mercoledì 3 luglio 2024

Le parole sono il nostro mestiere...



"Parlare. Le parole sono il nostro mestiere. Lo diciamo senza ombra di timidezza o di ironia. Le parole sono tenere cose, intrattabili e vive, ma fatte per l’uomo e non l’uomo per loro. Sentiamo tutti di vivere in un tempo in cui bisogna riportare le parole alla solida e nuda nettezza di quando l’uomo le creava per servirsene. E ci accade che proprio per questo, perché servono all’uomo, le nuove parole ci commuovano e ci afferrino come nessuna delle voci più pompose del mondo che muore, come una preghiera o un bollettino di guerra. Il nostro compito è difficile ma vivo. È anche il solo che abbia un senso e speranza. Sono uomini quelli che attendono le nostre parole, poveri uomini come noialtri quando scordiamo che la vita è comunione. Ci ascolteranno con durezza e con fiducia, pronti a incarnare le parole che diremo. Deluderli sarebbe tradirli, sarebbe tradire anche il nostro passato."

Cesare Pavese

Tratto da Ritorno all’uomo, 20 maggio 1945


Barche amorrate di Dino Campana


Barche amorrate

Le vele le vele le vele
Che schioccano e frustano al vento
Che gonfia di vane sequele
Le vele le vele le vele!
Che tesson e tesson: lamento
Volubil che l’onda che ammorza
Ne l’onda volubile smorza
Ne l’ultimo schianto crudele
Le vele le vele le vele

Dino Campana


Se non impariamo dalla storia, siamo condannati a ripeterla...


"Se non impariamo dalla storia, siamo condannati a ripeterla. Ma se non cambiamo il futuro, siamo condannati a sopportarlo. E questo sarebbe peggio. Gli analfabeti del futuro non saranno quelli che non sanno leggere o scrivere, ma quelli che non sanno imparare, disimparare, e imparare di nuovo. La conoscenza è la più democratica fonte di potere."

Alvin Toffler


Devi iniziare con la verità...



"Devi iniziare con la verità. La verità è l'unico modo in cui possiamo arrivare ovunque. Perché qualsiasi processo decisionale basato su bugie o ignoranza non può portare a una buona conclusione."

Julian Assange


Come imparare a dormire bene



Articolo da El Diario de la Educación

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su El Diario de la Educación

Dormire, mangiare e fare attività fisica sono i tre grandi pilastri della salute. Ma per una persona su quattro, la mancanza di riposo è causa di una scarsa qualità della vita. Dormire bene ripristina l'equilibrio fisico e psicologico di base delle persone.

Se lavatrici, asciugatrici o lavastoviglie accese di notte per risparmiare sulla bolletta elettrica influiscono sul nostro riposo, la bolletta per la nostra salute può essere molto più cara. Il sonno è un bisogno primario dell'organismo, una funzione fondamentale per la nostra sopravvivenza. Il resto dei sensi e i movimenti volontari ci permettono di ripristinare tutto ciò che durante la giornata ci permette di lavorare con l'attenzione richiesta e di svolgere tutte le attività della vita quotidiana senza difficoltà, in totale normalità. Come afferma lo specialista in medicina del sonno e leader internazionale in questa disciplina, David Gozal, “il cervello ristabilisce l'equilibrio quando dormiamo e le tossine vengono pulite che poi eliminiamo attraverso i vasi linfatici. Mentre dormiamo purifichiamo la fatica, l’usura e recuperiamo metabolicamente”.

Dormire, mangiare e fare attività fisica sono i tre grandi pilastri della salute. Come sottolinea la Società Spagnola del Sonno, dormire ripristina l'equilibrio fisico e psicologico di base delle persone. Nelle parole del suo presidente e membro dell'Unità multidisciplinare del sonno dell'Ospedale Clínico de Barcelona, ​​Alex Iranzo, “dormire, senza alterazioni, e per 7-8 ore ogni notte, ci aiuta a ritrovare noi stessi e a sentirci meglio. Se dormiamo poche ore, il giorno dopo saremo meno attenti, meno concentrati, più irritabili e rischieremo di prendere decisioni sbagliate o di addormentarci durante la guida. È noto inoltre che dormire poche ore può favorire l'insorgenza del morbo di Alzheimer, del diabete e di malattie cardiovascolari."

La difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno può essere un sintomo multifattoriale. Un setto deviato, un eccesso di grasso nel collo, un periodo di lutto, stress, ansia o depressione o una disfunzione d'organo possono impedire un sonno adeguato. Ma in alcuni casi si tratta semplicemente della mancanza di sane abitudini che accompagnerebbero un riposo migliore, che non ci permette di dormire bene o meno come potremmo. E il sogno non si riprende. Ogni ora non dormita è un tempo di recupero su cui non possiamo più contare.

Disturbi più frequenti

L’insonnia e le apnee sono i disturbi del sonno più comuni. L'insonnia è la forma più diffusa e se ne parla quando una persona non riesce ad addormentarsi o a mantenere un sonno adeguato per 7-8 ore. Si stima che ciò accada a una persona su quattro, per la quale la mancanza di riposo provoca una scarsa qualità della vita.

L’apnea, l’altro disturbo del sonno molto comune, è l’interruzione della respirazione. Anche se solitamente è legato al fatto di russare, chi russa non necessariamente soffre di apnee. Naturalmente, chi ne soffre ha un rischio maggiore di ipertensione, infarto, ictus e cancro. E l'obesità è una delle cause evidenti dell'apnea.

L'insonnia, le apnee e qualsiasi disturbo del sonno devono essere curati, ed è per questo che esistono unità specializzate del sonno.

