martedì 5 novembre 2024

Eppure soffia...


Un giorno il denaro ha scoperto la guerra mondiale
Ha dato il suo putrido segno all'istinto bestiale
Ha ucciso, bruciato, distrutto in un triste rosario
E tutta la terra si è avvolta di un nero sudario

E presto la chiave nascosta di nuovi segreti
Così copriranno di fango persino i pianeti
Vorranno inquinare le stelle, la guerra tra i soli
I crimini contro la vita li chiamano errori

Eppure il vento soffia ancora
Spruzza l'acqua alle navi sulla prora
E sussurra canzoni tra le foglie
Bacia i fiori, li bacia e non li coglie

Pierangelo Bertoli

Tratto dal brano Eppure soffia di Pierangelo Bertoli


La curiosità



"La curiosità, non lo si ricorderà mai abbastanza, è il segno che si è vivi e ben vivi; la curiosità risolleva e arricchisce ad ogni istante questo mondo, vi cerca ciò che in fondo non smette di proiettarvi, è la modalità intellettuale del desiderio. Perciò, a meno che non sbocchi nel nirvana, l'incuriosità è un sintomo dei più allarmanti. In certe contrade dell'America latina, è consuetudine annunciare un decesso in questo modo: Un tale è diventato indifferente. Questo eufemismo da partecipazione funebre nasconde una filosofia profonda."

Emil Cioran


L'Angolo del Rockpoeta®: Valencia

Non poteva mancare un pensiero di Daniele Verzetti il Rockpoeta®, per la zona di Valencia e i suoi abitanti, colpiti dalla recente alluvione. Invito tutti ad ascoltare i suoi versi e lasciare una propria opinione.

Buona visione.

Angolo curato e gestito da Daniele Verzetti il Rockpoeta®


DANIELE VERZETTI ROCKPOETA®

Questo post, fa parte dell'iniziativa gli angoli. Se anche tu, vuoi avere uno spazio fisso in questo blog, clicca qui.


lunedì 4 novembre 2024

Io non resto in silenzio davanti al genocidio palestinese!


La situazione in Palestina è una delle più gravi violazioni dei diritti umani nel mondo. Milioni di persone sono state sfrattate, uccise, torturate e oppresse da un regime di occupazione illegale. Io non resto in silenzio davanti al genocidio palestinese. Alzo la mia voce per chiedere giustizia, pace e libertà per il popolo palestinese. 

Non si può restare insensibile davanti a questo genocidio, prendi posizione e condividi questo post, basta indifferenza!



La disastrosa alluvione di Valencia

Cotxes arrossegats per la DANA 2024 en Catarroja


Articolo da ECOR.Network

La provincia di Valencia affoga nel fango, conta i suoi morti, cerca i suoi dispersi in mezzo a uno scenario apocalittico. L’alluvione ha trasformato i suoi rigagnoli in fiumi in piena, che hanno travolto tutto: ponti, case, aree industriali, strade e autostrade, i fertili orti valenciani. L’orografia non aiuta la provincia di Valencia. Le montagne alle spalle e il Mediterraneo di fronte creano le condizioni ottimali per la formazione di nubi e la caduta di forti precipitazioni. Per questo la provincia è abituata da secoli ad avere a che fare con le alluvioni, ma non di questa magnitudine. Qualcosa è cambiato nella violenza degli eventi estremi, nella loro frequenza, nel loro ripetersi in successione in varie parti d’Europa. C’è un elemento catalizzatore conosciuto – il riscaldamento dei mari dovuto a decenni di crescita del riscaldamento globale – che rende palese il carattere sempre più strutturale degli eventi, e sempre più orientato verso il peggio.

“La disastrosa alluvione che ha colpito la provincia di Valencia nel pomeriggio-sera di martedì 29 ottobre 2024 è stata innescata da una serie di nubifragi autorigeneranti sviluppatisi all'interno della medesima depressione che nello scorso weekend aveva interessato il Nord-Ovest italiano…
La Comunità Valenzana non è nuova a questo tipo di episodi, essendo anzi tra le zone maggiormente propense allo sviluppo di violenti nubifragi autorigeneranti in Europa e nel Mediterraneo, insieme alla Catalogna, al Midi francese e alla Liguria, trovandosi alle spalle di un mare caldo che dispensa enormi quantità di energia e vapore acqueo per lo sviluppo dei sistemi temporaleschi, con la complicità di fattori orografici e dinamici locali. Oggi, dalla fisica dell'atmosfera e dagli studi di attribuzione del ruolo dei cambiamenti climatici antropogenici negli eventi estremi, sappiamo che mare e atmosfera più caldi rendono più intense e probabili precipitazioni violente come queste (e la superficie del Mediterraneo nel suo insieme in questi giorni è 1,0 °C sopra la media 1982-2015, secondo il SOCIB - Balearic Islands Coastal Observing and Forecasting System, su dati Copernicus), e ciò va a peggiorarne ulteriormente gli impatti, di per sé spesso già amplificati e complicati dall'interferenza con il territorio antropizzati 1”.

