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lunedì 30 giugno 2025

Se ti sedessi su una nuvola...


"Se ti sedessi su una nuvola non vedresti la linea di confine tra una nazione e l’altra, né la linea di divisione tra una fattoria e l’altra. Peccato che tu non possa sedere su una nuvola."

Khalil Gibran


Il misterioso arsenale nucleare israeliano



Articolo da Krisis

Dal deserto del Negev alle stanze segrete di Dimona, passando per Parigi, Washington e Hollywood: la nascita del programma atomico israeliano è una storia di complicità nascoste e ambiguità strategiche. Prima puntata del viaggio di Krisis nella storia dell’unica potenza nucleare non dichiarata del Medio Oriente. Lo Stato ebraico non ha mai aderito al Trattato di non proliferazione nucleare e non ha mai confermato ufficialmente il possesso di armi nucleari. Un segreto geopolitico che resiste da oltre 70 anni.

Nel corso di un’intervista rilasciata al Corriere della sera il 18 giugno scorso, lo storico israeliano Benny Morris ha difeso l’Operazione Rising Lion sferrata dalle forze israeliane con l’obiettivo dichiarato di smantellare definitivamente il programma nucleare iraniano. A suo avviso, l’Iran non ha titolo per dotarsi dell’arma nucleare in quanto «regime fanatico messianico islamico», a differenza di Israele che è «una società democratica occidentale».

Prescindendo dal merito specifico, le esternazioni formulate da Morris sollevano per l’ennesima volta il velo su una realtà ufficiosa perché mai riconosciuta dalle autorità di Tel Aviv, ma data per assodata ormai da decenni: il possesso dell’arma atomica da parte di Israele. La «gestazione» dell’arsenale nucleare israeliano risale al 1952, quando, ad appena quattro anni di distanza dalla nascita dello Stato ebraico, prese avvio il programma nucleare di Tel Aviv. 

1952: inizia il programma nucleare

Il compito di svilupparlo era stato affidato a Ernst David Bergmann, scienziato di fama internazionale formatosi presso l’istituto di chimica organica Emil Fischer di Berlino, dove aveva avuto modo di stringere rapporti con professionisti di settore molto vicini a personalità di spicco come Ernest Rutherford e Marie Curie. Suo padre era uno dei più influenti rabbini di tutta la Germania, nonché amico intimo del biochimico Chaim Weizmann, che qualche decennio dopo sarebbe diventato il primo presidente israeliano. 

Stando alle ricerche di alcuni studiosi, fu proprio Weizmann a reclutare Bergmann per conto dell’Haganah. Nel 1936 l’organizzazione paramilitare ebraica operante in Palestina durante il mandato britannico lo aveva incaricato di assoldare uno scienziato in grado di fornire supporto tecnico per mettere a punto una nuova tipologia di esplosivo da impiegare per la guerra contro gli arabi e le forze colonialiste britanniche.

In seguito alla fondazione di Israele, Bergmann fu assunto dal Ministero della Difesa e collocato alla direzione della commissione per l’energia atomica creata per volontà del premier David Ben-Gurion e del suo giovane braccio destro Shimon Peres, dopo che Robert Oppenheimer, John Von Neumann ed altri scienziati connessi al Progetto Manhattan avevano declinato la proposta di dedicarsi alla ricerca in Israele. 

All’epoca, Ben-Gurion e Peres erano fermamente convinti che il neonato Stato ebraico non sarebbe riuscito a garantire la propria sicurezza in assenza di un formidabile deterrente strategico. Anche Bergmann ne era fortemente convinto, sostenendo che «lo Stato di Israele ha bisogno di un programma di ricerca per l’autodifesa rivolto a impedire che qualcuno ci trasformi nuovamente in agnelli destinati al mattatoio».

Il gruppo di lavoro guidato da Bergmann, di cui facevano parte luminari della scienza del calibro di Niels Bohr, Amos Deshalit e Aharon Katchalsky, fu incaricato dal Ministero della Difesa di Tel Aviv di avviare le prime prospezioni nel deserto del Negev per verificare l’eventuale presenza di uranio. Riuscirono a reperire solo alcuni minerali che lo contenevano in misura variabile, ma risolsero il problema della scarsità mettendo rapidamente a punto uno speciale procedimento chimico di estrazione.

Produzione di acqua pesante

Concepirono simultaneamente un nuovo metodo di produzione dell’acqua pesante (che funge normalmente da stabilizzatore nei reattori nucleari) traendo ispirazione dall’esperienza pregressa maturata in Francia, che li aveva visti collaborare con personale locale per la costruzione di un reattore e di un impianto di trattamento presso Marcoule.

La cooperazione in materia scientifica e la compartecipazione all’operazione militare lanciata a Suez nel 1956 impressero una svolta decisiva alle relazioni franco-israeliane, dissodando il terreno per un’intesa nucleare segreta sottoscritta l’anno successivo nel cui ambito scienziati francesi operarono fianco a fianco con i loro colleghi israeliani per la realizzazione di un reattore da 24 megawatt in un bunker sotterraneo presso Dimona, nel deserto del Negev. 