Abitudini che portano a dormire bene

A parte le principali complicazioni che un professionista della medicina del sonno dovrebbe diagnosticare e trattare, in caso di qualsiasi livello di difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, abbiamo a nostra disposizione linee guida che ci aiutano a migliorare il nostro riposo.

Il dottor Eduard Estivill aveva già inserito alcune regole fondamentali dell'igiene del sonno nel Libro del buon sonno:

  1. Stabilisci e rispetta un orario fisso per andare a dormire e un altro per alzarti, anche nei giorni non lavorativi.
  2. Esegui esercizi leggeri durante il giorno, preferibilmente a mezzogiorno o a metà pomeriggio, come camminare, nuotare o andare in bicicletta.
  3. Possiamo fare una doccia calda per prepararci al relax.
  4. Non bere caffè, tè, bevande al cacao o cola, nemmeno in grandi quantità al mattino e mai durante il pomeriggio e la sera, poiché sono stimolanti del sistema nervoso che vogliamo proprio rilassare.
  5. Evita altre sostanze eccitanti, se possibile. Alcuni farmaci per controllare la pressione sanguigna o dilatatori bronchiali possono causare insonnia, ma non possono essere interrotti senza previa consultazione medica.
  6. Se bevi alcolici, è consigliabile non farlo nelle sei ore precedenti a dormire.
  7. Non andare a dormire prima di due ore dalla cena e cerca sempre di consumare una cena moderata.
  8. Rumore e luce eccessivi non aiutano il nostro cervello a percepire che ciò che vogliamo è dormire. Quando la luce del giorno diminuisce, il corpo produce melatonina.
  9. E, per quanto riguarda la temperatura ideale della camera da letto per beneficiare di un buon riposo notturno, si può dire che quella ideale dovrebbe oscillare tra i 18 ei 22 gradi.

Per quanto riguarda la luce, va aggiunto che oggi l'uso estensivo di schermi, computer, tablet e smartphone rappresenta una minaccia anche per il buon riposo, se utilizzati subito prima di andare a dormire. Soprattutto per chi ha particolari difficoltà a dormire bene, si consiglia di non utilizzare questi schermi almeno un'ora e mezza o due prima di andare a letto, e mai a letto.

Un rapporto della Società Spagnola del Sonno (SES) sull'aumento degli insonni a causa della luce blu emessa dai dispositivi elettronici spiega che la causa dell'impatto di smartphone, tablet e altri dispositivi sul sonno è che sono illuminati dalla luce LED, che ha una lunghezza d'onda massima nella parte blu dello spettro. Come spiegava nel documento l’allora vicepresidente della SES, José Ortega, “la luce blu è la più potente quando si tratta di stimolare i fotorecettori della retina e della via retinocorticale, provocando quindi una diminuzione di ampiezza nella sintesi della melatonina (ormone del sonno), che è fondamentale nell’induzione e nel mantenimento del sonno. Ovviamente - ha precisato anche Ortega - ci sono persone che sono più sensibili, mentre altre non sembrano essere interessate da questa stimolazione con la luce blu.

“Impara a non fare nulla”

Il dottor Javier Albares, fondatore e direttore della clinica Doctor Albares Sleep Medicine (Teknon Barcelona), offre alcuni ulteriori suggerimenti:

  1. Il letto solo per dormire: Molte volte usiamo il letto per leggere, guardare il cellulare o qualsiasi altra attività. Devi assicurarti che il letto sia solo lo spazio per riposare. Per qualsiasi altra attività stimolante dal punto di vista fisico o mentale, puoi sempre scegliere il divano.
  2. Per quanto riguarda il pisolino, l'ideale è che duri dai 20 minuti alla mezz'ora. Inoltre, gli esperti consigliano di farlo sul divano o in poltrona, poiché il letto deve svolgere la funzione di soddisfare il sonno notturno.
  3. Se non riesci a dormire, non dovresti ossessionarti guardando l'orologio, o pensare a quanto manca per alzarti, niente riguardo al tempo. Tutto ciò porta ad uno stato di stress che aumenta la difficoltà ad addormentarsi. È meglio rilassarsi e imparare a non fare nulla.

Stabilire una routine quotidiana prima di andare a dormire, che includa attività come indossare il pigiama, lavarsi i denti, lavarsi il viso e applicare cosmetici, indica al nostro cervello che è ora di dormire, raccomanda anche la dottoressa Albares. Sarà un modo per facilitare il cammino verso il sogno di ciascuno perché, come afferma lo specialista in Pneumologia dell'Unità Multidisciplinare per i Disturbi del Sonno dell'Hospital Clínico, Josep Maria Montserrat, “il sonno non va cercato, ma è "Lui" è lui che deve trovarci."

Per saperne di più

Nel portale online del laboratorio virtuale Son dell'Ospedale Clinico sono dettagliati molti concetti sulle apnee e sul loro trattamento. È uno spazio di consultazione per i pazienti o per approfondire gli aspetti del sonno.

Recentemente il Dott. Eduard Estivill e la Dott.ssa Carla Estivill hanno pubblicato un libro che fornisce informazioni interessanti sulla necessità di dormire bene e sui meccanismi che lo rendono possibile all'interno del nostro corpo. Si tratta del Metodo Tokei , che spiega come impostare il nostro orologio interno per vivere con salute, energia e ottimismo (ed. Plaza y Janés). In esso, gli specialisti parlano dell'influenza dei circoli circadiani, governati dalle 24 ore impiegate dalla Terra per girare intorno al Sole.