“Secondo AEMET, l'agenzia statale di meteorologia della Spagna, la precipitazione più intensa è stata registrata a Chiva, nell'entroterra 35 km a Ovest della costa di Valencia, con ben 491,2 mm in otto ore (pari alla media di un anno!), di cui 160 in un'ora. Si tratta di un valore tra i più elevati storicamente noti in Europa e nel bacino del Mediterraneo, all'incirca del medesimo ordine di grandezza dei 472 mm caduti in un tempo tuttavia ancora più breve (6 ore) il 25 ottobre 2011 a Brugnato (La Spezia), responsabili dell'alluvione delle Cinque Terre e della Val di Vara, e dei 496 mm piovuti sempre in 6 ore il 4 ottobre 2021 a Montenotte Inferiore (Savona), attuale record italiano su tale intervallo orario…
Sono quantità che nessun territorio, anche se correttamente (e giustamente) manutenuto, può sopportare senza gravi conseguenze”2.

Con buona pace di chi ancor oggi – di fronte degli impatti della crisi climatica -  identifica la questione principale nella manutenzione dell’esistente, dovrebbe ormai essere chiaro che il problema è proprio l’esistente, anche in termini di assetti dei territori e di politiche dei territori. Il disastro di Valencia è anche frutto dell’arrivo a un punto di rottura su entrambi i fronti. Da un lato mette drammaticamente in discussione i criteri di espansione delle città e delle periferie vicino ai corsi d’acqua, frutto delle speculazioni e delle politiche del territorio degli ultimi decenni, ma anche le conformazioni urbane ereditate da secoli, perché è prevalentemente sui corsi d’acqua, indispensabile alla vita, che si sono storicamente sviluppate le comunità umane ed hanno costruito le loro città.

Dall’altro palesa ancora una volta il livello di indifferenza di fronte alle catastrofi di classi dirigenti che hanno come unica priorità la salvaguardia dell’accumulazione del capitale.

Vediamo, su entrambi i fronti, cosa ha da insegnarci Valencia, guardandola dall’alto.
Dalle immagini satellitari dell’alluvione la città capoluogo appare divisa in due, nettamente, dall’alveo della deviazione del Rio Turia (l’unico che ha retto la piena). Salvi il centro storico, la città del turismo di massa e delle opere degli archistar. Indenne il primo porto portacontainer del Mediterraneo e la sua ZAL (Zona de Actividad Logística).

La devastazione si estende su tutta la parte sud della città: le varie zone industriali, il reticolo di reti stradali e autostradali e i poli logistici cresciuti negli anni per l’effetto trainante del porto. Comprende, soprattutto,  l’espansione delle urbanizzazioni abitative (nelle periferie o nelle municipalità dell’hinterland) sviluppate per assorbire sia le migrazioni verso Valencia, sia le migrazioni da Valencia di chi non poteva più permettersi il diritto all’abitare nella città del turismo. Zone industriali, reti autostradali, poli logistici, urbanizzazioni abitative che hanno cosparso di cemento la Huerta Valenciana (le campagne fertili coltivate e decantate per la loro bellezza fin dai tempi dei romani), e che sono sorte o sono state ampliate vicino ai corsi d’acqua.

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Fonte: 
ECOR.Network

Autore: Alexik


Licenza:  Licenza Creative Commons
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Articolo tratto interamente da 
ECOR.Network

Photo credit Manuel Pérez García and Estefania Monerri Mínguez., CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons


4 novembre 1966 - La piena dell'Arno raggiunge Firenze passando alla storia come l'Alluvione di Firenze



Articolo da Wikipedia, l'enciclopedia libera

L'alluvione del 4 novembre 1966 fa parte di una serie di straripamenti del fiume Arno che hanno mutato, nel corso dei secoli, il volto della città di Firenze. Avvenuta nelle prime ore di venerdì 4 novembre 1966, fu uno dei più gravi eventi alluvionali di sempre in Italia e si verificò a seguito di un'eccezionale ondata di maltempo che causò forti danni non solo a Firenze, ma anche a Pisa, in gran parte della Toscana e, più in generale, in tutto il Paese[1]. A Pisa questa alluvione causò il crollo del bellissimo ponte Solferino e in seguito di un gran tratto del lungarno Pacinotti, che franò in Arno.