La struttura, composta da ben sei piani, comprendeva anche un impianto di riprocessamento preposto alla produzione di plutonio a uso bellico. La componentistica necessaria alla costruzione del complesso di Dimona fu reperita da personale francese attraverso specifici canali di contrabbando, mentre i funzionari israeliani siglarono un accordo sottobanco con il governo norvegese per l’acquisto di una ventina di tonnellate di acqua pesante utili a raffreddare il reattore, sempre al fine di mantenere l’intero programma nucleare israeliano avvolto in una coltre di mistero.

La segretezza rappresentava un punto fondamentale dell’accordo di collaborazione franco-israeliano, al punto da indurre le autorità di Tel Aviv a incaricare (1957) il funzionario dello Shin Bet Benjamin Blumberg di creare una sezione dei servizi di intelligence apposita. Nacque così il Lekem, un «ufficio per le relazioni scientifiche» preposto all’acquisizione delle tecnologie e dei materiali necessari a fabbricare armi atomiche. 

Società milanese di facciata

L’organismo si attenne scrupolosamente al proprio mandato, dapprima ottenendo circa 200 tonnellate di ossido di uranio di origine congolese acquistate in Belgio da una società milanese di facciata, e successivamente sottraendo 266 kg di uranio altamente arricchito (sufficiente a fabbricare 11 ordigni nucleari) dai depositi della Numec. Vale a dire una compagnia statunitense riconducibile a Zalman Shapiro, un chimico ebreo dell’Ohio collocato su posizioni ardentemente sioniste che aveva fornito un contributo cruciale allo sviluppo del primo sottomarino a propulsione nucleare (lo Uss Nautilus). 

La Numec fu sottoposta a una serie di indagini dell’Fbi per via dei numerosi ospiti francesi e soprattutto israeliani – tra cui il futuro direttore del Lekem Rafi Eitan e il futuro direttore dello Shin Bet Avraham Bendor – che giungevano a visitarne gli stabilimenti. Il Lekem svolse un ruolo cruciale nel mantenere la classe dirigente di Tel Aviv allineata alla direttiva politica originaria, consistente nell’occultamento sistematico delle ambizioni nucleari israeliane.

I documenti desecretati finora suggeriscono che gli Stati Uniti non avevano accesso al contenuto preciso dell’accordo franco-israeliano. Un rapporto della Cia datato 8 dicembre 1960 afferma che «Israele è impegnato nella costruzione di un complesso di reattori nucleari nel Negev, vicino a Beersheba», ma evidenzia che «esistono diverse interpretazioni circa la funzione di questo complesso, tra cui la ricerca, la produzione di plutonio o di energia elettrica o combinazioni di queste». Eppure, «sulla base di tutte le prove disponibili» si può concludere che «la produzione di plutonio a fini bellici rappresenta almeno uno degli obiettivi principali di questo sforzo». 

Da un altro documento recentemente declassificato, datato 2 dicembre 1960 e redatto dal Comitato congiunto di intelligence per l’energia atomica, si evince tuttavia che i funzionari statunitensi avessero maturato una consapevolezza più profonda. Davano praticamente per assodato che a Dimona fosse stato costruito «un impianto di separazione del plutonio» accanto a «un grande reattore». Secondo le stime formulate alla fine del 1960 dall’intelligence statunitense, le due componenti necessarie all’allestimento di un arsenale atomico erano insomma già nella disponibilità di Israele. 

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Fonte: Krisis

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Articolo tratto interamente da Krisis


Canto del mare di Katherine Mansfield



Canto del mare 

Non voglio più pensare al mare!

Alle grandi onde verdi

E alla concava spiaggia,

Alle grotte di roccia bianca 

Non più, non più pensare

Al flutto e all’alga,

Al ribollir di schiuma.

Vive nella mia casa lontana la Memoria,

Non ha niente a che fare con me.

È vecchia e curva,

Ha un fagotto

Sulle spalle.

Sparse tutte le lacrime,

La voce, un roco schiocco.

Con un vecchio bastone

Spinoso avanza zoppicando,

E una pazza canzone

Ora lenta, or veloce

Le ansima in gola.

Ed ogni giorno

Finché la spiaggia è in luce

Cerca qualcosa,

Il suo artiglio appassito

Fruga le alghe marine;

Fruga in ogni conchiglia,

Brancolando borbotta

Finché la notte

Cala oscura all’intorno

E tutta la ricopre

E le impone silenzio

Ed immobilità.

I piedi fantasmatici

Delle onde mormoranti

Le camminano accanto sulle punte.

La seguono, la seguono

Nelle grotte rocciose

Della concava spiaggia

Bianca … Stringe le mani,

Singhiozza, stride via,

E gli echi urlano erranti

Per i colli rocciosi.