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Fonte: El Diario de la Educación

Autore: 

Articolo tratto interamente da El Diario de la Educación


È stato arrestato il datore di lavoro di Satnam Singh



Articolo da Radio Onda d’Urto

E’ stato arrestato in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Latina l’imprenditore Antonello Lovato, titolare dell’azienda per cui lavorava Satnam Singh, il cittadino indiano deceduto per essere stato lasciato senza soccorsi dopo aver perso un braccio in un macchinario. Questa mattina i carabinieri della compagnia di Latina hanno eseguito l’ordine di arresto a carico dell’imprenditore agricolo.

L’accusa è quella di “omicidio doloso con dolo eventuale”, variando, come spiega la procura di Latina, l’iniziale ipotesi di omicidio colposo. La consulenza medico legale sul corpo dell’uomo ha infatti accertato che se l’indiano, deceduto per la copiosa perdita di sangue, “fosse stato tempestivamente soccorso, si sarebbe con ogni probabilità salvato”. Il giovane lavoratore era stato invece caricato su un pullmino dal suo datore di lavoro e lasciato davanti alla sua abitazione, alla periferia di Cisterna.

“Le condizioni del lavoratore dopo l’infortunio – si legge in una nota della procura – sono risultate talmente gravi da rendere evidente la necessità di un tempestivo soccorso. Allo stato deve dunque ritenersi che la decisione di omettere il doveroso soccorso abbia costituito accettazione del rischio dell’evento letale ed abbia integrato la causa che ha direttamente determinato il decesso”.

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Intervento audio su Radio Onda d’Urto 


Fonte: Radio Onda d’Urto 

Autore: redazione Radio Onda d’Urto

Licenza: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia.


Articolo tratto interamente da Radio Onda d’Urto 


Campagna contro l'abbandono dei cani e degli altri amici a 4 zampe




Ogni anno una piaga non cessa mai di finire: l'abbandono dei cani e degli altri animali d'affezione. 

Questo problema si accentua proprio nel periodo estivo, quando la partenza per le vacanze pone il problema della presenza di un quattro zampe.

Voglio ricordare che l'abbandono è vietato ai sensi dell'art. 727 del codice penale, che al primo comma recita: "Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro."

Inoltre, secondo il Ministero della Salute italiano, «chi abbandona un cane, dunque, non solo commette un illecito penale (Legge 20 luglio 2004, n. 189), ma potrebbe rendersi responsabile di omicidio colposo», quando gli animali abbandonati provocassero incidenti stradali mortali.

Solo una persona senza cuore può abbandonare il nostro migliore amico e ricordatevi che un animale non è un peluche, ma un essere vivente e con un cuore grande.


"L'abbandono di un animale è un atto crudele e degradante."

Dichiarazione universale dei diritti dell'animale




Video credit Nicola Persico caricato su YouTube


Immagine del giorno

Praia da Mesquita, Algarve

Praia da Mesquita, Algarve

Photo credit  caricata su Flickr - licenza foto: Creative Commons

Se il libro che leggiamo non ci sveglia...


 "Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo? Noi abbiamo bisogno di libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fa molto male, come la morte di uno che ci era più caro di noi stessi, come se fossimo respinti nei boschi, via da tutti gli uomini, come un suicidio. Un libro deve essere la scure per il mare gelato dentro di noi."

Franz Kafka


Ci sono diversi tipi di libertà...



"Ci sono diversi tipi di libertà, e ci sono parecchi equivoci in proposito? Il genere più importante di libertà è di essere ciò che si è davvero. Si baratta la propria libertà per un ruolo. Si barattano i propri sensi per un atto. Si svende la propria capacità di sentire, e in cambio si indossa una maschera. Si può privare un uomo della sua libertà politica e non lo si ferirà? Finché non lo si priverà della sua libertà di sentire. Questo può distruggerlo."

Jim Morrison


martedì 2 luglio 2024

L'Immensità: recensione del film

Premios Goya 2018 - Penélope Cruz (square-trim)


L'immensità è un film del 2022 diretto da Emanuele Crialese.


Attenzione: il seguente articolo contiene spoiler del film!


Trama 

Nella Roma degli anni settanta la coppia formata dalla spagnola Clara e dal siciliano Felice Borghetti si trasferisce in un nuovo appartamento in periferia insieme ai tre figli. Il matrimonio tra i due è in crisi e Clara si dedica interamente ai figli per compensare, anche se il rapporto con la figlia maggiore diventa presto teso. La dodicenne infatti non solo avverte le tensioni nel matrimonio dei genitori, ma comincia a mettere in dubbio la sua identità di genere, facendosi chiamare Andrea e presentandosi agli altri con il genere maschile. 

Curiosità sul film

Il primo trailer è stato pubblicato il 29 agosto 2022.

La mia opinione

L'Immensità è un film che non lascia indifferenti, offre spunti di riflessione su temi importanti come l'identità, la famiglia e l'amore. Grande interpretazione di Penelope Cruz, in particolare, è elogiata per la sua prova intensa e toccante nel ruolo di Clara, donna alle prese con i turbamenti interiori e le difficoltà del matrimonio.

Voto: 7

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Photo credit Carlos Delgado, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons


I colonialisti non si preoccupano...


"I colonialisti non si preoccupano per l’Africa per il suo bene. Sono attratti dalle ricchezze africane e le loro azioni sono guidate dal desiderio di preservare i loro interessi in Africa contro la volontà del popolo africano. Per i colonialisti tutti i mezzi sono buoni se li aiutano a possedere queste ricchezze."

 Patrice Lumumba

Discorso alla Conferenza di Leopoldville nell'agosto 1960.


