mercoledì 15 maggio 2024

Natura è tutto ciò che noi vediamo di Emily Dickinson



Natura è tutto ciò che noi vediamo

Natura è tutto ciò che noi vediamo:
il colle, il pomeriggio, lo scoiattolo,
l’eclissi, il calabrone.
O meglio, la natura è il paradiso.
Natura è tutto ciò che noi udiamo:
il bobolink, il mare, il tuono, il grillo.
O meglio la natura è armonia.
Natura è tutto quello che sappiamo
senza avere la capacità di dirlo,
tanto impotente è la nostra sapienza
a confronto della sua semplicità.

Emily Dickinson

martedì 14 maggio 2024

No al Ponte sullo Stretto di Messina



Articolo da DinamoPress

Per opporsi alla costruzione del Ponte sullo Stretto decisa dal governo Meloni la rete #no ponte ha convocato per il 18 maggio una grande manifestazione che partirà da Villa San Giovanni, per rivendicare che alle lobby degli affari e del cemento intendono contrapporre la cura e l’amore per l’ambiente e i territori.

L’idea di realizzare un ponte che unisse la Sicilia alle coste della Calabria venne per primo al re Ferdinando II delle Due Sicilie. Restò solo un’idea, della quale si continuò a parlare anche dopo l’unità d’Italia, quando si valutò anche la possibilità di un collegamento sottomarino, analogo a quello che Napoleone immaginava di realizzare sotto la Manica per unire la Francia all’Inghilterra.

Il primo vero progetto di ponte sospeso fu presentato da un gruppo di ingegneri delle ferrovie nel 1883, ma le condizioni sismiche della zona, testimoniate dal terremoto che si era verificato in Calabria nel 1783 e confermate da quello di Messina del 1908, costrinsero tutti a valutare i rischi della costruzione di un ponte.

Così per decenni si alternarono le proposte di ponti e tunnel sottomarini, fino al 1955 quando alcune imprese di costruzioni (Fiat, Pirelli, Italcementi, Finsider, Italstrade) costituirono il Gruppo Ponte di Messina S.p.A. per realizzare studi per la costruzione di un collegamento viario e ferroviario fra la Sicilia e il continente. Nel 1981 il gruppo diventerà la società concessionaria Stretto di Messina S.p.A. (Italstat e IRI con il 51%, Ferrovie dello Stato, ANAS, Regione Sicilia e Regione Calabria con il 12,25% ciascuno) con la competenza esclusiva della progettazione dell’opera, della realizzazione e dell’esercizio.

Intanto nel 1969 il Ministero dei Lavori Pubblici aveva bandito un “Concorso internazionale di idee” per un progetto di attraversamento dello Stretto, stanziando un fondo di 3,2 miliardi di lire per gli studi preliminari. Furono presentati 143 progetti da studi di progettazione di tutto il mondo. La commissione giudicatrice composta da esperti di ogni disciplina assegnò 12 premi, 6 primi premi e 6 secondi premi ex aequo.

Fra i progetti vincitori c’era quello presentato da un gruppo inglese diretto da Alan Grant, che proponeva un tunnel immerso nell’acqua a venti metri sotto la superficie ancorato al fondo con cavi di acciaio e libero di rispondere a eventuali scosse sismiche. Ipotesi molto più economica delle altre e di minore impatto ambientale.

Altre soluzioni proposte prevedevano ponti sospesi a campata unica, a due, tre e quattro campate. Gli esiti del concorso furono ignorati, mentre il progetto redatto dal Gruppo Ponte di Messina S.p.A. che prevedeva una campata unica di 3.300 metri diventò la base per sviluppare negli anni ’80 e ’90 il progetto preliminare per la gara d’appalto.

La campagna elettorale del 2001, che vedeva contrapposti Silvio Berlusconi e Francesco Rutelli, fu segnata dalla posizione di entrambi favorevole alla costruzione del ponte sullo Stretto. Fu il terzo governo Berlusconi ad assegnare nel 2006 la costruzione del ponte a Eurolink, capitanata da Impregilo S.p.A. che aveva presentato un’offerta per 3,88 miliardi di euro.

L’anno dopo il nuovo governo guidato da Prodi bloccò di nuovo tutto l’iter, che ripartì con il nuovo governo Berlusconi, il quale dichiarò che i lavori sarebbero iniziati nel 2010 per concludersi nel 2016. Il costo previsto per l’opera era intanto diventato di 6,1 miliardi di euro.