Si lamenta: tutto è perso!

Sia come sia! Sia come sia!

Sono vecchia, agghiacciata,

E spaventata … Il mare

Rimbomba troppo … è perso,

Scomparso … La Memoria

Là geme, nella mia casa lontana.

Katherine Mansfield


Proverbio del giorno

"La semplicità era al principio del mondo, la semplicità sarà alla fine del mondo."


Chi ha visto la speranza non la dimentica


"Chi ha visto la speranza non la dimentica. La cerca sotto tutti i cieli e tra tutti gli uomini, e sogna che un giorno la ritroverà, non sa dove. In ogni uomo batte la possibilità di essere, o più esattamente, di essere un altro uomo."

Octavio Paz

La bellezza della vita


"La bellezza della vita la trovi ovunque. Ho imparato ad essere felice dove sono. Ho imparato che ogni momento di ogni giorno contiene tutta la gioia, tutta la pace, tutti i fili di quella struttura che chiamiamo vita. Il suo significato è implicito in ogni momento, non c'è altro modo per trovarlo. Percepiamo solo ciò che ci permettiamo di percepire, ogni giorno, un momento dopo l'altro."

Hermann Hesse


L'indifferenza



"Il peggiore degli atteggiamenti è l’indifferenza, dire "io non posso niente, me ne infischio". Comportandovi così, perdete una delle componenti essenziali che ci fa essere uomini. Una delle componenti indispensabili: la facoltà di indignazione e l’impegno che ne è la diretta conseguenza."

Stéphane Hessel
 
 

Rimani gentile...


"Rimani gentile.

Non lasciare che il mondo

ti renda insensibile.

Non lasciare che la sofferenza ti lasci odiare. 

Non lasciare che l’amarezza rubi la tua dolcezza."

Kurt Vonnegut



Ama la vita

"Ama la vita, amala anche quando non hai lo stomaco per essa, quando tutto ciò che hai amato si sgretola come carta bruciata sulle tue mani e la tua gola si riempie di cenere. Quando il dolore si sente con te e il suo calore tropicale addensa l'aria, pesante come l'acqua più adatta alle branchie che ai polmoni, quando il dolore pesa come la tua stessa carne, un'obesità di dolore, pensate: come può un corpo sopportare questo? Poi tieni la vita come un volto tra i palmi, un viso semplice, senza un sorriso incantevole, senza occhi viola, e dici: sì, lo farò, ti prenderò di nuovo e ti amerò, ti amerò di nuovo."

Ellen Bass

Uno degli elementi più importanti


"Uno degli elementi più importanti e più trascurati all'inizio della vita interiore è la capacità di rispondere alla realtà, di vedere il valore e la bellezza delle cose ordinarie, di prendere vita con lo splendore che ci circonda."

Thomas Merton

domenica 29 giugno 2025

La strage di Viareggio: per non dimenticare

Murale sulla Strage di Viareggio


Il 29 giugno 2009, una tragedia ha sconvolto la città di Viareggio e l'Italia intera. Un treno merci carico di gas liquefatto ha deragliato e provocato un'esplosione che ha ucciso 32 persone e ferite altre 50. Le fiamme hanno distrutto decine di case e negozi, lasciando centinaia di sfollati. Un disastro che avrebbe potuto essere evitato se ci fossero stati controlli adeguati sui vagoni e sulla sicurezza ferroviaria.

Oggi voglio ricordare le vittime di quella notte e le loro famiglie. 

Photo credit Gabriele85, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons



Viviamo in una società sonnambula?



Articolo da Dialektika

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su Dialektika

Prima di tentare di rispondere a questa domanda, o meglio, a questa difficile domanda, sembra necessario chiarire cosa si intende quando si parla di "sonnambulismo" o, meglio ancora, chi può essere definito sonnambulo.

Secondo la Real Académie Española, il termine sonnambulo, derivato dal latino somnus "sonno" e ambulāre "camminare", è correlato al termine funambŭlus "camminatore lento", che si riferisce a una persona "che, mentre dorme, ha una certa attitudine a svolgere alcune funzioni corrispondenti alla vita sociale esterna, come alzarsi, camminare e parlare".

In termini aggregati e sociali, una "società sonnambulica" è caratterizzata dal fatto che i suoi attori principali (i cittadini) sviluppano una serie di automatismi o comportamenti regolati, o, se si preferisce, normalizzati e interiorizzati, che li portano a riprodurli individualmente e/o collettivamente, senza rendersi conto di agire in una realtà parallela a quella di altri, che hanno riflettuto su come gli individui, i loro stakeholder e la società nel suo complesso dovrebbero comportarsi. In altre parole, ci si può sentire come "immersi" nel sogno di qualcuno che sogna noi.