Terra e mare di Aleksandr Puskin


Terra e mare

Quando sull’azzurro dei mari,
Zèfiro soffia la sua brezza
Sulle vele dei fieri vascelli
E le barche sull’onde accarezza,
Lasciato il peso dei pensieri,
Nell’inerzia io posso annegare –
Dimentico i canti delle muse,
M’è più caro il mormorio del mare.
Ma quando contro la riva l’onde
Schiumose ruggiscono e fremono,
E il tuono rimbomba nel cielo,
E i lampi nel buio balenano,
Allora i più ospitali querceti
Io ai mari preferisco;
La terra mi sembra più fedele,
E il grave pescatore compatisco:
Vive su una fragile imbarcazione,
Trastullo della cieca corrente,
Mentre io nel silenzio sicuro
Ascolto il fruscio d’un torrente.

Aleksandr Puskin


Gli aborigeni e la liberazione del cielo



Articolo da Αυτολεξεί

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su Αυτολεξεί

“In una notte limpida, posso nominare circa 20 stelle, mentre Bill Yidumduma Arney può nominarne 3.000!! Vengo dalla Gran Bretagna e ho studiato astronomia alle università di Cambridge e Manchester. Bill è appena cresciuto in una comunità aborigena nell’Australia settentrionale”. – Ray Norris, astronomo.

Gli aborigeni hanno una grande tradizione in astronomia, sembra che siano stati i primi popoli al mondo ad osservare il cielo, molto prima dei babilonesi e dei greci, e fossero in grado di calcolare le distanze e comprendere le direzioni astronomiche, motivo per cui ce ne sono così tanti in astronomia. Monumenti megalitici dell'Australia con le loro pietre perfettamente allineate sui punti dell'orizzonte. Osservano il cielo da 65.000 anni e nelle loro tradizioni orali hanno raccontato tutti gli eventi celesti, il passaggio delle comete, le eclissi lunari e solari, gli impatti delle meteore.

Una nuova ricerca pubblicata sull'Australian Journal of Anthropology ha dimostrato che gli aborigeni avevano parlato addirittura delle tre stelle giganti rosse, Betelgeuse, Antares e della nostra famosa Aldebaran, di cui Nikos Kavadias scrisse: Aldebaran cerca di trovare tra le acque Il flusso e il riflusso flusso che lo ha fatto ridere due carte Nella proiezione in corso abbiamo visto le carte di Chagall i cavalli del circo di Serra... Se qualcuno vuole capire perché Kavadias confonde nei suoi versi Aldebaran, Costellazione del toro secondo gli astronomi arabi, con il suo cavallo Marc Chagall , che sembra un copia incolla con le Taurokathapsias minoiche, dovrebbe studiare un po', qui ci soffermeremo solo sulla sensibilità del poeta che ancora una volta ha fatto della sua coltivazione più profonda un poema che sembra nascondere una storia erotica, forse sfortunata, come quella dello stesso Aldebaran che rincorre sempre la Puglia e non la raggiunge mai. Non è un caso che Aldebaran abbia il soprannome di “il matto”.

Da qualche parte lì le mitologie si incontrano. Il mito greco delle Pleiadi è molto simile alle leggende aborigene, e in entrambe le mitologie le sette stelle rappresentano giovani donne inseguite da un uomo. Lo stesso tema si ritrova anche nella mitologia Maori. È incredibile quanto noi esseri umani siamo simili anche quando siamo completamente diversi...

Gli aborigeni diedero una dimensione sociale alla loro astronomia. Da qualche parte videro una vecchia coppia stanca di tornare a casa e questo ricordò loro che i più giovani dovevano aiutare i più grandi. Altrove, tre fratelli uccidono un sacro fagri e il cielo manda una tempesta per portarli su come punizione. Ciò che è certo è che la loro vasta conoscenza del cielo non è andata perduta, gran parte di essa è stata preservata attraverso la tradizione orale e può ancora oggi contribuire al modo in cui le culture moderne studiano il cielo. Naturalmente per gli stessi aborigeni il rapporto con il cielo resta fondamentale nella loro vita e nella loro cultura.

Sfortunatamente, le lampade a led a luce blu, gli enormi cartelloni pubblicitari, il modo in cui sono state sviluppate le città che non si sono mai preoccupate di dove andasse la luce dai campi sportivi, dai complessi industriali, dai grattacieli per uffici, tutto pur essendo "sviluppo" per alcuni, per altri è "sviluppo" è un problema. Oggi l'80% della popolazione terrestre vive in zone dove non è possibile vedere le stelle. L'inquinamento luminoso imposto dallo sviluppo capitalistico può provocarci una certa privazione del romanticismo notturno (anche se gli scienziati ora parlano di altri rischi come la soppressione della produzione di melatonina, "l'ormone del sonno"), ma è la morte per le creature della notte come lucciole, pipistrelli, uccelli notturni e insetti, è pericoloso anche per le piante!

Per le popolazioni indigene la cui cultura è basata sull’osservazione del cielo e dei fenomeni stellari, l’inquinamento luminoso è ormai considerato una forma di genocidio culturale. Ci sono comunità scientifiche, organizzazioni culturali, gruppi per i diritti degli indigeni e persino un’attiva International Dark Sky Association, che sono impegnati in questo e formulano proposte e un quadro cinematografico che rivendica l’accesso alla luce stellare come diritto scientifico, ambientale e culturale di tutta l’umanità.