Non successe quanto previsto perché a febbraio 2013 il governo Monti dichiarò il progetto chiuso per mancanza di fondi e avviò la proceduta di liquidazione della società Stretto di Messina che si sarebbe dovuta completare nel 2014. Ancora oggi la procedura non si è conclusa, per la pendenza di questioni irrisolte. La società chiede 300 milioni allo Stato per le attività che ha svolto, mentre in tribunale di deve difendere dalle richieste dei fornitori non pagati. Adesso per riavviare la realizzazione del ponte decisa dal governo Meloni è prevista la riattivazione della società.

Intanto in tutti questi anni la società non ha lavorato gratis. Il personale incaricato di gestire la procedura di liquidazione è costato 214mila euro l’anno di stipendi, al quale vanno aggiunti i costi per il compenso del commissario nominato, per il collegio sindacale, per la società di revisione, per le spese legali…

Il 16 marzo del 2023 il governo Meloni con decreto legge ha stabilito la realizzazione del Ponte sullo Stretto, il MIT stima un costo per la realizzazione dell’opera e di tutte le opere complementari di 15 miliardi di euro. L’inizio dei lavori è fissato nel 2024.

Le nuove norme hanno previsto adeguamenti sulla compagine azionaria, sulla governance nonché sul riavvio delle attività progettuali.

Quest’opera, definita eccezionale, per la quale si sono accumulate soluzioni e proposte e per la quale sono stati spesi fondi immensi non ha mai visto la luce. Contemporaneamente in altre parti del mondo venivano realizzati collegamenti fra sponde limitrofe in pochi anni e con costi sicuramente più contenuti.

L’Euro Tunnel sotto la Manica lungo 50 chilometri che consente un collegamento ferroviario fra la Francia e il Regno Unito è costato 11 miliardi di euro, i lavori sono iniziati nel 1987 e l’inaugurazione è avvenuta il 6 maggio del 1994, con la presenza della Regina Elisabetta e del presidente François Mitterand .

Il ponte dei Dardanelli in Turchia lungo 5 chilometri e con una luce di 2 chilometri fra le due torri portanti è stato iniziato nel 2017 e finito nel 2022.

Il ponte sullo stretto di Akashi in Giappone è lungo 3,9 chilometri, e la sua campata principale è lunga 1.991 metri. È stato inaugurato il 5 aprile 1998 dopo dieci anni impiegati per la costruzione con un costo 3,6 miliardi di dollari.

Il “nostro” Ponte sullo Stretto invece non c’è, ma è costato finora 300 milioni di euro. Alla sua realizzazione si oppongono da sempre le realtà locali. Il movimento #No Ponte, costituito da comitati, singoli cittadini e movimenti della Sicilia nasce negli anni 2000, per opporsi alla devastazione ambientale e alle attività speculative legate a questa grande opera.

Nell’ultimo anno l’opposizione al Ponte si è rianimata, intorno a richieste più ampie che riguardano non solo la salvaguardia del territorio, ma anche la contrarietà a un modello di sviluppo che spaccia per progresso ogni grande opera. Ad agosto del 2023 una grande manifestazione ha chiesto di potenziare le infrastrutture del tutto carenti in Sicilia, la messa in sicurezza della rete idrogeologica e il potenziamento del servizio sanitario, rifiutando la definizione di “ponte green” per quella infrastruttura che distruggerà gli ecosistemi e la biodiversità su un’area di straordinaria importanza ecologica e paesaggistica.

Anche sull’altra sponda dello Stretto si è formata la rete No Ponte Calabria, per opporsi agli espropri che partiranno appena sarà approvato il progetto definitivo, per il quale il comitato scientifico ha espresso parere positivo, ma segnalando ben 68 punti critici. Ha chiesto maggiori verifiche sugli effetti del vento e della resistenza sismica, insieme alle analisi sui materiali che saranno utilizzati. Non proprio dettagli irrilevanti!

Intanto chi si oppone si organizza. Per il 18 maggio è stata convocata una grande manifestazione che partirà alle 9,30 dalla stazione di Villa San Giovanni con lo slogan che unifica le due sponde: “Difendiamo lo Stretto, difendiamo il nostro futuro”.

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Fonte: DinamoPress



Articolo tratto interamente da DinamoPress 


L'unico modo...



"L'unico modo di conoscere davvero i problemi è accostarsi a quanti vivono quei problemi e trarre da essi, da quello scambio, le conclusioni."

Ernesto Che Guevara







Non credo che nessuna grande pietra...


"Non credo che nessuna grande pietra debba essere messa sopra la mia testa, dicendo che l'ha fatto, l'ha fatto. A meno che non ci sia qualcosa che ho fatto davvero. Credo di essere normale. E vorrei che la gente pensasse a me in quel modo, come solo un ragazzo che ci ha provato. Voleva essere amato da altre persone perché amava le persone."