Diversamente dall'immagine che in generale si ha dell'evento, l'alluvione non colpì solo il centro storico di Firenze, ma l'intero bacino idrografico dell'Arno, sia a monte sia a valle della città. Sommersi dalle acque furono anche diversi quartieri periferici della città come Rovezzano, Brozzi, Peretola, Quaracchi, svariati centri del Casentino e del Valdarno in Provincia di Arezzo, del Mugello (dove straripò anche il fiume Sieve), alcuni comuni periferici come Campi Bisenzio, Sesto Fiorentino, Lastra a Signa e Signa (dove strariparono i fiumi Bisenzio ed Ombrone Pistoiese e praticamente tutti i torrenti e fossi minori) e varie cittadine a valle di Firenze, come Empoli e Pontedera. Dopo il disastro, le campagne rimasero allagate per giorni, e molti comuni minori risultarono isolati e danneggiati gravemente. Nelle stesse ore, sempre in Toscana, una devastante alluvione causò lo straripamento del fiume Ombrone, che colpì gran parte della piana della Maremma e sommerse completamente la città di Grosseto.

Nel frattempo anche altre zone d'Italia vennero devastate dall'ondata di maltempo: molti fiumi del Veneto, come il Piave, il Cordevole, il Brenta e il Livenza, strariparono e ampie zone del Polesine furono allagate; in Friuli lo straripamento del Tagliamento coinvolse ampie zone e comuni del suo basso corso, come Latisana; in Trentino la città di Trento fu investita pesantemente dallo straripamento dell'Adige; a Venezia un'eccezionale acqua alta causò un'altra alluvione

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Novembre di Antonia Pozzi



Novembre

E poi se accadrà ch’io me ne vada
resterà qualche cosa
di me
nel mio mondo
resterà un’esile scìa di silenzio
in mezzo alle voci
un tenue fiato di bianco
in cuore all’azzurro
Ed una sera di novembre
una bambina gracile
all’angolo d’una strada
venderà tanti crisantemi
e ci saranno le stelle
gelide verdi remote
Qualcuno piangerà
chissà dove chissà dove
Qualcuno cercherà i crisantemi
per me
nel mondo
quando accadrà che senza ritorno
io me ne debba andare.

 Antonia Pozzi


Citazione del giorno


 "Che ci piaccia o no, siamo noi la causa di noi stessi."


Giordano Bruno

L'Italia ripudia la guerra!



"L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo."

Articolo 11 della Costituzione italiana


sabato 2 novembre 2024

49 anni dalla morte di Pasolini



La notte tra l'1 e il 2 novembre 1975, Pier Paolo Pasolini, uno dei più grandi intellettuali italiani, venne brutalmente assassinato all'Idroscalo di Ostia. La sua morte, avvenuta in circostanze misteriose e violente, ha lasciato un segno indelebile nella storia culturale e sociale del paese. Pasolini fu massacrato di botte e travolto dalla sua stessa auto; il suo corpo venne ritrovato da una passante il mattino seguente, in uno stato straziante1

Nonostante le indagini e le condanne, la verità sull'omicidio di Pasolini rimane avvolta nel mistero. Pino Pelosi, un giovane di diciassette anni, fu arrestato e confessò l'omicidio, sostenendo che il delitto scaturì da un incontro omosessuale degenerato in violenza. Tuttavia, molteplici indizi suggeriscono che non fosse solo: tracce di DNA di altre persone furono rinvenute sulla scena del crimine, alimentando l'ipotesi di un omicidio premeditato con complici ignoti.

A 49 anni dalla sua morte, Pasolini continua a essere un simbolo di libertà di espressione e di denuncia sociale. La sua eredità vive attraverso le sue opere, che affrontano temi di giustizia sociale, sessualità e cultura. Ricordiamo Pasolini non solo per la sua tragica fine, ma anche per il suo coraggio nel mettere in discussione le convenzioni della società del suo tempo. La ricerca della verità sul suo omicidio è ancora aperta e rappresenta un capitolo doloroso della storia italiana.


L'autore di questo post, si è riservato il diritto di restare in anonimato, quindi non verrà rivelata l'identità e la fonte.

Autore: Anonimo

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La gente si smarrisce dietro ai mille piccoli dettagli...