Questo scenario spinge il sonnambulo a interagire con l'ambiente in cui si trova, sviluppando una serie di comportamenti, azioni ed emozioni, anche se molto probabilmente distanti da quelli di un'altra realtà vicina che lo circonda.

D'altro canto, le coordinate in cui ci muoviamo normalmente sono condizionate, e perfino determinate, dai nostri sensi, che a volte distorcono la nostra percezione delle cose.

Anche la memoria, secondo Veronica O'Keane, è falsa, o almeno in gran parte falsa. Pensiamo per un attimo a come il nostro corpo sia un grande recettore di sensazioni e a come, da queste, si creino nella nostra memoria i ricordi, grazie ai quali, una volta immagazzinati, plasmano le persone. I ricordi umani sono vivissimi, forgiati nel momento presente. Seguendo il ragionamento di quest'autrice, i ricordi non sono unità di informazione che danno origine a una memoria fissa che il cervello conserva nei suoi archivi per quando è necessario accedervi, ma piuttosto qualcosa che si forgia nel momento presente; qualcosa di vivo e, in definitiva, ciò che siamo.

Inoltre, come se non bastasse, nel tentativo di spiegare cos'è questa società sonnambula, dobbiamo anche considerare la presenza dell'immaginario collettivo, che, secondo il sociologo francese Edgar Morin, si riferisce a come un insieme di miti e simboli funzioni come una "mente sociale collettiva". Questo immaginario viene alimentato attraverso i media e si identifica con prodotti di consumo e personalità che esercitano una significativa influenza mediatica. In questo quadro, è tempo di parlare di come la società crea e ricrea – possibilmente inventa – un insieme di scenari e modelli d'azione che danno senso a ciò che viene fatto e a come le cose dovrebbero essere fatte, nel tentativo di porre rimedio alla paura dell'incertezza e, soprattutto, di costruire socialmente la realtà.

E la realtà può essere costruita socialmente, come hanno sottolineato Berger e Luckmann parlando della costruzione sociale della realtà, senza dimenticare il peso dei grandi media collegati ai centri di potere.

Se a questi ingredienti aggiungiamo i tanto temuti giudizi di valore che caratterizzano soggettivamente e, a volte, caricaturiscono una persona, un'idea, una situazione, ecc., basandosi su stereotipi, questa società sonnambula a cui facciamo riferimento potrebbe radicarsi e normalizzarsi nella vita delle persone.

Quando ciò accade, trovare una soluzione a un ambiente che ci robotizza non è un compito facile, ma non è meno vero che prendere coscienza dei limiti che questo può comportare è un punto di partenza per attenuare il peso e l'impatto che questa situazione ha sulla nostra vita personale, familiare e lavorativa, per citare solo alcuni aspetti della nostra esistenza.

Ora, viviamo davvero in una società sonnambula, o stiamo forse parlando di una realtà collettiva allucinatoria? Puoi rispondere alle tue domande, se vuoi, e provare a spiegare (tu stesso) se viviamo in una società sonnambula.

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Fonte: Dialektika

Autore: Ángel Olaz

Licenza: Licenza Creative Commons
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Articolo tratto interamente da Dialektika


Che ci piaccia o no, non possiamo vivere senza insetti



Articolo da Rabble.ca

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su Rabble.ca

Quando gli insetti muoiono o vengono uccisi, tutto ciò che fa parte della catena alimentare ne viene colpito: dagli uccelli, pipistrelli e lucertole che si nutrono di insetti ai serpenti, coyote e puma che si nutrono di uccelli e lucertole, e così via.



Molte persone trovano gli insetti fastidiosi, persino spaventosi. Da ex genetista del moscerino della frutta, che ha trascorso molti anni dell'infanzia esplorando insetti e altre forme di vita nelle paludi vicino a casa mia a Leamington, in Ontario, ne sono sempre stato affascinato. Sono anche una componente fondamentale della rete della vita.

Quando gli insetti muoiono o vengono uccisi, tutto ciò che fa parte della catena alimentare ne viene colpito: dagli uccelli, pipistrelli e lucertole che si nutrono di insetti ai serpenti, coyote e puma che si nutrono di uccelli e lucertole, e così via.

Non abbiamo imparato la lezione nei 63 anni trascorsi dalla pubblicazione del fondamentale "Primavera silenziosa" di Rachel Carson, un libro che ha influenzato me e altri e che è stato fonte di ispirazione per una crescente consapevolezza ambientale. Carson ha sottolineato l'insensatezza di applicare nuove tecnologie o sviluppi scientifici su larga scala senza comprendere o anche solo considerare l'impatto sui sistemi naturali interconnessi.

Prima del libro di Carson, il chimico svizzero Paul Mueller sviluppò il pesticida DDT e vinse il premio Nobel per il suo lavoro. Era considerato una sostanza chimica miracolosa, letale per molti "parassiti" e insetti portatori di malattie. Il suo utilizzo sulle zanzare portatrici di malaria salvò molte vite umane, ma causò anche la morte di milioni di aquile calve, falchi pescatori, pellicani e altri uccelli. Carson scoprì che, oltre ad avere un impatto diretto sugli animali che si nutrono di insetti, in particolare gli uccelli, il DDT si bioaccumulava in alcune specie e si "biomagnificava" attraverso la catena alimentare, arrivando persino agli esseri umani.