B.B. King


Citazione del giorno

"La parola parlata, se scagliata fuori con eloquenza, entusiasmo e fuoco, non potrebbe mai essere cancellata dalla mente e dall’anima umana." 

Emma Goldman


 

 

Noi onde di August Strindberg


Noi onde

Noi, noi onde,
che scuotiamo i venti
per riposare:
verdi culle, noi onde!
 
Siamo bagnati e salati;
Saltiamo come fiamme di fuoco:
noi siamo fiamme umide:
brucianti, estinte;
Detergente, ricostituente;
Portare, generare.
 
Noi, noi onde,
che scuotiamo i venti
per riposarci! 

August Strindberg 


lunedì 13 maggio 2024

Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle...


"Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle, sentire gli odori delle cose, catturarne l’anima. Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo. Perché lì c’è verità, lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilità, lì c’è ancora amore."

Alda Merini


Il coraggio...


"Il coraggio è la più importante di tutte le virtù, perché senza coraggio non si può praticare nessun'altra virtù in modo coerente. Puoi praticare qualsiasi virtù in modo irregolare, ma niente in modo coerente senza coraggio."

Maya Angelou


Qualche volta...



"Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso. Per evitarlo cambi l’andatura. E il vento cambia andatura, per seguirti meglio. Tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo. Questo si ripete infinite volte, come una danza sinistra con il dio della morte prima dell’alba. Perché quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, indipendente da te. È qualcosa che hai dentro. Quel vento sei tu. Perciò l’unica cosa che puoi fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto, e chiudendo forte gli occhi per non far entrare la sabbia."


Haruki Murakami


Katharine Hepburn, la regina impavida e indipendente di Hollywood



Articolo da VoxFeminae

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su VoxFeminae

L'attrice americana Katharine Hepburn fu un fenomeno insolito tra le star del cinema americano della sua epoca: combattiva, determinata e indipendente , la Hepburn rifiutò di sottomettersi alle regole del glamour hollywoodiano. I ruoli che ha interpretato erano quelli di donne indipendenti, intelligenti e forti, e questo è esattamente ciò che descrive al meglio la sua personalità.

Figlia di un chirurgo e di una suffragetta, Katharine nacque il 12 maggio 1907 a Hartford, nel Connecticut, seconda di sei figli. Genitori ricchi e istruiti incoraggiavano i loro figli a sviluppare mente e corpo, così Katharine iniziò a giocare a golf molto presto. Ne fu appassionata fino alla fine della sua vita, e fu anche una grande occasione per il famigerato e soprattutto famoso indossare i pantaloni.

Ha iniziato a recitare da adolescente prima di frequentare il Bryn Mawr College. Sebbene la sua carriera progredisse lentamente a causa di disaccordi con vari registi e produttori, un anno dopo la laurea recitò ruoli minori a Broadway.

Nel frattempo, sposò di otto anni Ludlow Ogden Smith più grande (il suo fidanzato del college) al quale, in tipico stile Hepburn, riuscì a cambiare il suo nome in S. Ogden Ludlow in modo da non avere un cognome comune come Smith. Il matrimonio però durò solo pochi anni.

Ha fatto il suo debutto cinematografico interpretando la figlia di John Barrymore in A Bill of Divorce (1932) di George Cukor . Il film è stato un grande successo e ha segnato l'inizio della collaborazione con lo studio cinematografico RKO e una partnership a lungo termine con Cukor, che porterà alla realizzazione di altri 9 film nei prossimi due decenni. È stato Cukor a rappresentare al meglio il suo talento nei suoi film ed è stato estremamente importante per la sua carriera.

Hepburn ha anche girato film con Cukor, come Piccole donne (1932), Vacanze (1938) e Sylvia Scarlett (1935), nella maggior parte dei quali era travestita da ragazzo. Ha anche avuto una collaborazione di successo con l'attore Cary Grant in diversi film. Dovremmo sicuramente menzionare l'eccellente commedia demenziale Bringing Up Baby (1938) e Christopher Strong (1933). in cui interpretava un personaggio ispirato a un'altra donna formidabile, Amelia Earhart.

In un periodo della sua carriera, i magnati del cinema la consideravano un "veleno al botteghino" perché non sapevano come rispondere alla sua superiorità intellettuale, al suo senso di orgoglio di prima classe e alla sua mancanza di sincerità insensata. Hepburn non ha mai avuto paura di infrangere le regole; era una snob spudorata, finemente ostinata, parlava con un accento elegante che gli americani disprezzavano. Faceva la doccia esclusivamente con acqua fredda, cosa che secondo lei rafforzava il suo carattere, girava sempre scene pericolose da sola perché le stuntman stavano curve e le piaceva il minimalismo: trucco, vestiti, decorazioni.