Landon Bannister, presidente di Dark Skies Tasmania, afferma: “È davvero l'inquinante più facile da affrontare in assoluto. A differenza dell’inquinamento dell’acqua e dell’aria, l’inquinamento luminoso non impiega decenni per essere invertito. Le stelle sono ancora lì... basta semplicemente premere un interruttore." Forse il signor Bannister è ottimista. Quello che è certo è che tutti abbiamo bisogno delle stelle. Se non vediamo quanto siamo piccoli nell'universo, come possiamo sognare in grande?

Fonti

  1. http://www.aboriginalastronomy.com.au/
  2. Starlight, A Common Heritage (Atti dell'Unione Astronomica Internazionale), Cipriano Marin, 2009
  3. L'inquinamento luminoso come forma di genocidio culturale, di Duane Hamacher, Krystal De Napoli e Bon Mott, Journal of Dark Sky Studies, 2023
  4. https://www.theguardian.com/travel/2022/sep/12/seeing-stars-the-astronomical-rise-of-australian-dark-sky-tourism


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Fonte: Αυτολεξεί

Autore: Georgia Kanellopoulou

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Articolo tratto interamente da Αυτολεξεί


Proverbio del giorno


Cadi sette volte, rialzati otto.

Proverbio giapponese



Israele toglie soldi alle banche palestinesi




Articolo da Valori

Tutti gli occhi sono puntati, e giustamente, su Rafah. Lì dove continua il massacro, lo sterminio della popolazione palestinese da parte dell’esercito israeliano. Un immane disastro umanitario, che ha provocato oltre 37mila vittime, di cui 36mila palestinesi. Mentre sono già 105 i giornalisti, di cui 100 palestinesi, e 224 i volontari delle Ong uccisi dall’Idf. Ma lo sterminio non è solo quello di donne, vecchi e bambini uccisi, torturati, o comunque spossessati della loro casa e delle loro comunità. Dove, se mai un giorno riusciranno a tornare, troveranno solo macerie. Il massacro è anche economico e finanziario.

Avevamo già scritto che i danni economici dell’invasione israeliana ammontavano al 97% Pil palestinese. Ma c’è un altro problema. Israele ha deciso di non trasferire più all’Autorità Palestinese i fondi fiscali – le tasse doganali e quelle pagate dai lavoratori palestinesi – che le sue banche amministrano in vece di quelle palestinesi. In questo modo non solo blocca tutto il credito bancario della Cisgiordania, impedendo a una popolazione già affamata di accedere al denaro per sopravvivere. Ma blocca anche ogni ipotesi di ricostruzione e di rinascita, se mai la Palestina ne avesse avuta ancora una.

Come Israele attraverso il sistema bancario strozza l’economia palestinese

In base ad accordi stipulati negli anni Novanta, Israele riscuote le tasse per conto dell’Autorità Palestinese. E ovviamente tali entrate costituiscono la maggior parte del bilancio palestinese, soprattutto perché negli ultimi anni gli aiuti internazionali sono diminuiti. Ogni anno il ministero delle Finanze israeliano firma una deroga che protegge le sue banche da qualsiasi esposizione legale correlata al trasferimento di fondi a gruppi terroristici, di modo che possano effettuare le transazioni verso quelle palestinesi. Già così è evidente il regime di apartheid economico e finanziario in cui versa la popolazione che abita nei territori occupati.

E visto che la situazione è peggiorata, e l’Autorità Palestinese che governa la Cisgiordania è già in una grave crisi finanziaria a causa dell’invasione israeliana, della diminuzione degli aiuti internazionali e delle restrizioni sui finanziamenti, a maggio è riuscita a pagare meno della metà degli stipendi di decine di migliaia di dipendenti pubblici. Senza contare gli oltre 100mila lavoratori palestinesi cui è stato impedito l’accesso in Israele, e quindi la possibilità di portare a casa lo stipendio. Perché è vero che tutto intorno ci sono solo macerie. Ma anche in queste situazioni la gente ha bisogno di denaro liquido per comprarsi il pane e le sigarette. E avrebbe diritto di potersi comprare anche un profumo o dei fiori. O anche solo di pensare di poterlo fare.

Il tutto per ripicca, per fare un dispetto a chi riconosce lo Stato di Palestina

Invece, dopo aver concesso una proroga della deroga di tre mesi all’inizio dell’anno, e poi una successiva a marzo, a fine aprile fa il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich ha detto che potrebbe non fare nuove proroghe. E l’ultima scade a luglio. La cosa non è ovviamente passata inosservata, e alcuni funzionari dell’Alto Commissario per i Rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr) hanno detto a chiare lettere che separare le banche palestinesi da Israele essenzialmente lo separerebbe dal sistema bancario globale. E paralizzerebbe ancora di più l’economia palestinese.

Ma la cosa assurda è che la decisione del Ministro delle finanze Bezalel Smotrich, un leader di estrema destra che si oppone alla sovranità palestinese, è palesemente stata presa come una meschina ripicca. L’ufficio di Smotrich ha infatti spiegato che la decisione è – almeno in parte – una risposta preventiva alla volontà di Spagna, Norvegia e Irlanda di riconoscere uno Stato Palestinese. Riconoscimento che poi è divenuto ufficiale. «[Questi Paesi] adoperandosi per il riconoscimento unilaterale stanno agendo contro Israele legalmente e diplomaticamente. E quando qualcuno agisce contro lo Stato di Israele, ci deve essere una risposta», ha detto Eytan Fuld, portavoce del ministro Smotrich.

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Fonte: Valori

Autore: 
Luca Pisapia


Licenza: Licenza Creative Commons
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Articolo tratto interamente da 
Valori


Si ha paura...