"La gente si smarrisce dietro ai mille piccoli dettagli che qui ti vengono quotidianamente addosso, e in questi dettagli si perde e annega. Così non tiene più d'occhio le grandi linee, smarrisce la rotta e trova assurda la vita. Le poche cose grandi che contano devono essere tenute d'occhio, il resto si può tranquillamente lasciar cadere. E quelle poche cose grandi si trovano dappertutto, dobbiamo riscoprirle ogni volta in noi stessi per poterci rinnovare alla loro sorgente."

Etty Hillesum


Comunicazione di servizio



Invito rivolto a tutti gli amici blogger


Vi prego di controllare se siete presenti nel blog roll in basso a destra. Se non trovate il vostro blog, sarò ben lieto d'inserirvi nella lista dei blog amici.
Grazie mille per l'aiuto.




Citazione del giorno

 

"Alcuni vedono le cose come sono e dicono perché? Io sogno cose non ancora esistite e chiedo perché no?"

George Bernard Shaw


'A livella di Totò

'A livella è una poesia in italiano e napoletano scritta da Totò nel 1964. Questi versi sono allo stesso tempo grandiosi e significativi, di fronte alla morte siamo tutti uguali, senza distinzioni di classe.

Molte volte mi sono chiesto a che serve la cattiveria di tante persone nel mondo, alla fine tutti siamo mortali, meglio farsi ricordare per le buone azioni in vita, che per questa crudeltà sempre più diffusa e cinica.




Video credit giovannisoap caricato su YouTube


Io so...



"Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.

Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.

Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio "progetto di romanzo", sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il '68 non è poi così difficile.

Tale verità - lo si sente con assoluta precisione - sta dietro una grande quantità di interventi anche giornalistici e politici: cioè non di immaginazione o di finzione come è per sua natura il mio. Ultimo esempio: è chiaro che la verità urgeva, con tutti i suoi nomi, dietro all'editoriale del "Corriere della Sera", del 1° novembre 1974.

Probabilmente i giornalisti e i politici hanno anche delle prove o, almeno, degli indizi.

Ora il problema è questo: i giornalisti e i politici, pur avendo forse delle prove e certamente degli indizi, non fanno i nomi.

A chi dunque compete fare questi nomi? Evidentemente a chi non solo ha il necessario coraggio, ma, insieme, non è compromesso nella pratica col potere, e, inoltre, non ha, per definizione, niente da perdere: cioè un intellettuale.

Un intellettuale dunque potrebbe benissimo fare pubblicamente quei nomi: ma egli non ha né prove né indizi.

Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col potere, ha escluso gli intellettuali liberi - proprio per il modo in cui è fatto - dalla possibilità di avere prove ed indizi.

Mi si potrebbe obiettare che io, per esempio, come intellettuale, e inventore di storie, potrei entrare in quel mondo esplicitamente politico (del potere o intorno al potere), compromettermi con esso, e quindi partecipare del diritto ad avere, con una certa alta probabilità, prove ed indizi.

Ma a tale obiezione io risponderei che ciò non è possibile, perché è proprio la ripugnanza ad entrare in un simile mondo politico che si identifica col mio potenziale coraggio intellettuale a dire la verità: cioè a fare i nomi.

Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia."

 Pier Paolo Pasolini


Il giorno dei morti di Giovanni Pascoli


Il giorno dei morti 

Io vedo (come è questo giorno, oscuro!),
vedo nel cuore, vedo un camposanto
con un fosco cipresso alto sul muro.

E quel cipresso fumido si scaglia
allo scirocco: a ora a ora in pianto
sciogliesi l’infinita nuvolaglia.

O casa di mia gente, unica e mesta,
o casa di mio padre, unica e muta,
dove l’inonda e muove la tempesta;

o camposanto che sì crudi inverni
hai per mia madre gracile e sparuta,
oggi ti vedo tutto sempiterni

e crisantemi. A ogni croce roggia
pende come abbracciata una ghirlanda
donde gocciano lagrime di pioggia.

Sibila tra la festa lagrimosa
una folata, e tutto agita e sbanda.
Sazio ogni morto di memorie, posa.

Non i miei morti. Stretti tutti insieme,
insieme tutta la famiglia morta,
sotto il cipresso fumido che geme,

stretti così come altre sere al foco
(urtava, come un povero, alla porta
il tramontano con brontolìo roco)

piangono. La pupilla umida e pia
ricerca gli altri visi a uno a uno
e forma un’altra lagrima per via.

Piangono, e quando un grido ch’esce stretto
in un sospiro, mormora, Nessuno!…
cupo rompe un singulto lor dal petto.

Levano bianche mani a bianchi volti,
non altri, udendo il pianto disusato,
sollevi il capo attonito ed ascolti.