Tuttavia, all'inizio degli anni '40, la sua popolarità tornò. La sceneggiatura del film The Philadelphia Story è stata originariamente scritta come un'opera teatrale appositamente per la Hepburn, che ne acquistò tutti i diritti e in seguito la vendette allo studio cinematografico MGM, a condizione che interpretasse il ruolo principale della ricca donna Tracy Lord. e scegliere i suoi colleghi e il direttore. Insieme a Cukor, Grant e James Stewart, il film ebbe un enorme successo e riportò Hepburn in gioco.

La sua ulteriore collaborazione con la MGM e il nuovo film Woman of the Year hanno dato il via a una delle storie d'amore più famose della vecchia Hollywood, quella con Spencer Tracy . Attraverso 25 anni di collaborazione e partnership, hanno realizzato insieme 9 film come La costola di Adamo (1949) o Pat e Mike (1952).

Sebbene la loro relazione accuratamente nascosta fosse una questione pubblica, avevano il sostegno dello studio, che li proteggeva dallo scandalo. Inoltre, la relazione è sopravvissuta anche se Tracy era sposata e determinata a non divorziare dalla moglie a causa delle sue convinzioni cattoliche. Per Hepburn, questa relazione era perfetta, trovava Tracy irresistibile e lei stessa era indipendente e trovava il matrimonio estremamente poco pratico.

Nei successivi trent'anni continuò a realizzare numerosi film di successo; una grande collaborazione con Humphry Bogart in La regina africana (1951), ha vissuto una nuova storia d'amore nel film Summertime (1955), e ha anche interpretato la zia Elizabeth Taylor  in Improvvisamente, l'estate scorsa (1959).

L'ultimo film con Tracy, Indovina chi viene a cena, è stato girato nel 1967. Poco dopo la sparatoria, Tracy muore e Katharine si rifiuta di guardare il film. Nell'ultimo periodo della sua carriera, si è concentrata sulle riprese di film per la televisione e sulla recitazione in teatro. Tuttavia, nel 1981, ha recitato nell'eccellente film On Golden Pond con Henry Fonda . Quel ruolo le è valso anche l'ultimo Academy Award.

Sebbene non si preoccupasse troppo di premi e riconoscimenti, è lei a detenere il record per numero di statuette dorate vinte; L'Academy ha premiato il suo lavoro con ben quattro Oscar come migliore attrice e l'American Film Institute l'ha dichiarata la più grande attrice nella storia di Hollywood nel 1999.

Katharine Hepburn morì il 29 giugno 2003 nella casa della famiglia Hepburn nel Connecticut. Quella notte le luci di Broadway si spensero per un'ora intera.


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Fonte: VoxFeminae

Autore: Josipa Anđal


Articolo tratto interamente da 
VoxFeminae


“A Gaza abbiamo perso tutto”



Articolo da Lado B

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su Lado B

Intervista ad Haia Yaghi, Responsabile del Registro Tumori del Ministero della Salute di Gaza         

All'inizio di ottobre 2023, Haia Yaghi lavorava presso il Ministero della Salute di Gaza come Capo del Dipartimento del Registro dei Malati di Cancro. A 45 anni, la vita ruotava intorno al suo lavoro di operatrice sanitaria, una posizione in cui è stata riconosciuta per i suoi contributi al lavoro accademico. Viveva con la sua famiglia nel quartiere Tal Al Hawa di Gaza City, nel nord della Striscia di Gaza, e all'epoca si stava preparando per il matrimonio di sua figlia. Erano giorni in cui si guardava al futuro.

Quando Israele ha lanciato la sua risposta militare all'attacco a sorpresa di Hamas il 7 ottobre 2023, tutto è cambiato per l'enclave palestinese. Pochi giorni dopo, Haia Yaghi ha dovuto fuggire dalla sua casa, insieme alla sua famiglia, per andare al centro della striscia e cercare di salvarsi. "C'erano esplosioni dappertutto, abbiamo dovuto mollare tutto e andarcene", spiega Haia.

Fin dall'inizio dell'Operazione Iron Swords di Israele, l'esercito ha ordinato ai palestinesi nel nord di Gaza di evacuare e dirigersi a sud, poiché l'intera area settentrionale era sotto bombardamenti e blocchiDurante quei primi giorni, i bombardamenti sono stati effettuati dall'aria e dai droni, radendo al suolo le infrastrutture di centri urbani, centri sanitari, ospedali, università e centri religiosi.

"La mia famiglia è stata molto colpita dalla guerra. All'inizio, siamo stati costretti a lasciare la nostra casa a Gaza City in cerca di sicurezza", racconta Haia Yaghi a Lado B.