"Si ha paura di migliaia di cose, del dolore, dei giudizi, del proprio cuore; si ha paura del sonno, del risveglio, paura della solitudine, del freddo, della follia, della morte. Specialmente di quest’ultima, della morte. Ma sono tutte maschere, travestimenti. In realtà c’è una sola paura: quella di lasciarsi cadere, di fare quel passo verso l’ignoto lontano da ogni certezza possibile."

Herman Hesse


Millcreek Canyon

Millcreek Adventure from Nature TimeLapse with Sounds on Vimeo.

Photo e video credit Nature TimeLapse with Sounds caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons


Londra timelapse

London Timelapse from andireiss.com on Vimeo.

Photo e video credit andireiss.com caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons


Le persone migliori...



"Le persone migliori possiedono sensibilità per la bellezza, il coraggio di rischiare, il rigore di dire la verità, la capacità di sacrificio. Ironia della sorte, le loro virtù le rendono vulnerabili; sono spesso ferite, talvolta distrutte."

Ernest Hemingway



In questo blog lo spam non è ammesso


Voglio ricordare a tutti, che in questo blog lo spam non è ammesso. Quindi evitate di lasciare commenti con proposte commerciali e pubblicità, oltre a link cliccabili.  Non è mia abitudine cestinare, ma il rispetto viene prima di tutto.




Ecco perché do tanto valore a questa breve frase...



"Ecco perché do tanto valore a questa breve frase: “Non lo so”. È solo una frasetta, ma vola su ali possenti. Espande le nostre vite, abbracciando gli spazi dentro di noi e le distese esteriori in cui il nostro piccolo pianeta fluttua sospeso. I poeti, se sono genuini, devono a loro volta continuare a ripetersi “Non lo so”."

Wisława Szymborska


lunedì 1 luglio 2024

Sentire


"Mi piace il verbo sentire. Sentire il rumore del mare, sentirne l'odore. Sentire il suono della pioggia che ti bagna le labbra, sentire una penna che traccia sentimenti su un foglio bianco. Sentire l'odore di chi ami, sentirne la voce e sentirlo col cuore. Sentire è il verbo delle emozioni, ci si sdraia sulla schiena del mondo e si sente."

Alda Merini


Perché sono salito quassù?


Robin Williams 2011a (2)

"Perché sono salito quassù? Chi indovina?
Per sentirsi alto.
No [...]. Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra prospettiva."    


John Keating (Robin Williams

Tratto dal film L'attimo fuggente di Peter Weir

Photo credit Eva Rinaldi [CC BY-SA 2.0], via Wikimedia Commons



Inail, crescono i morti sul lavoro



Articolo da Il Desk

Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail al 31 maggio del 2024 sono state 251.132 (+2,1% rispetto a maggio 2023 e in diminuzione del 22,4% rispetto allo stesso periodo del 2022), con un aumento più rilevante per gli incidenti avvenuti nel tragitto casa-lavoro.


Le denunce di infortunio con esito mortale sono state 369 (+3,1%): nell’incremento sono stati determinanti gli incidenti mortali plurimi. A crescere anche le patologie di origine professionale denunciate, 38.868 (+24,0%). E’ quanto risulta dai dati diffusi dall’Inail.

 Per quanto riguarda le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale a livello nazionale nei primi cinque mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023, pur nella provvisorietà dei numeri, si evince un incremento dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati da 271 a 286, e un calo di quelli in itinere, da 87 a 83.


L’incremento ha riguardato industria e servizi, che passa da 310 a 312 denunce mortali, l’agricoltura (da 36 a 40) e il conto stato (da 12 a 17).


Dall’analisi territoriale emergono incrementi al Sud (da 68 a 83 denunce), nelle Isole (da 31 a 37) e nel Nord-Est (da 77 a 78) e cali al Centro (da 74 a 65) e nel Nord-Ovest (da 108 a 106). Tra le regioni con i maggiori aumenti si segnalano l’Emilia Romagna (+15), la Campania (+7), la Calabria e la Sicilia (+5 ciascuna), mentre per i cali più evidenti Veneto (-14), Marche, Abruzzo, Umbria e Friuli-Venezia Giulia (-4 ciascuna).


L’incremento rilevato nel confronto dei periodi gennaio-maggio 2023 e 2024 è legato sia alla componente maschile, le cui denunce mortali sono passate da 331 a 340, sia a quella femminile, da 27 a 29. Diminuiscono le denunce dei lavoratori italiani (da 296 a 290) e aumentano quelle degli extracomunitari (da 52 a 61) e dei comunitari (da 10 a 18).


L’analisi per classi di età evidenzia incrementi tra i 35-39enni (da 18 a 20 casi), tra i 45-59enni (da 152 a 186) e tra i 65-69enni (da 20 a 29) e riduzioni tra gli under 35 (da 69 a 55), tra i 40-44enni (da 24 a 23), tra i 60-64enni (da 58 a 39) e tra gli over 69 anni (da 17 a 16).
Al 31 maggio di quest’anno risultano quattro denunce di incidenti plurimi, per un totale di 19 decessi, solo due dei quali stradali.

Nei primi cinque mesi del 2023 risultavano cinque denunce di incidenti plurimi, per un totale di 10 decessi, quattro dei quali stradali.


Per quanto riguarda gli infortuni per i primi cinque mesi del 2024 rispetto all’analogo periodo del 2023, si registra un aumento dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati dai 210.234 del 2023 ai 212.803 del 2024 (+1,2%), e di quelli in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro, da 35.623 a 38.329 (+7,6%).


