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lunedì 24 novembre 2025

Dal silenzio alla ribellione: storie di coraggio femminile



Articolo da Cultweek

Verso il 25 novembre. Un libro, ‘Vivere con gli uomini” della filosofa Manon Garcia sulla vicenda di Giséle Pelicot, e un film, ‘Io sono Nevenka’ della regista spagnola Iciar Bollain, danno voce alle donne che spezzano il silenzio, facendo un dono costoso e prezioso a tutte le altre 

Verso il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne. Gli anni passano, i dati restano orribili, le vite delle donne continuano ad essere segnate da questa costante minaccia, in tutte le possibili e differenti declinazioni. Si rischia e si teme – ed un qualunque caporedattore direbbe che questo attacco non va bene ma è la realtà – di ripetere le stesse cose, di non trovare modi nuovi per dire dello sgomento e della frustrazione che si prova ancora una volta a constatare quanta strada c’è da fare, quanto dolore costano la libertà femminile e i colpi di coda di quello che per brevità chiamiamo patriarcato, e che ha dentro arretratezza culturale, analfabetismo relazionale, autorizzazione a considerare l’altra un soggetto minore e un corpo a disposizione. E strutture sociali che tutto questo sostengono e confermano ribadendo la diseguaglianza.

Quanto dolore costi anche ribellarsi lo abbiamo letto e visto in due oggetti culturali, un libro e un film, che vorremmo fossero letti e visti da tanti – donne ma soprattutto uomini – perché, nell’enorme diversità delle storie, hanno in comune una limpida capacità di sguardo sui meccanismi della violenza maschile. Talmente limpida da far male perché non occulta e scruta la complessità e la contraddizione che si annidano nelle relazioni tra i sessi, tenendo altrettanto esplicito e fermo il punto da cui si guarda e si racconta. Un libro dunque: chi scrive considera quello firmato da Manon Garcia, filosofa politica francese che ha molto lavorato sul concetto di consenso divenuto centrale anche a livello legislativo, il saggio più importante letto quest’anno. 

Vivere con gli uomini. Che cosa ci insegna il caso Pelicot‘ , tradotto per Einaudi da Luciana Cisbani è, si potrebbe dire, un reportage filosofico: cronaca dei mesi passati in aula al processo per gli stupri di Mazan – il marito e altri cinquanta uomini condannati per avere stuprato per molti anni Gisèle Pelicot, sedata a questo fine – e insieme, come dice l’autrice, riflessione su tutte le questioni filosofiche che le appartengono da sempre. Come alla regista spagnola lacíar Bollaín appartiene da sempre il lavoro sulla violenza maschile: l’autrice di ‘Ti dò i miei occhi’ (2003) uno dei film fondamentali sulla violenza domestica quando ancora poco se ne parlava e se ne sapeva, firma oggi ‘Io sono Nevenka’, storia vera di Nevenka Fernández, la prima donna spagnola che nel 2000 denunciò per molestie sessuali il suo capo, il sindaco di Ponferrada. L’ho fatto per una sola parola, dice la protagonista: la mia dignità.

Sono Giséle Pelicot e Nevenka Fernàndez due donne che si sono ribellate: al silenzio prima e allo statuto di vittima, nel quale molta narrazione mainstream vuole congelare le donne che hanno vissuto sulla loro pelle la violenza degli uomini. Pelicot ha portato in aula il marito di lunga data, il padre all’apparenza ‘buono’ dei propri figli, regista per dieci anni di un teatro dello stupro in cui – lei a sua insaputa sedata dai farmaci – si sono alternati circa ottanta uomini, 50 dei quali processati e condannati. Il tutto filmato, catalogato e archiviato: una gigantesca prova a carico, ma anche una storia del limite pur se in un contesto borghese. Potrebbe aprire, questa storia, la scappatoia nota: Dominique Pelicot è un malato, gli altri, da lui contattati in rete, dei pervertiti, io sono altro, sono perbene. E invece: il resoconto minuzioso di Manon Garcia delle udienze, la sfilata di uomini che potremmo incontrare ogni giorno sull’autobus, al lavoro, davanti alla scuola dei figli e che, a proposito di dolorose contraddizioni, nel processo continuano ad avere donne accanto e soprattutto i loro tentativi di giustificazione squadernano la normalità del male e, come ha scritto Les Inrockuptibles, il disastro della sessualità maschile. Come vivere con gli uomini se questi sono gli uomini si chiede Garcia tornando a casa dal suo compagno. E’ vero o falso che chiunque, potendo, stuprerebbe una donna sedata per poi dire ” Lui mi aveva detto che lei faceva finta di dormire, che era una loro fantasia”? Oppure: “Non c’è stupro, sono stato gentile, non le ho fatto male”. E ancora: “Visto che il marito aveva dato il permesso per me lei era d’accordo”. Il disastro della sessualità maschile è dunque prima ancora l’oceano dell’inconsapevolezza di sé e delle proprie pulsioni, dell’incapacità di guardare l’altra come persona, soggetto che sceglie e non corpo a disposizione di un’autorizzazione maschile, forgiata da secoli di diseguaglianza. Uno degli imputati è arrivato a dire che si è recato nella villetta dei Pelicot e ha stuprato Giséle perché, essendo la compagna incinta, da tempo non faceva sesso.
“La vergogna deve cambiare campo”, ha detto Giséle Pelicot acconsentendo a che in aula venissero proiettati i filmati di quegli atroci stupri: non si può non pensare quanto viene chiesto alle donne che non tacciono, e che pagano per questo ulteriori prezzi, persino quello di diventare un simbolo, laddove per la propria vita si era costruito altro e lontano da ogni riflettore. E pure dalla parte di chi osserva, ci dice Garcia, non si esce immutate dai tre mesi di un processo del genere, non si passa indenni dall’immersione nelle carte e nella narrazione che ne fanno i media, si sottopongono a radiografia serrata parole come normalità, consenso, relazione. E anche qui e ancora: questo libro necessario lo ha scritto una donna, una filosofa usando gli strumenti del suo mestiere, ancora una volta a noi il compito di interrogare, spiegare, scavare.

E raccogliere il coraggio, dare spazio alla forza femminile: questo fa, senza pietismi o indulgenze ma con grande pulizia concettuale che non scappa dalle pieghe più controverse della vicenda, il film di Bollain che racconta il primo caso di denuncia per molestie sessuali sul lavoro avvenuto nel suo paese, quella Spagna che, va ricordato, dai primi anni duemila ha messo al centro del discorso pubblico e della legislazione la questione della violenza maschile.

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Fonte: Cultweek

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Cultweek


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