Alla fine di ottobre, quando l'esercito israeliano ha iniziato l'invasione di terra, dirigendosi verso il centro di Gaza, agli abitanti di Gaza è stato nuovamente ordinato, per mezzo di volantini, appelli e altoparlanti, di dirigersi ancora più a sud.

"Abbiamo vissuto nella zona centrale per due settimane. Poi [gli israeliani] hanno fatto saltare in aria la casa adiacente a quella in cui alloggiavamo. Abbiamo dovuto cercare un altro posto, ma anche lì non era sicuro. Sapevi che eravamo in cinquanta a vivere nello stesso appartamento?", ha continuato l'operatore sanitario Yaghi.

Oggi, sette mesi dopo l'inizio dell'operazione, i bombardamenti israeliani, gli attacchi dei droni, il fuoco a terra, gli arresti di massa, così come la distruzione deliberata delle infrastrutture civili e il blocco degli aiuti umanitari alla Striscia palestinese, hanno causato la più grande distruzione, massacro, sfollamento forzato, carestia e malattie dell'intera storia moderna della Palestina.

"Ci stiamo dirigendo verso l'area di Al-Zawaida. Una settimana dopo, la casa vicina è stata bombardata con missili. La casa in cui vivevamo era danneggiata e parzialmente distrutta. [Poi] siamo stati costretti a cercare un altro posto. Siamo andati a sud della Striscia di Gaza, nella città di Rafah", continua.

Si stima che almeno 1,7 milioni di palestinesi sfollati si siano spinti il più lontano possibile, la maggior parte dei quali intrappolati a Rafah, la città più meridionale della Striscia palestinese. Lo stesso ha fatto la famiglia Yaghi.

La situazione nell'enclave palestinese è così disperata che le azioni di Israele sono state oggetto di accuse di genocidio e crimini di guerra davanti alla CPI da parte del Sudafrica nel gennaio 2024, senza che Israele abbia quindi diminuito i suoi attacchi o fornito ragioni per le accuse.

"Una settimana dopo il mio arrivo a Rafah, sono stato informato che la mia casa a Gaza era stata distrutta. Avevo sperato che io e la mia famiglia saremmo tornati a casa nostra, ma è stata completamente distrutta a causa dei bombardamenti indiscriminati dell'area intorno all'ospedale Al Quda della Società della Mezzaluna Rossa Palestinese".

"Come potete vedere [nella foto principale, ndr], ho perso tutto il contenuto della mia casa e tutti i miei ricordi erano sotto le macerie. Durante la guerra ho perso mio zio. Lui, sua moglie, suo figlio, cinque figlie e il nipote furono martirizzati. Il corpo di mio zio e dei suoi parenti è sotto le macerie da quattro mesi. Ho anche perso 38 dei miei parenti dopo che la casa in cui vivevano nella Zona di Mezzo, a Deir al-Balah, è stata bombardata".

L'esperienza dello sfollamento forzato durante la guerra ha accompagnato la storia moderna del popolo palestinese e porta con sé un doloroso promemoria di quella che è stata la loro esperienza collettiva di occupazione ed espropriazione nel secolo scorso. Tutto questo davanti agli occhi del mondo.

Va ricordato che Gaza è un'area piena di famiglie che, ad un certo punto (o in più occasioni) della loro storia, sono state costrette a lasciare tutto, hanno visto i soldati entrare nelle loro case, distruggere i loro averi e appropriarsi dello spazio in cui non sarebbero mai potuti tornare. Haia e la sua famiglia non fanno eccezione.

"Le mie radici sono nel villaggio di Al Masmiya", ha risposto Haia quando gli è stato chiesto del suo luogo di origine.

Al Masmiya Al Kabira è un piccolo villaggio che nel 1948 contava circa 3.000 abitanti. A 47 chilometri dall'odierna Gaza City, dove Haia ha vissuto fino a poco tempo fa, il villaggio dei suoi genitori e dei suoi nonni è stato spogliato e distrutto durante l'occupazione israeliana nel 1948. L'anno seguente vi furono fondati due moshavim (insediamenti) ebraici: Bnei Re'em e Hatzav.

Recentemente, dopo mesi di sopravvivenza nel campo profughi di Rafah, Haia e la sua famiglia hanno deciso di lasciare Gaza. È difficile stimare il numero di palestinesi che negli ultimi mesi hanno attraversato l'Egitto attraverso il valico di Rafah, l'unico punto di uscita aperto dalla striscia attraverso il quale solo coloro che hanno il passaporto o la doppia nazionalità sono stati in grado di passare. Gli abitanti di Gaza che fuggono dalla guerra, dai suoi pericoli, dagli orrori e dalle carenze affrontano un processo lungo e costoso per entrare nel paese.