I divieti sugli insetticidi hanno contribuito alla ripresa delle popolazioni di insetti in alcune aree, ma ora si trovano ad affrontare un'altra grave minaccia: il riscaldamento globale. Molti scienziati ritengono che la biomassa degli insetti si stia riducendo fino al 2,5% all'anno. Potrebbe non sembrare molto. "Ma se si proietta questo dato in avanti di soli quattro decenni, stiamo parlando di quasi metà dell'albero della vita che scompare nel corso di una vita umana. È assolutamente catastrofico", ha dichiarato al Guardian l'entomologo David Wagner.

Pesticidi (ancora), perdita di habitat, attività industriale, agricoltura e inquinamento atmosferico, terrestre, idrico e luminoso stanno ancora sradicando gli insetti, ma nuove ricerche indicano il cambiamento climatico come un fattore sempre più devastante. Le popolazioni di insetti stanno crollando anche in aree libere da pesticidi, fertilizzanti e attività industriali, comprese le foreste protette in paesi come il Costa Rica. Molti insetti sono ipersensibili ai cambiamenti ambientali: calore, umidità, precipitazioni, luce e variazioni stagionali. Eventi come una primavera insolitamente secca possono impedire loro di emergere dal terreno, ad esempio. La disponibilità di acqua è particolarmente critica, poiché devono rimanere costantemente idratati.

Il crollo degli insetti si sta già facendo strada nella rete della vita. Uno studio del 2019 ha rilevato che tre miliardi di uccelli negli Stati Uniti, quasi un terzo, sono scomparsi dagli anni '70, soprattutto quelli che si nutrono di insetti. Uno studio del 2018 nella foresta pluviale di Luquillo a Porto Rico ha rilevato una significativa diminuzione di uccelli, rane e lucertole a causa del calo del numero di insetti.

Poiché molti insetti sono impollinatori, il loro declino può anche ridurre la crescita delle piante e delle colture alimentari.

Chiunque sia in giro da un po' di tempo ricorderà i viaggi in auto di un tempo, quando bisognava fermarsi regolarmente per pulire il parabrezza e la griglia dell'auto dagli insetti morti. Ora, il loro numero è diminuito al punto che spesso si può guidare per lunghi tratti senza un solo schizzo.

È arroganza. Non riusciamo a capire che la natura, che ci include, è interdipendente, che ogni disturbo o perturbazione che creiamo avrà conseguenze di vasta portata. E così spruzziamo veleni indiscriminatamente, bruciamo combustibili fossili in modo indiscriminato e distruggiamo spazi naturali e habitat. Ma se gli insetti muoiono, moriranno anche gli uccelli e i pesci che li mangiano, e moriranno anche gli animali che li mangiano...

Disponiamo di numerose soluzioni a questi problemi (cambiamento climatico, perdita di biodiversità (inclusi gli insetti) e inquinamento), ma a volte ciò significa anteporre la vita al profitto, e questo non è gradito a coloro che guadagnano con combustibili e sostanze chimiche inquinanti.

Dobbiamo fare tutto il possibile per proteggere gli insetti. Questo include affrontare il cambiamento climatico passando all'energia pulita e preservando e ripristinando gli spazi verdi. Individualmente, possiamo coltivare più orti con piante autoctone e rispettose degli impollinatori, ridurre l'uso di pesticidi e fertilizzanti e altro ancora.

È ora di mostrare un po' di rispetto ai nostri amici insetti. Le nostre vite dipendono da loro in più modi di quanto la maggior parte delle persone pensi.

David Suzuki è uno scienziato, giornalista televisivo, autore e co-fondatore della David Suzuki Foundation. Scritto con Ian Hanington, scrittore senior ed editore della David Suzuki Foundation.

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Fonte: Rabble.ca

Autore: David Suzuki

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Articolo tratto interamente da Rabble.ca


Consigli utili per combattere l'afa



L'afa può causare disagio e problemi di salute. Oggi pubblico alcuni consigli utili:

- Bere molta acqua per idratarsi e prevenire la disidratazione.

- Evitare bevande alcoliche, caffeinate o zuccherate, che possono aumentare la sudorazione e la perdita di liquidi.

- Indossare abiti leggeri, traspiranti e di colore chiaro, che favoriscono la circolazione dell'aria e riflettono i raggi solari.

- Proteggersi dal sole con cappelli, occhiali da sole e crema solare, per evitare scottature e colpi di calore.

- Cercare luoghi freschi e ombreggiati, come parchi, boschi o fontane, dove si può godere di una brezza naturale.

