak seguirà a luglio e Biden probabilmente a novembre) – sia pure a vantaggio di formazioni fasciste che al momento non sono favorevoli alla guerra esterna contro i loro sodali fascisti russi ma solo a quella interna contro i poveri e i migranti. 

Ma abbiamo anche dato un’indicazione positiva: tirar fuori di galera Ilaria Salis, votandola nella circoscrizione nord-ovest e isole, e garantendo su tutto il territorio nazionale il quorum allora precario di Avs (che avrebbe anche permesso il successo di candidature di perseguitati quali Mimmo Lucano). Il risultato, che non implicava nessuna convergenza più ampia con la formazione politica che aveva avuto il coraggio e l’intelligenza di presentarli, è stato superiore a ogni previsione e noi, nella nostra piccola area di riferimento, abbiamo dato un contributo e siamo felici di aver portato a casa un risultato unitario per niente scontato e che da molti anni non si vedeva. Sapete com’è: la politica è diventata come il calcio (non ci piace ma è così) e ogni tanto una vittoria fa bene allo spogliatoio e alle curve. Per le visioni generali del mondo c’è Netflix – diceva Max Weber. Meglio ancora sarebbe stato fare come a Parigi, dove gli attivisti di sinistra sono scesi in piazza subito, anche in vista delle elezioni anticipate indette dall’avventuriero Macron per giocarsi le ultime carte, una volta travolto da Le Pen e sconsigliato in sogno dal suo modello Napoleone di impegnarsi in una nuova campagna di Russia. Aborigeni, pro-Pal, beurs e ritals sono andati a place de la République e hanno lanciato uno schieramento anti-Bardella senza equivoche mediazioni macroniane, al grido (in italiano) “siamo tutti antifascisti”.  Dopo il giorno delle (poche) schede, è forse venuta l’ora dei corpi e delle voci.

Ci vorrà del tempo per valutare il peso complessivo dei cambiamenti sulla scena europea: al di là del “baluardo” Von der Leyen contro gli opposti estremismi (cioè della riconferma della vecchia maggioranza allargata a Meloni), il vero problema è che, quale che siano gli equilibri all’interno del poco incisivo Parlamento europeo, la scelta e l’operato della Commissione saranno sottoposta alla negoziazione con il Consiglio europeo, cioè ai capi degli esecutivi nazionali, dove agli attuali atlantisti e superatlantisti Meloni e Tusk si aggiungeranno anche il  lepenista Bardella, chissà quale popolare tedesco di destra al posto di Scholz per la Germania, un nazi austriaco più una bella collezioni di leaderini est-europei e baltici sovranisti  in offerta.

L’onda nera non travolge numericamente il nucleo duro euro-atlantico ma lo costringe a trattare e ha già conseguito il dissesto dell’asse franco-tedesco. Vi saranno più dissensi sull’escalation ucraina (dipenderà molto anche se oltre Atlantico vinceranno Biden o Trump), ma di sicuro resteranno le politiche di austerità, frugalità di bilancio e controllo ferreo dell’immigrazione, anzi verranno incrementate, tanto più che il successo di destra si è verificato maggiormente nell’area centro-settentrionale che in quella mediterranea del Continente, dove i rapporti interni di forza sono rimasti pressoché invariati. Me riparliamo dopo le elezioni francesi.

Due osservazioni conclusive dopo questo rapidissimo schizzo (su cui naturalmente torneremo a breve e con più dati). In coincidenza con le elezioni europee è entrato in crisi il governo Netanyahu per le dimissioni di Gantz, che prima le ha proclamate a scadenza fissa (l’altroieri), poi le ha sospese nell’euforia della liberazione degli ostaggi, poi ci è ritornato sopra in seguito all’esito disastroso dell’operazione agli occhi dell’opinione pubblica nazionale e internazionale. Non che il criminale si sia dimesso, ma è iniziato un percorso che in tempi brevi (prima dell’insediamento eventuale di Trump) dovrebbe portare alla crisi e a nuove elezioni. Per quanto Gantz sia completamente d’accordo con una politica genocida che gode di larga popolarità in Israele, qualcosa bisognerà pur concedere alla Corte Penale, alle pressioni mondiali e alla rielezione di Biden. Servirà questo a bloccare l’invasione del Libano, in parallelo al congelamento di conclamate avventure ai confini ucraini? Speriamo.

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Fonte: DinamoPress



Articolo tratto interamente da DinamoPress 


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