Tuttavia, fuggire dalla violenza non pone fine al tuo problema. Una volta ottenuto l'ingresso nel paese, rimangono enormi sfide, dato che l'Egitto, per anni, molto prima della guerra, non ha riconosciuto i palestinesi come rifugiati né concesso loro la cittadinanza. Questo lascia i palestinesi in un limbo economico e burocratico difficile da navigare in condizioni precarie.

Oggi, Haia Yaghi e la sua famiglia sono al Cairo, da dove rilascia a Lado B un'intervista a distanza. La sua testimonianza, come donna e professionista della salute, di ciò che ha vissuto a Gaza, del suo viaggio dal nord a Rafah e della sua esperienza nel campo, aiuta a capire l'impatto della guerra israeliana contro i palestinesi negli ultimi 7 mesi.

Elezioni in Catalogna: vince Salvador Illa, perde il movimento indipendentista e cresce l’estrema destra in Parlamento



Articolo da Catalunya Plural

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su Catalunya Plural

Salvador Illa vince elezioni segnate dal forte declino del movimento indipendentista e dall’ingresso di Aliança Catalana nel parlamento catalano.

La giornata è iniziata in modo movimentato a causa di un furto di rame nella rete Renfe, che l'ha resa completamente inoperante. Junts e ERC hanno chiesto al Consiglio elettorale centrale di prolungare la giornata elettorale, delegando la decisione finale ai giudici provinciali, che all'ultimo minuto hanno respinto la richiesta presentata. Chi finirà per governare avrà la patata bollente di gestire un servizio pubblico tanto necessario quanto precario.

I primi sondaggi anticipavano già la vittoria del candidato socialista Salvador Illa, come prevedeva la stragrande maggioranza dei sondaggi precedenti. I socialisti vincono nettamente e passano da 33 a 42 deputati. Ora, questi risultati, pur facilitando l’arrivo di Salvador Illa alla presidenza del Paese, non lo garantiscono. Ma l’opzione tripartita è percorribile, poiché la somma di PSC, CER, raggiunge la cifra magica necessaria della maggioranza assoluta, ovvero 68 deputati.

Il rovescio della vittoria di Isla è la sconfitta del movimento indipendentista in generale. Se si sommassero tutti i seggi di Junts, ERC e CUP, rimarrebbero 59 deputati, dopo averne ottenuti 73 nelle ultime elezioni. Sommando i due di Aliança Catalana, sarebbero 61. Se questo non significa la morte del processo, implica il danno più grave subito in più di un decennio.

Il fattore Puigdemont non è bastato. In effetti, Junts migliora solo leggermente i risultati delle elezioni precedenti. Vince solo 4 deputati, passando da 31 a 35. Ciò, tenendo conto del forte calo dell'ERC, lascia il leader post-convergente in una posizione fragile. Sarà questa la fine di Puigdemont in prima linea nella politica, come aveva promesso l’ex presidente se non avesse potuto essere presidente della Catalogna?

Aragonés, intrappolato tra Illa e Puigdemont, ha – per usare il linguaggio popolare – passato un momento difficile. I repubblicani, che erano diventati presidente della Generalitat per la prima volta da quando lo divenne Lluís Companys cento anni fa, hanno perso 13 deputati e sono passati da 33 a 20. La decisione di anticipare le elezioni non è stata esattamente fruttuosa. Ora i repubblicani potrebbero avere la chiave per l'investitura di Illa, il che li pone in una posizione tanto strategicamente interessante quanto difficile a livello interno.

Il Partito Popolare di Alejandro Fernández ottiene ottimi risultati. Dalle 3 che avevano ora salgono a 15. Ma per i popolari la cosa più importante non è questa, ma aver ottenuto la sorpresa rispetto ai colleghi della coalizione, VOX. Questi, però, non solo consolidano i deputati che già avevano ma ne ottengono anche altri, passando da 10 a 11.

I Comuni perdono due deputati e occupano la posizione simbolica della vecchia ICV. Dopo l’ondata di Podemos, dove la formazione viola si è contesa l’egemonia dello spazio della sinistra, la sinistra non indipendentista si è collocata in un piccolo angolo dell’arco parlamentare. Vanno dalle 8 alle 6.

Tre quarti della stessa cosa accade alla CUP. O forse più di tre quarti, perché la sinistra anticapitalista perde più della metà dei deputati ottenuti nella scorsa legislatura. Da 9 a 4. L'ambiguità riguardo alla tua posizione con Puigdemont ti ha pesato? È ancora presto per fare le analisi, ma sicuramente le dovranno fare.