- Usare ventilatori o condizionatori per rinfrescare l'ambiente, ma senza esagerare con la differenza di temperatura tra interno ed esterno.

- Fare docce o bagni freddi o tiepidi, per abbassare la temperatura corporea e alleviare la sensazione di appiccicosità.

- Mangiare cibi leggeri, freschi e ricchi di acqua, come frutta, verdura, yogurt o gelati, che aiutano a reidratare l'organismo e a fornire sali minerali.

- Evitare pasti pesanti, grassi o piccanti, che possono aumentare la produzione di calore e la sudorazione.

- Ridurre l'attività fisica e lo stress, che possono innalzare la pressione sanguigna e il battito cardiaco.



La destra europea contro le ONG



Articolo da Info Cooperazione

Lo scorso giovedì, il Parlamento europeo ha votato per l’istituzione di un nuovo gruppo di lavoro incaricato di indagare sui finanziamenti dell’Unione Europea destinati alle organizzazioni non governative. La decisione, fortemente sostenuta dai gruppi di destra e estrema destra, segna un nuovo passo in una campagna politica più ampia volta a limitare l’influenza delle ONG nello spazio pubblico europeo. Il provvedimento è stato promosso dal gruppo del Partito Popolare Europeo (PPE) — la principale forza del Parlamento — con il sostegno dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR) e del gruppo di estrema destra Patrioti per l’Europa (PfE). A opporsi fermamente alla proposta sono stati i Socialisti & Democratici (S&D), i liberali di Renew Europe, i Verdi e la Sinistra.

Contesto politico: l’asse PPE-destra estrema

L’approvazione del gruppo di lavoro evidenzia un cambiamento nelle dinamiche parlamentari europee: il PPE si è allineato sempre più spesso alle forze di destra, rompendo l’equilibrio centrista che ha caratterizzato a lungo il processo legislativo dell’UE. La stampa europea parla ormai di una “maggioranza Venezuela”, una coalizione informale tra PPE, ECR e altri partiti di destra radicale. Il deputato PPE Tomáš Zdechovský ha dichiarato: «Da tempo denunciamo la mancanza di trasparenza nei finanziamenti alle ONG, e ora vogliamo davvero andare fino in fondo». Secondo Zdechovský, il gruppo di lavoro esaminerà i contratti di sovvenzione della Commissione europea assegnati alle ONG.

Accuse e polemiche

La proposta è nata da accuse rivolte alla Commissione europea di finanziare ONG che, a loro volta, farebbero pressione sul Parlamento per conto della stessa Commissione attraverso contratti pubblici. Il gruppo ECR aveva inizialmente chiesto l’istituzione di una vera e propria commissione d’inchiesta, uno strumento previsto per i casi di presunte violazioni gravi della legge europea. Il PPE ha preferito optare per una soluzione più “soft”: un gruppo di lavoro interno alla commissione bilancio. Tuttavia, i partiti centristi avevano proposto di estendere il mandato anche ad altri beneficiari dei fondi UE, non solo alle ONG. Il rifiuto del PPE di includere questa modifica ha portato alla rottura dell’accordo con Renew Europe e S&D.

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Fonte: Info Cooperazione

Autore: redazione Info Cooperazione


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Articolo tratto interamente da Info Cooperazione


Gli ungheresi riempiono le strade di Budapest sfidando il divieto di Orbán



Articolo da Esquerda

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In mezzo a un mare di bandiere arcobaleno, una folla immensa ha invaso le strade della capitale ungherese per la 30a edizione della Marcia dell'Orgoglio LGBTQI+, la più grande di sempre nonostante il divieto imposto dal governo. "È per i diritti di tutte le persone in Ungheria e ovunque", ha dichiarato l'eurodeputata Catarina Martins, presente alla marcia.


Il Primo Ministro ungherese ha ripetutamente invitato la popolazione a rispettare la legge, il che, in questo caso, significherebbe ottemperare al divieto del Budapest Pride, la marcia dell'orgoglio LGBTI+ che si tiene ogni anno nella capitale ungherese. La legge, approvata quest'anno dalla maggioranza di estrema destra con il pretesto della tutela dei minori, vieta gli eventi pubblici rivolti alla comunità LGBT in tutto il Paese.

Nonostante la minaccia di pesanti multe e pene detentive fino a un anno, e l'installazione questa settimana di decine di telecamere a circuito chiuso con riconoscimento facciale lungo il percorso della marcia, gli ungheresi hanno deciso di sfidare il divieto e si sono presentati numerosi a quello che è già considerato il Pride più partecipato della storia. La stampa internazionale ha sottolineato la presenza di persone di tutte le età e l'atmosfera di festa. Vedi la galleria fotografica

Segnali di repressione si sono avvertiti anche poco dopo l'inizio del corteo, quando la polizia ha formato una barriera per bloccare il percorso definito dall'organizzazione, costringendola a spostarsi su altre strade.