Posa ogni morto; e nel suo sonno culla
qualche figlio de’ figli, ancor non nato.
Nessuno! i morti miei gemono: nulla!

— O miei fratelli! — dice Margherita,
la pia fanciulla che sotterra, al verno,
si risvegliò dal sogno della vita:

— o miei fratelli, che bevete ancora
la luce, a cui mi mancano in eterno
gli occhi, assetati della dolce aurora;

o miei fratelli! nella notte oscura,
quando il silenzio v’opprimeva, e vana
l’ombra formicolava di paura;

io veniva leggiera al vostro letto;
Dormite! vi dicea soave e piana:
voi dormivate con le braccia al petto.

E ora, io tremo nella bara sola;
il dolce sonno ora perdei per sempre
io, senza un bacio, senza una parola.

E voi, fratelli, o miei minori, nulla!…
voi che cresceste, mentre qui, per sempre,
io son rimasta timida fanciulla.

Venite, intanto che la pioggia tace,
se vi fui madre e vergine sorella:
ditemi: Margherita, dormi in pace.

Ch’io l’oda il suono della vostra voce
ora che più non romba la procella:
io dormirò con le mie braccia in croce.

Nessuno! — Dice; e si rinnova il pianto,
e scroscia l’acqua: un impeto di vento
squassa il cipresso e corre il camposanto.

— O figli — geme il padre in mezzo al nero
fischiar dell’acqua — o figli che non sento
più da tanti anni! un altro cimitero

forse v’accolse, e forse voi chiamate
la vostra mamma, nudi abbrividendo
sotto le nere sibilanti acquate.

E voi le braccia dall’asil lontano
a me tendete, siccome io le tendo,
figli, a voi, disperatamente invano.

O figli, figli! vi vedessi io mai!
io vorrei dirvi che in quel solo istante
per un’intera eternità v’amai.

In quel minuto avanti che morissi,
portai la mano al capo sanguinante,
e tutti, o figli miei, vi benedissi.

Io gettai un grido in quel minuto, e poi
mi pianse il cuore: come pianse e pianse!
e quel grido e quel pianto era per voi.

Oh! le parole mute ed infinite
che dissi! con qual mai strappo si franse
la vita viva delle vostre vite.

Serba la madre ai poveri miei figli:
non manchi loro il pane mai, nè il tetto,
nè chi li aiuti, nè chi li consigli.

Un padre, o Dio, che muore ucciso, ascolta:
aggiungi alla lor vita, o benedetto,
quella che un uomo, non so chi, m’ha tolta.

Perdona all’uomo, che non so; perdona:
se non ha figli, egli non sa, buon Dio…
e se ha figlioli, in nome lor perdona.

Che sia felice; fagli le vie piane;
dagli oro e nome; dàgli anche l’oblio;
tutto: ma i figli miei mangino il pane.

Così dissi in quel lampo senza fine;
Vi chiamai, muto, esangue, a uno a uno,
dalla più grandicella alle piccine.

Spariva a gli occhi il mondo fatto vano.
In tutto il mondo più non era alcuno.
Udii voi soli singhiozzar lontano —

Dice; e più triste si rinnova il pianto;
più stridula, più gelida, più scura
scroscia la pioggia dentro il camposanto.

— No, babbo, vive, vivono — Chi parla?
Voce velata dalla sepoltura,
voce nuova, eppur nota ad ascoltarla,

o mio Luigi, o anima compagna!
come ti vedo abbrividire al vento
che ti percuote, all’acqua che ti bagna!

come mutato! sembra che tu sia
un bimbo ignudo, pieno di sgomento,
che chieda, a notte, al canto della via.

— vivono, vive. Non udite in questa
notte una voce querula, argentina,
portata sino a noi dalla tempesta?

È la sorella che morì lontano,
che in questa notte, povera bambina,
chiama chiama dal poggio di Sogliano.

Chiama. Oh! poterle carezzare i biondi
riccioli qui, tra noi; fuori del nero
chiostro, de’ sotterranei profondi!

Un’altra voce tu, fratello, ascolta;
dolce, triste, lontana: il tuo Ruggiero;
in cui, babbo, moristi un’altra volta.

Parlano i morti. Non è spento il cuore
nè chiusi gli occhi a chi morì cercando,
a chi non pianse tutto il suo dolore.

E or per quanto stridula di vento
ombra ne dividesse, a quando a quando
udrei, come da vivo, il tuo lamento,

o mio Giovanni, che vegliai, che ressi,
che curai, che difesi, umile e buono,
e morii senza che ti rivedessi!