Ciudadanos scompare dalla politica catalana dopo il suo ingresso nel 2006, appena due elezioni dopo aver vinto il primo posto. Ma la sua scomparsa non fa altro che lasciare il posto a una nuova forza politica, ancora più a destra della formazione arancione: Aliança Catalana. Il partito guidato dal sindaco di Ripoll, Sílvia Orriols, entra in parlamento con due deputati. Un nuovo partito estremista catalano nella principale istituzione della Catalogna.

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Fonte: Catalunya Plural

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Articolo tratto interamente da Catalunya Plural


La strategia della tensione



Articolo da CRS - Centro per la Riforma dello Stato

I movimenti di protesta diffusi contro la guerra e i cambiamenti climatici sollevano preoccupazioni nelle classi dirigenti neoliberiste, che mettono in campo una versione soft della strategia della tensione passante per la pervasività dei media. 

Era il 1969, quando, a ridosso delle proteste contro la guerra in Vietnam e dei movimenti del 1968, l’Observer di Londra pubblicava un articolo in cui introduceva una formula destinata a fare fortuna: la strategia della tensione. Davanti al crescere dell’effervescenza sociale, spiegava il quotidiano londinese, la paura dei gruppi sociali dominanti per cambiamenti troppo radicali, in cui giocava un ruolo non secondario la divisione in blocchi della Guerra fredda, trovava il suo sbocco in una strategia di contenimento peculiare. In Italia, la definizione di “strategia della tensione” è andata incontro, nel corso degli anni, a una deformazione che l’ha ridotta a essere sinonimo di complottismo. Non vuole essere questo il caso. Abbiamo ben presente che, in una visione dinamica delle interazioni sociali e politiche, la volontà di alcuni attori non è necessariamente sovradeterminante e soverchiante. Come non lo fu in Italia.

Piuttosto che forzare il contesto politico attraverso colpi di mano, si preferiva aumentare la tensione attraverso il moltiplicarsi degli scontri di piazza e degli attentati terroristici finché, l’opinione pubblica stessa, non avrebbe evocato una svolta d’ordine. In particolare, l’infiltrazione di gruppi giudicati radicali, la loro criminalizzazione, il loro coinvolgimento, artatamente costruito, in fatti eclatanti come le bombe nelle piazze, costituiva parte di questa strategia.

L’articolo dell’Observer non raccontava nulla di nuovissimo, in quanto quattro anni prima, in Italia, si era svolto all’Istituto Pollio un convegno che vedeva coinvolti neofascisti, vertici dell’esercito, ex-comunisti passati dall’altra parte, esponenti dei servizi di sicurezza, studiosi di tattica militare. In quell’occasione si era parlato di guerra a bassa intensità, ovvero un’altra definizione della strategia della tensione, per contrastare la minaccia comunista, che, in Italia, si vedeva avanzare sottotraccia attraverso gli allora neonati governi di centrosinistra.

Dalla teoria alla pratica, il passo fu breve. In Italia, le bombe del dicembre 1969, di cui quella di Piazza Fontana fu l’unica a esplodere, con l’anarchico Valpreda additato come il mostro, fu la prima, concreta manifestazione della strategia della tensione. Seguirono l’Italicus, Brescia e Bologna. Fu l’argine democratico rappresentato dalla sinistra diffusa, dal più forte partito comunista dell’Occidente, dai settori della stampa, dai nuovi movimenti a impedire la degenerazione.

In altri contesti, come l’America latina, dove le tensioni sociali erano acute e Cuba veniva vista da Washington come la quinta colonna del comunismo nel proprio “cortile di casa”, le cose andarono diversamente. Il piano Condor, la guerra sucia del presidente messicano Echeverria contro gli oppositori, significarono un succedersi di golpe, esecuzioni extragiudiziali, repressione dei movimenti sociali. Nel frattempo, i paesi latinoamericani, diventavano le cavie delle politiche economiche neoliberiste.

Passando allo scenario contemporaneo, il moltiplicarsi delle proteste e delle iniziative pro-Palestina nelle università statunitensi e, nel nostro caso, in quelle italiane, gli arresti in massa dei dimostranti (2.000 persone negli USA), l’uso sconsiderato dei manganelli della polizia italiana nei confronti dei manifestanti, il tentativo di limitare dibattiti e manifestazioni, ci fanno pensare a un ritorno della strategia della tensione, ma sotto altre forme. Ovvero, in una forma soft, che rimpiazza quella hard, degli scontri di piazza e delle bombe. Una strategia della tensione che ha nell’apparato mediatico il suo fulcro.

Da un lato, la crisi delle organizzazioni di massa, la frammentazione sociale spinta, la mancanza di un orizzonte politico a medio-lungo termine, producono una protesta sfrangiata, frastagliata, ma diffusa. Dall’altro lato, la mancanza di luoghi che elaborino e producano riflessioni e strategie politiche, fa sì che i media diventino il principale canale di formazione dell’opinione pubblica. A differenza degli anni ‘60 e ‘70, si tratta di un apparato mediatico pervasivo, dove la carta stampata viene sostituita sempre più dai social e dalla televisione.