"È stato un fantastico senso di solidarietà tra vari gruppi qui in Ungheria, non solo quelli della comunità LGBTQI+ ma anche tra tutti coloro che si oppongono a questo sistema e vogliono far sentire la propria voce", ha detto l'attivista LGBTQI+ Könnyü Hella a Esquerda.net.

Tra le decine di eurodeputati di vari gruppi politici che si sono recati a Budapest per partecipare a questa marcia c'era anche l'ex coordinatrice del Bloco, Catarina Martins. Parlando a Esquerda.net durante la marcia, ha affermato: "Questa è probabilmente la più grande manifestazione a cui abbia mai partecipato in vita mia".

"Il Pride è stato vietato da Orbán, ma allo stesso tempo ha autorizzato diverse organizzazioni neonaziste e di estrema destra, deviando il corso del Pride e dando la priorità a quello dei fascisti", ha proseguito l'eurodeputato del Blocco di Sinistra.

L'aspetto più importante da ricordare di questa iniziativa, ha sottolineato Catarina, è che "non si tratta solo dei diritti delle persone LGBT - e se lo fossero, sarebbe necessario e doveroso farlo. Si tratta dei diritti di tutte le persone in Ungheria e ovunque, perché se permettiamo questo tipo di azioni, non avremo più alcuna libertà".

“Quando pensate all’Ungheria, non pensate a Orbán, ma a queste persone che sono scese in piazza oggi”


Per Rutz Tamás, leader del partito Szikra (Scintilla), "il popolo ungherese ha inviato al mondo un messaggio forte: non vuole oppressione e non sostiene Orbán. Esorto le persone di tutto il mondo a non pensare a Orbán quando pensano all'Ungheria, ma a queste persone che sono scese in piazza oggi".

Creato nel 2020 da attivisti che l'anno precedente avevano sostenuto le campagne comunali dei candidati di sinistra e dei Verdi, Skira è stato oggetto di una crescente repressione da parte di Orbán. "Il governo ha già cercato di collegare il nostro partito a gruppi violenti e persino a gruppi pedofili, diffondendo notizie false su di noi e affermando che, con questa nuova legge, rappresentiamo una minaccia per la sicurezza dei bambini. Anche la nuova legge contro le ONG e i finanziamenti esteri ha avuto ripercussioni su di noi, poiché non possiamo più ricevere donazioni da organizzazioni di solidarietà di sinistra in altri Paesi", ha affermato Rutz. Quanto all'obiettivo immediato di questo movimento, ha affermato che è quello di continuare a "costruire una nuova sinistra, con nuove politiche e nuovi volti" che guidino l'opposizione più combattiva al regime di Orbán.

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Fonte: Esquerda

Autore: Esquerda

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Articolo tratto interamente da Esquerda.net


Le politiche di riarmo affossano le spese sociali



Articolo da Codice Rosso

L’Unione Europea dopo aver approvato il 17° pacchetto di sanzioni alla Russia, sta approntando il 18° nonostante i pesanti effetti sulla propria economia creati dai precedenti e il caro petrolio causato dall’attacco israeliano e Usa all’Iran.

Le politiche di riarmo procedono spedite affossando ulteriormente le spese sociali

Martedì 20 maggio l’Unione europea ha approvato il 17esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia accompagnato dalle solite dichiarazioni enfatiche dei suoi vertici.

L’ennesimo atto coercitivo adottato contro Mosca ha, tuttavia, sollevato perplessità e critiche, fra le associazioni imprenditoriali e nell’opinione pubblica europea, ancora maggiori rispetto alle 16 precedenti, sia per motivazioni di carattere economico che di strategia geopolitica.

Le precedenti tranche di sanzioni introdotte da Bruxelles hanno, infatti, determinato, secondo il Fondo Monetario Internazionale, un forte rallentamento dell’economia dell’eurozona nel 2023 e nel 2024 (+0,4% e +0,9%9) e spinto in recessione (-0,3% e -0,2%) quella tedesca, mentre Mosca è cresciuta del +4,1% in entrambi gli anni.

La crisi industriale di Germania e Italia

A ciò va aggiunta la pesante contrazione della produzione industriale europea, in particolare della Germania e dell’Italia. Nel nostro paese addirittura giunta con il 26esimo mese consecutivo, da febbraio 2023 a marzo 2025, di riduzione calcolata su base tendenziale, vale a dire rispetto al corrispondente mese dell’anno precedente, con due picchi del -6,7% ad aprile 2023 e a dicembre 2024 (grafico 1).

La Germania segue da vicino il nostro paese con il 22esimo mese consecutivo, da giugno 2023 a marzo 2025 compresi (grafico 2), di riduzione tendenziale negativa della produzione industriale con un picco massimo del -7,4% maggio 2024.

Con il settore dell’automotive a trainare la crisi produttiva, in entrambi i paesi.