Avessi tu provato di quell’ora
ultima il freddo, e or quest’abbandono,
gemendo a noi ti volgeresti ancora —

— Ma se vivete, perchè, morti cuori,
solo è la nostra tomba illacrimata,
solo la nostra croce è senza fiori? —

Così singhiozza Giacomo: poi geme:
— Quando sola restò la nidïata,
Iddio lo sa, come vi crebbi insieme:

se con pia legge l’umili vivande
tra voi divisi, e destinai de’ pani
il più piccolo a me, ch’ero il più grande;

se ribevvi le lagrime ribelli
per non far voi pensosi del domani,
se il pianto piansi in me di sei fratelli;

se al sibilar di questi truci venti,
al rombar di quest’acque, io suscitava
la buona fiamma d’eriche e sarmenti;

e io, quando vedea rosso ogni viso,
e più rossi i più piccoli, tremava
sì, del mio freddo, ma con un sorriso.

Ma non per me, non per me piango: io piango
per questa madre che, tra l’acqua, spera,
per questo padre che desìa, nel fango;

per questi santi, o fratel mio, che vivi;
di cui morendo io ti dicea… ma era
grossa la lingua e forse non udivi —

Io vedo, vedo, vedo un camposanto,
oscura cosa nella notte oscura:
odo quel pianto della tomba, pianto

d’occhi lasciati dalla morte attenti,
pianto di cuori cui la sepoltura
lasciò, ma solo di dolor, viventi.

L’odo: ora scorre libero: nessuno
può risvegliarsi, tanto è notte, il vento
è così forte, il cielo è così bruno.

Nessuno udrà. La povera famiglia
può piangere. Nessuno, al suo lamento,
può dire: Altro è mio figlio! altra è mia figlia!

Aspettano. Oh! che notte di tempesta
piena d’un tremulo ululo ferino!
Non s’ode per le vie suono di pesta.

Uomini e fiere, in casolari e tane,
tacciono. Tutto è chiuso. Un contadino
socchiude l’uscio del tugurio al cane.

Piangono. Io vedo, vedo, vedo. Stanno
in cerchio, avvolti dall’assidua romba.
Aspetteranno, ancora, aspetteranno.

I figli morti stanno avvinti al padre
invendicato. Siede in una tomba
(io vedo, io vedo) in mezzo a lor, mia madre.

Solleva ai morti, consolando, gli occhi,
e poi furtiva esplora l’ombra. Culla
due bimbi morti sopra i suoi ginocchi.

Li culla e piange con quelli occhi suoi,
piange per gli altri morti, e per sè nulla,
e piange, o dolce madre! anche per noi;

e dice: — Forse non verranno. Ebbene,
pietà! Le tue due figlie, o sconsolato,
dicono, ora, in ginocchio, un po’ di bene.

Forse un corredo cuciono, che preme:
per altri: tutto il giorno hanno agucchiato,
hanno agucchiato sospirando insieme.

E solo a notte i poveri occhi smorti
hanno levato, a un gemer di campane;
hanno pensato, invidïando, ai morti.

Ora, in ginocchio, pregano Maria
al suon delle campane, alte, lontane,
per chi qui giunse e per chi resta in via,

là; per chi vaga in mezzo alla tempesta,
per chi cammina, cammina, cammina;
e non ha pietra ove posar la testa.

Pietà pei figli che tu benedivi!
In questa notte che non mai declina,
orate requie, o figli morti, ai vivi! —

O madre! Il cielo si riversa in pianto
oscuramente sopra il camposanto.

Giovanni Pascoli


Raccontare la propria vita non è cosa da tutti...


"Raccontare la propria vita non è cosa da tutti. Certo, chiunque può ricordare gli episodi, cercare di storicizzare, fare riflessioni su come passa il tempo e come cambiano le cose. Ma l'odore della povertà misto a quello del sugo della domenica, i richiami delle mamme ai figli discoli che non tornano per cena, l'allegria irrecuperabile del mercato, le chiacchiere sui marciapiedi… E poi i «faccio un goccio d'acqua» sui muri ancora freschi di calce, la partita a tressette, la vita in strada, le donne ai davanzali, i discorsi dei disoccupati… Tutto questo, come puoi farlo rivivere in chi legge se non c'era? Forse non è stato neppure come lo ricordi tu, perché nel ricordo hai enfatizzato qualcosa, e qualcos’altro hai rimosso."

Gigi Proietti


venerdì 1 novembre 2024

Salviamo il pianeta Terra!