La nuova forma della strategia della tensione, quella che abbiamo appena definito soft, fa dell’apparato mediatico il suo cardine. Non c’è bisogno di infiltrare gruppi politici, di esacerbare gli scontri, di produrre attentati terroristici eclatanti. In altre parole, la strategia della tensione soft non agisce ex post, bensì ex ante. Il vuoto lasciato dalla scomparsa della minaccia comunista viene colmato producendo e diffondendo presso l’opinione pubblica il panico morale relativo alle manifestazioni pro-Palestina e alle contestazioni di accordi tra le università, il governo e lo Stato di Israele. Si etichettano i dimostranti come intolleranti, violenti, potenziali terroristi.

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Fonte: CRS - Centro per la Riforma dello Stato


Autore: 
Vincenzo Scalia

Licenza: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia


Articolo tratto interamente da CRS - Centro per la Riforma dello Stato


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La musica...


"La musica, nella sua essenza, è ciò che ci dà ricordi. E più a lungo una canzone è esistita nella nostra vita, più ricordi ne abbiamo."

Stevie Wonder


Era de Maggio di Salvatore Di Giacomo


Era de Maggio


(NAP) « Era de maggio e te cadéano 'nzino,
a schiocche a schiocche, li ccerase rosse.
Fresca era ll'aria, e tutto lu ciardino
addurava de rose a ciento passe.
Era de maggio; io no, nun mme ne scordo,
na canzone cantávemo a doje voce.
Cchiù tiempo passa e cchiù mme n'allicordo,
fresca era ll'aria e la canzona doce.
E diceva: "Core, core!
core mio, luntano vaje,
tu mme lasse e io conto ll'ore...
chisà quanno turnarraje?"
Rispunnev'io: "Turnarraggio
quanno tornano li rrose.
si stu sciore torna a maggio,
pure a maggio io stóngo ccá.
Si stu sciore torna a maggio,
pure a maggio io stóngo ccá."
E so' turnato e mo, comm'a 'na vota,
cantammo 'nzieme lu mutivo antico;
passa lu tiempo e lu munno s'avota,
ma 'ammore vero no, nun vota vico.
De te, bellezza mia, mme 'nnammuraje,
si t'arricuorde, 'nnanze a la funtana:
Ll'acqua llá dinto, nun se sécca maje,
e ferita d'ammore nun se sana.
Nun se sana: ca sanata,
si se fosse, gioia mia,
'mmiez'a st'aria 'mbarzamata,
a guardarte io nun starría !
E te dico: "Core, core!
core mio, turnato io so'.
Torna maggio e torna 'ammore:
fa' de me chello che vuo'!
Torna maggio e torna 'ammore:
fa' de me chello che vuo' "
 »
(IT) « Era di maggio e ti cadevano in grembo
a ciocche a ciocche le ciliege rosse
fresca era l'aria di tutto il giardino
profumava di rose a cento passi.
Era di maggio, e io no, non me ne dimentico
cantavamo una canzone a due voci
più tempo passa e più me ne ricordo,
fresca era l'aria e la canzone dolce.
E diceva, "Cuore, cuore!
cuore mio lontano vai,
tu mi lasci e io conto le ore.
chi sa quando tornerai?"
Rispondevo io "Tornerò
quando tornano le rose.
Se questo fiore torna a maggio
pure a maggio io sarò qui
Se questo fiore torna a maggio
pure a maggio io sarò qui"
E son tornato, ed ora, come una volta,
cantiamo insieme il motivo antico;
passa il tempo e il mondo si volge
ma l'amore vero, no, non volta strada.
Di te, bellezza mia, m'innamorai
se ti ricordi, dinanzi alla fontana:
l'acqua, là dentro, non si secca mai,
e ferita d'amore non si sana
Non si sana: perché se sanata
si fosse, o gioia mia
in mezzo a quest'aria profumata
a guardarti non starei!
E ti dico: "Cuore, cuore,
cuore mio tornato sono...
torna maggio e torna l'amore:
fa' di me quello che vuoi!
torna maggio e torna l'amore:
fa' di me quello che vuoi"
 »

Salvatore Di Giacomo

Testo tratto da Wikipedia.


Dipinto del giorno


Nel Lavatoio di Anna Elizabeth Klumpke


 

Cape Town Moonrise

Cape Town Moonrise Time-lapse from Eric Nathan on Vimeo.

Photo e video credit Eric Nathan caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons