Articolo da Progetto Melting Pot Europa
La nostra vita, la nostra quotidianità, il nostro "essere" umani raccoglie una miriade di parole, conversazioni, discorsi, incontri e scontri lessicali, schiamazzi ed urla, bisbiglii, detti e non detti, pensieri. In un unico grande calderone milioni di parole raccontano chi siamo o chi, per lo meno, vorremmo essere.
Prima della parola, siamo tutti neonati, innocenti creature che si esprimono attraverso gesti significanti che, per quanto capibili, restano interpretabili. Con il dono della parola ci posizioniamo in una determinata fascia sociale e iniziamo a dare un peso specifico al nostro lessico, diamo valore, appunto, alla parola.
Il significato culturale della parola trascende dalla parola stessa e, come ci insegnano gli antichi latini, la parola può diventare un mezzo di potere che supera l’arma più tecnologica o l’esercito invincibile; prima di diventare "fisicamente" violente, le grandi dittature Novecentesche si sono appropriate delle parole, del lessico, per far breccia negli uomini e nelle donne del tempo e per dare una spiegazione "logica" ad azioni che oggi ci sembrano determinate da pura follia; durante il regime fascista Mussolini portò avanti una vera a propria "bonifica" delle parole volta a «recuperare la purezza dell’idioma patrio» (Mussolini, 1931) ingabbiando così le parole in slogan semplici, di facile comprensione, macisti. Il Me ne frego! è un classico esempio.
Gli stessi slogan che oggi, in una società addormentata o connivente, danno la stura ad un pensiero unico (o massimalista) che riprende il gergo delle dittature e sposta il significato in base a contenuti che devono arrivare "alla pancia" delle persone, devono essere efficaci, diretti, chiari, bonificati, appunto, per tutti e tutte. L’inizio di questo spostamento, una quindicina d’anni fa circa, proprio in concomitanza con l’avvento e l’uso massiccio di internet e dei social network, con il recupero del concetto di degrado, via via diventato sinonimo di povertà, emarginazione, immigrazione (chi non ricorda l’avvento dei sindaci - sceriffi, quota PD) e il ritorno in auge del concetto, del tutto inventato e Ottocentesco, di patria declinato poi nelle varie accezioni ragionali (vedi il Paroni a casa nostra tipicamente veneto).
Il passo è stato brevissimo e l’uso delle parole, accostato ad un mondo del tutto virtuale (Facebook e Twitter su tutti), è diventato il mezzo per conquistare folle gaudenti tra selfie gioiosi e sfogatoi di massa che rasentano la grande ignoranza di un Paese assuefatto alla virtualità dell’odio e della violenza. Che poi, in breve, si è trasformata in realtà (vedi i numerosissimi atti di violenza contro migranti e minoranze che continuano a riempire le cronache italiane).
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Fonte: Progetto Melting Pot Europa
Autore: Matteo De Checchi
Licenza: Creative Commons (non specificata la versione)

Articolo tratto interamente da Progetto Melting Pot Europa
Sono d'accordo sul fatto che la nostra società si stia imbarbarendo.
RispondiEliminaSui social si versano troppe parole.
Almeno una volta si aveva il buongusto di tacere e di tenersi per se' certe esternazioni :)
Troppo odio in giro.
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