Il nostro pianeta rischia seriamente di morire, la natura e le specie viventi sono in via d'estinzione e l'unico colpevole di tutto questo è l'uomo. Nei secoli, persone senza scrupoli e avidi di profitti, hanno distrutto la nostra bellissima Terra e se non si agisce adesso, rischiamo una grande estinzione di massa.


Basta essere indifferente è l'ora di agire: salviamo il pianeta!




Video credit 96LF caricato su YouTube


DANA, il campione di un futuro non troppo lontano

Consum supermarket in Alginet with the façade and part of the building destroyed by the tornado (Alginet, Ribera Alta)


Articolo da Al Descubierto

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su Al Descubierto

Una volta che sembra che il peggio di DANA, che ha causato il caos nella Regione Valenciana, sia passato , è tempo di parlare di alcune delle cause di questa tempesta e delle conseguenze che si sono manifestate durante la tempesta. Questi ci ricordano l’ovvia lotta sociale che determinerà il prossimo secolo della nostra società: la lotta contro il cambiamento climatico e il suo impatto sulla nostra vita quotidiana. Tra le cause troviamo alcuni effetti del cambiamento climatico e l’inefficacia politica per affrontarlo.

Come è stato osservato negli ultimi decenni, gli effetti dei cambiamenti climatici sono più evidenti e producono effetti sulle zone più costiere, come Murcia e la Comunità Valenciana. Jorge Olcina, professore di Geografia all'UA, nel suo articolo "Perché ci sono ancora inondazioni a Segura?", sottolinea tra le conseguenze del cambiamento climatico: "Siamo immersi in un processo di riscaldamento termico di causa antropica e questo si sta già manifestando nel funzionamento di alcuni processi atmosferici nella nostra regione mediterranea". Di conseguenza, il Mar Mediterraneo si sta riscaldando e c’è una maggiore possibilità che si verifichi un calo freddo.

L'inefficienza politica sarebbe un altro problema. Nella Regione Valenciana sono 270 i comuni che si trovano in zone a rischio inondazioni. Negli ultimi anni sono stati compiuti alcuni progressi nella legislazione, come il "Piano Patricova", sulla prevenzione del rischio di inondazioni nella Regione Valenciana, ma lascia molto a desiderare non fornendo risposte a un problema che è strutturale: il nostro modello. della società attuale

DANA, inefficacia e fattori strutturali

A tutto ciò si aggiunge l'inefficacia delle istituzioni pubbliche, come le diverse Confederazioni Idrografiche , che non hanno mantenuto i canali fluviali che sono straripati, provocando l'allagamento e l'isolamento di diversi comuni. Le conseguenze della caduta del freddo sono state diverse. Villaggi allagati e isolati, migliaia di sfollati e più di 150 morti. Questa è la parte più visiva, ma avvicinando l'obiettivo allo sfondo è possibile vedere alcuni motivi strutturali.

Da un lato, mentre alcuni privilegiati possono fuggire dalle zone più colpite, la maggior parte dei lavoratori sono costretti a restare per salvare quel poco che hanno , necessario per vivere, e costretti a dedicarsi al proprio lavoro. Le grandi fortune possono superare il problema climatico, mentre la classe operaia è quella che soffre maggiormente le conseguenze del cambiamento climatico.

Un altro fattore può essere osservato nel modo in cui hanno agito le grandi aziende e le multinazionali, in gran parte responsabili dell’accelerazione del processo di cambiamento climatico, che hanno sovrapposto i loro interessi produttivi ed economici alla vita dei lavoratori . In alcuni dei comuni che più hanno sofferto la tempesta, come Torrent o Paiporta, si sono viste scene surreali: addetti alle consegne a domicilio che lavorano durante la tempesta, grandi franchising che costringono i lavoratori a inviare loro video che spiegano i motivi per cui non potevano andare al lavoro o supermercati inondati di operai che attingono l'acqua con secchi. Menzione speciale ai lavoratori isolati, con i soccorsi nel settore dei trasporti di conducenti intrappolati su strade e autostrade o di lavoratori che hanno dovuto passare la notte nelle strutture perché non sono stati evacuati in tempo. Come sempre, le classi popolari stanno subendo le conseguenze che quelle al vertice continuano a causare. 

Modello produttivo al di sopra della vita

Da tutti questi fattori si possono trarre diverse conclusioni. Le grandi potenze economiche antepongono il modello riproduttivo e produttivo ai diritti più elementari dei lavoratori. Lo sfruttamento non si baserà più solo su una qualità di vita più o meno alta, ma anche sulla sopravvivenza quotidiana per poter lavorare. Di fronte a ciò, le classi popolari devono alzarsi e non tollerare queste azioni degli imprenditori capitalisti, degli sfruttatori e dei proprietari di schiavi. Non permettere che i poteri economici prevalgano sulla vita.