L’analisi per classi di età mostra aumenti tra gli under 15 (+20,0%), soprattutto per l’incremento degli infortuni tra gli studenti (effetto dell’estensione assicurativa Inail disposta dal decreto-legge lavoro n. 48/2023), nella fascia 20-34 anni (+2,0%) e in quella 55-74 anni (+3,1%). Si registra, per contro, un calo tra i 15-19enni (-3,2%) e tra i 35-54enni (-2,4%).

Le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail nei primi cinque mesi del 2024 sono state 38.868, 7.522 in più rispetto allo stesso periodo del 2023 (+24,0%). L’aumento è del 51,9% rispetto al 2022, del 62,5% sul 2021, del 133,0% sul 2020 e del 41,9% sul 2019. E quanto risulta dai dati dell’Inail. Le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, quelle del sistema nervoso e dell’orecchio continuano a rappresentare, anche nei primi cinque mesi del 2024, le prime tre tipologie di malattie professionali denunciate, seguite dai tumori e dalle patologie del sistema respiratorio. 

I dati rilevati a maggio di ciascun anno mostrano incrementi nelle gestioni industria e servizi (+24,8%, da 25.711 a 32.084 casi), agricoltura (+21,2%, da 5.343 a 6.475) e conto stato (+5,8%, da 292 a 309).


L’incremento delle patologie denunciate interessa le Isole (+43,9%), il Sud (+32,5%), il Centro (+19,5%), il Nord-Est (+17,8%) e il Nord-Ovest (+13,4%).


In ottica di genere si rilevano 5.806 denunce di malattia professionale in più per i lavoratori, da 22.950 a 28.756 (+25,3%), e 1.716 in più per le lavoratrici, da 8.396 a 10.112 (+20,4%). L’aumento ha interessato sia le denunce dei lavoratori italiani, che sono passate da 28.803 a 35.599 (+23,6%), sia quelle dei comunitari, da 764 a 1.031 (+34,9%), e degli extracomunitari, da 1.779 a 2.238 (+25,8%).

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Articolo tratto interamente da 
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Noi e il genocidio



Articolo da Rebelión

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su Rebelión

Al momento in cui scrivo, almeno 400 corpi di uomini, donne e bambini sono stati riesumati dalle fosse comuni nel cortile dell'ospedale Al-Shifa a Gaza; un altro massacro tra molti altri, perpetrato nel processo coloniale e genocida di Israele contro il popolo palestinese da più di 80 anni. Le immagini di Al-Shifa si aggiungono a un ricordo persistente che accompagnerà tutta la nostra vita, quelli di noi che hanno seguito la storia della Nakba palestinese.

Gli esseri umani hanno inventato termini per riferirsi a qualità esclusive, come compassione, solidarietà o amore e hanno anche definito parole come “tortura”, “supremacismo” o “genocidio”. La crudeltà degli autori e i gesti di altruismo, però, provengono entrambi dalla stessa fonte: dalla capacità di sperimentare un comune sentimento di umanità. Questa è un’idea espressa nella premessa comune a tutte le religioni: “ama il tuo prossimo come te stesso”.

Pensare oggi alla Palestina ci pone davanti a uno specchio che mette in gioco i modi collettivi e individuali di sentire e di pensare “l’altro”.

Se possedere una cultura consente di disporre di un repertorio di significati per comprendere il mondo, prima della conoscenza acquisita attraverso la propria esperienza, allora la testimonianza inedita del genocidio in Palestina implica, per molti di noi, un paradigma di ordine culturale.

Questo genocidio non è quello che ha mietuto più vittime nella storia e forse nemmeno il più sanguinoso, tuttavia è quello che oggi fa appello con più forza alla nostra coscienza morale individuale e collettiva. Come hanno espresso molte voci, come quella della relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, e quella dei giudici sudafricani della Corte internazionale di giustizia, si tratta del primo genocidio trasmesso in tempo reale dalle sue vittime . Ma non solo, è il primo in cui le potenze occidentali sono apertamente impegnate nello sterminio coloniale di un popolo che si difende con razzi, armi leggere e pietre.

Sebbene il nazismo abbia lanciato l’intero apparato industriale, unito al concetto di “modernità”, al servizio dell’eliminazione delle minoranze (non solo degli ebrei), l’Israele sionista non ha solo l’industria interna della morte, ma anche le risorse diplomatiche, militari, politiche. e la copertura mediatica di potenze con una tradizione genocida, come Germania, Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Tale impegno globale per la distruzione di una società ha la sua correlazione nella natura inclusiva della resistenza, è una formula in cui la Palestina diventa “noi”, poiché è una rivolta che riunisce e riassume la pluralità di tutte le lotte possibili: la lottare per la giustizia e la libertà, ma anche per il territorio, per l'indipendenza; È la lotta delle donne, dei popoli indigeni, per la sovranità alimentare, per l’infanzia e un lungo eccetera; Ha molteplici varianti di trasversalità, è, in tutti i sensi, una rivolta anticoloniale ed emancipatrice, le cui scaramucce si combattono nei campi di sfollati e nella mente di tanti altri fuori dalla Palestina.

Frasi come “siamo tutti palestinesi”, o come quelle con cui Mandela collegò la sua lotta contro l’apartheid, si riferiscono alla molteplicità degli sforzi di liberazione e anche al riconoscimento di un’umanità comune. Ecco perché la Palestina è un’idea immune alle armi.

Quando nel 2003 scendemmo in piazza in migliaia per cercare di fermare la distruzione dell’Iraq, si lanciarono slogan contro la cosiddetta “guerra preventiva”, un concetto che sembrava essere il culmine di una sinistra evoluzione linguistica a cui riferirsi la massiccia distruzione. Poi, siamo rimasti sorpresi da nuovi eufemismi come “guerra umanitaria”, che hanno definitivamente cancellato il concetto di presunta “legittimità” del just ad bellum , una perversione concettuale nemmeno suggerita dai nazisti.