Flessione e ripresa della produzione industriale russa

Le prime tranche di sanzioni adottate sin dal 23 febbraio 2022, hanno creato un immediato impatto negativo sulla produzione industriale russa, tant’è che dal picco di +9,1% di aumento tendenziale di gennaio dello stesso anno, è precipitata a -1,7% ad aprile, per restare in campo negativo fino a febbraio 2023, rimanendo sempre sopra la soglia del -2,0%, salvo dicembre (-2,2%) e gennaio (-2,9%) (grafico 3).

Tramite le contromisure di natura monetaria, commerciale ed economica, dopo la crisi economico-produttiva del 2022, Mosca è riuscita a invertire la fase di contrazione e a intraprendere quella espansiva sostenuta da un significativo incremento della spesa pubblica, soprattutto verso la produzione di armamenti e le spese militari in generale, queste ultime passate da una stima di 86,4 miliardi di dollari del 2022 a 149 miliardi del 2024.

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Fonte: Codice Rosso

Autore: 
Andrea Vento 

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Articolo tratto interamente da Codice Rosso

Quando tu guarderai il cielo...



"Quando tu guarderai il cielo, la notte, visto che io abiterò in una di esse, visto che io riderò in una di esse, allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero. Tu avrai, tu solo, delle stelle che saranno ridere!" E rise ancora. "E quando ti sarai consolato (ci si consola sempre), sarai contento di avermi conosciuto. Sarai sempre il mio amico. Avrai voglia di ridere con me. E aprirai a volte la finestra, così, per piacere... e i tuoi amici saranno stupiti di vederti ridere guardando il cielo. Allora tu dirai" Sì, le stelle mi fanno ridere! "E ti crederanno pazzo. T'avrò fatto un brutto scherzo..." e rise ancora. "Sarà come se t'avessi dato, invece delle stelle, mucchi di sonagli che sanno ridere..."  

Antoine de Saint-Exupéry 

Tratto da Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry


L'infinito di Giacomo Leopardi

Giacomo Leopardi verso colle Infinito a Recanati

L'infinito

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.

Giacomo Leopardi

Photo credit Claudio.stanco (Own work) [CC BY-SA 4.0], via Wikimedia Commons


Putin afferma che la Russia prevede di tagliare le spese militari a partire dal prossimo anno



Articolo da Wikinotícias

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su Wikinotícias

Venerdì (27), il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che la Russia intende ridurre le spese militari a partire dal prossimo anno, in contrasto con il piano della NATO di aumentare gli investimenti nella difesa nel prossimo decennio.

Mercoledì gli alleati della NATO hanno concordato di aumentare il loro obiettivo di spesa comune al 5 percento del prodotto interno lordo (PIL) nel prossimo decennio, citando quella che considerano una minaccia a lungo termine rappresentata dalla Russia e la necessità di rafforzare la resilienza civile e militare.

Nella sua prima risposta alla mossa, Putin ha dichiarato in una conferenza stampa a Minsk che la spesa della NATO sarebbe stata destinata ad "acquistare dagli Stati Uniti e sostenere il suo complesso militare-industriale", sottolineando che si trattava di una questione NATO, non russa. "Ma ora, ecco la cosa più importante. Stiamo pianificando di ridurre la spesa per la difesa. Per noi, l'anno prossimo e quello dopo ancora, nel prossimo triennio, abbiamo intenzione di farlo", ha affermato.

In queste dichiarazioni, il leader russo ha affermato che "l'Europa sta pensando a come aumentare la spesa" per la difesa. "Allora, chi si sta preparando a un'azione aggressiva? Noi o loro?", ha ribadito Putin, affermando che la Russia vuole porre fine al conflitto in Ucraina "con un esito che sia adatto" al Paese. "Contiamo su questo [che la spesa coprirà]. È esattamente ciò su cui contiamo, e non su piani aggressivi verso l'Europa e i Paesi della NATO. Noi intendiamo ridurre la spesa, e loro intendono aumentarla", ha ribadito.

D'altro canto, era convinto che l'aumento della spesa militare "non migliorerà la situazione della sicurezza" in Europa, ma avrà un effetto negativo sulla sua economia. "Noi, almeno, spendiamo miliardi (di rubli) principalmente per sostenere la nostra industria militare (...) e loro [i paesi europei] spenderanno il loro 5% per acquistare [armi] dagli Stati Uniti e sostenere il loro complesso militare-industriale. Ma questi sono affari loro", ha sottolineato.

Putin ha ribadito con enfasi che la Russia "non è aggressiva" e si è detto sorpreso che l'Occidente stia discutendo contemporaneamente della disastrosa situazione economica russa e dei presunti piani di attacco alla NATO. "Sembra logico?", ha continuato il leader. Giovedì, anche il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha minimizzato l'importanza dell'accordo tra i 32 alleati della NATO per aumentare la spesa per la difesa al 5% del PIL entro il 2035.

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Fonte: Wikinotícias

Autori: vari

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