Il cambiamento climatico è un effetto reale e inarrestabile causato da un sistema basato sulla sovrapproduzione e sul sovrasfruttamento dell’ecosistema. La società deve muoversi verso l’ecosocialismo dove vengono sollevati i grandi vizi del modello attuale. Ciò sarà possibile solo decostruendo il modello produttivo e sociale , riuscendo così ad affrontare i principali problemi causati dal cambiamento climatico.

E per questo possiamo prendere come esempio alcuni movimenti come Extinction Rebellion o Futuro Vegetal, che stanno avviando processi di lotta sociale contro questo sistema. Solo attraverso il movimento popolare e il potere di autorganizzazione si potrà combattere le grandi potenze economiche che non cambieranno il sistema in modo pacifico.

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Fonte: Al Descubierto

Autore: Cecilio Esteve


Articolo tratto interamente da 
Al Descubierto

Photo credit Eidursson, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons


Proverbio del giorno

 

Non solo il giorno, ma tutte le cose hanno il loro mattino.

Proverbio francese


L'affinità elettiva è una circostanza eccezionale...


"L'affinità elettiva è una circostanza eccezionale. Essa è caratterizzata dall'incontro di due soggettività tra le quali si stabilisce repentinamente una sintonia totale, che investe il corpo non meno dell'anima. Una sintonia siffatta non implica né l'identità dei soggetti né la loro complementarietà. Essa attesta che, per alcuni aspetti significativi, che riguardano il modo di sentire, di pensare e di agire, due mondi di esperienza vibrano all'unisono e pertanto realizzano, tra loro, un'intimità che non può essere espressa dalle parole: un'intimità viscerale, le cui radici affondano nell'inconscio."

Johann Wolfgang von Goethe



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Nun te vortà...


"Nun te vortà perchè vive è come scalà le montagne, nun te devi guardà alle spalle

artrimenti rischi de avecce le vertigini, 

devi d'annà avanti, avanti e avanti 

senza rimpiagne quello che te sei lasciato de dietro, 

perchè sè arimasto dietro significa che nun te voleva accompagnà ner viaggio."

Aldo Fabrizi


Novembre di Sergio Ortolani



Novembre

Vedo la casa tua china sugli orti
maceri, il fiume gonfio, il cielo scuro;
e pensosa seguir ti raffiguro
le foglie morte giù dai rami morti.

Anch'io recluso medito le lente
ore. La pioggia tremula s'adagia.
L'ombra bianchiccia come la bambagia
ricolma le contrade sonnolente.

Esco, e ti penso. Vedo il tuo vestire,
ma contro voglia, neghittosamente.
T'aspetto in piazza tra la poca gente
che borbotta: comincia a rinfreddire.

Ecco, tu passi, bianca fuggitiva,
lieve falena delle nere strade;
e sul mio sguardo che ti brucia viva
sento il tuo sguardo, gocciola che cade.

Sergio Ortolani


Momenti



"Ciò che nella vita rimane, non sono i doni materiali, ma i ricordi dei momenti che hai vissuto e ti hanno fatto felice. La tua ricchezza non è chiusa in una cassaforte, ma nella tua mente.
È nelle emozioni che hai provato dentro la tua anima."

Alda Merini 


Questi i risultati della pace e della libertà...


"Questi i risultati della pace e della libertà: lavorare e costruire per il bene degli uomini, di tutti gli uomini; non uccidere, distruggere e conquistare con la forza delle armi, ma vivere con il lavoro per la fratellanza e l'aiuto reciproco."

Mario Rigoni Stern


 

La nostra storia ci dovrebbe insegnare che la democrazia...



"La nostra storia ci dovrebbe insegnare che la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati, attraverso la responsabilità di tutto un popolo. Dovremmo riflettere sul fatto che la democrazia non è solo libere elezioni, non è solo progresso economico. E’ giustizia, è rispetto della dignità umana, dei diritti delle donne. E’ tranquillità per i vecchi e speranza per i figli. E’ pace."

Tina Anselmi


Pollice su e giù della settimana



 



Buon mese di novembre a tutti

 


"Novembre: ecco la prima nebbia, e poi la pioggia fitta e sottile a lavare la schiena dei giorni, a infilare nei petti un respiro più umido."

Fabrizio Caramagna


Buon mese di novembre a tutti!