Oggi la Palestina riporta alla tragica consapevolezza che l’inumano è parte dell’umano e che la prima condizione muta per superare i propri limiti.

Ad esempio, dopo che Israele ha bombardato il primo ospedale di Gaza, Al-Ahli, il 17 ottobre, dove sono state uccise quasi 500 persone, la macchina di disinformazione sionista si è affrettata a fabbricare i colpevoli. Poi verrebbe bombardato l'ospedale Amal, poi l'ospedale Nasser, seguiti da decine di altri con le rispettive esecuzioni sommarie. A quel punto non c'era più alcun accenno di auto-scusa o pretesto; Vale a dire, la Palestina ci mostra un nichilismo morale in cui il genocidio è giustificato in sé, non c’è responsabilità né ricerca di esonero; l'omicidio viene convalidato diventando un fatto compiuto.

Non ci sono più nomi nuovi a sostegno della difesa delle atrocità, non ce n’è bisogno; carta bianca si concede evocandone uno solo: Hamas, un fantasma malvagio onnipresente nei mercati, negli ospedali, nelle moschee e nelle scuole.

Nelle officine, nei negozi e nelle case dei bambini di Gaza, gli ordini di un burocrate israeliano che cerca di avanzare nella sua carriera sionista non sono eseguiti, ma piuttosto l'espressione di un'educazione basata sull'odio e sulla paura; qui c'è solo la banalità del male quando si parla dell'esercizio omicida, consumato con sorprendente frivolezza; ma la motivazione non è banale o spontanea; è rintracciabile nella strategia che spoglia i palestinesi dell’umanità, che li rende invisibili. La banalità nella malvagità omicida del nazista Eichmann è una manovra tattica nelle arringhe messianiche del sionista Netanyahu.

L’espressione più volgare nell’esercizio del male è forse la derisione delle vittime esibita su Tik Tok, da parte di una soldataglia depravata che si vanta della propria sociopatia. La tortura e l'omicidio sono prerogative.

Il nichilismo morale testimoniato in Palestina, riflesso del crollo dell’ordine internazionale, si traduce per milioni di esseri umani in apatia o rassegnazione di fronte a una fatalità impunita e travolgente. Nonostante le diffuse manifestazioni di solidarietà in tutto il mondo, la Palestina continua a essere una questione marginale nella vita quotidiana, quando dovrebbe essere un’altra opportunità per ripensare la nostra presenza qui, come individui e come collettività. Pensare alla Palestina e al nostro rapporto con la Resistenza significherebbe, come avrebbero potuto significare, in quel momento, la caduta dell’URSS o la comparsa del Coronavirus, poter intravedere un’opportunità di “rifondazione” che mette in discussione le nostre abitudini di consumo, che valuta il nostro ruolo individuale nella predazione collettiva, che valorizza la giusta misura delle nostre aspirazioni materiali. Questa opportunità perduta significa che nessuno di noi è innocente del genocidio in Palestina. Non c’è modo di sfuggire alle nostre azioni o omissioni, soprattutto quando per alcuni gruppi sociali l’ignoranza è una scelta.

Quando Aaron Bushnell si è fatto esplodere davanti all'ambasciata israeliana a Washington, convinto che l'unica resistenza possibile fosse quella di rinunciare al possesso fisico più fondamentale, forse pensava anche alla nostra responsabilità collettiva.

È l’esposizione del corpo nelle manifestazioni, nell’azione diretta, che il “noi” viene unificato e ridefinito oltre la sfera dell’opinione individualistica e smobilitante delle reti sociali “senza corpo e senza dolore” (Raúl Sánchez Cedillo dixit). Il corpo, come mezzo di disobbedienza civile pacifica, continua a essere un esercizio legittimo che conquista lo spazio pubblico, per reinterpretare i diritti e ampliare i canali di partecipazione democratica; Allo stesso tempo, la strada è il luogo dove il “noi” si manifesta pienamente senza frammentazione, in uno spazio-palcoscenico, denso di azioni simboliche pienamente significative. La strada è il luogo in cui vivono gli esseri sociali e non su Twitter.

Qualsiasi proiezione sul futuro dell’umanità implica necessariamente l’integrazione della causa palestinese nella coscienza collettiva. Un esercizio di introspezione che riveli la condizione di “corresponsabilità” può significare il primo passo da cui si articolano azioni concrete come il boicottaggio, l’azione diretta o il cambiamento delle abitudini di consumo.

Erodoto aveva notato che “barbaro” è colui che non riconosce negli altri la propria categoria di essere umano. A causa della sua portata globale, forse questo genocidio pone l’umanità più vicina che mai alla vecchia dicotomia di “civiltà e barbarie”. Non importa quanto duramente i promotori della guerra cerchino di convincerci che i barbari sono più barbari delle bombe intelligenti che li distruggono, sappiamo che non è così. Finché non riconosceremo la piena umanità dei palestinesi e non penseremo che la civiltà è qualcosa che si costruisce con le relazioni tra gli esseri umani e il mondo materiale, qualcosa che nasce da considerazioni strumentali pragmatiche e non dall’etica, saremo più vicini alla barbarie .

Riconoscere la nostra comune umanità nella causa palestinese è un atto di liberazione collettiva, noi siamo loro e salvarli è salvare noi stessi.

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Fonte: Rebelión

Autore: Humberto Aguirre

Licenza: Licenza Creative Commons

Articolo tratto interamente da Rebelión