Articolo da Media Inaf
Tra le rovine dell'antica città di Ugarit, nel 1948 è stata rinvenuta una tavoletta d’argilla sulla quale sembra essere riportata, in caratteri cuneiformi, la descrizione di un’eclissi totale di Sole. Se fosse davvero così, si tratterebbe della prima testimonianza scritta di un'eclissi solare, presumibilmente avvenuta 3247 anni fa. Sebbene la questione sia ancora controversa, vediamo quali sono gli indizi usati per datarla.
Tra le rovine dell’antica città di Ugarit – una delle più antiche città del mondo, l’attuale Ras Shamra, in Siria – sono state rinvenute oltre mille tavolette di argilla sulle quali sono incisi testi risalenti a un periodo compreso tra il XIV e XII secolo a.C., conservate in diversi archivi della città. Una in particolare ha destato l’attenzione degli astronomi: scoperta nel 1948 in quello che un tempo era l’Archivio del Palazzo Occidentale, la tavoletta denominata Ktu 1.78 sembra riportare, in caratteri cuneiformi, la descrizione di un’eclissi totale di Sole.
Parecchi sono gli studi che hanno cercato di stabilire la data di questa presunta eclissi, sfruttando diversi indizi e calcoli astronomici, e a dirla tutta la questione rimane controversa. Ma assecondiamo l’ipotesi suggestiva che l’incisione riporti davvero questo fenomeno astronomico perché, se così fosse, si tratterebbe della prima testimonianza scritta di una eclissi solare, e vediamo di capire di quale eclissi si potrebbe trattare.
Il contenuto dell’archivio in cui è stata ritrovata la tavoletta in questione mostra che è stato utilizzato per tutto il terzo periodo dell’Età del Bronzo (dal 1350 al 1175 a.C.). Tuttavia, tra i diversi generi rinvenuti nei vari archivi di Ugarit, sembrano essere stati conservati per tutto questo periodo solo i testi giuridici e i trattati. Gli altri testi rinvenuti risalgono all’ultimo mezzo secolo di esistenza di Ugarit. Pertanto, è probabile che Ktu 1.78 risalga alla seconda metà del XIII secolo o al primo quarto del XII secolo prima di Cristo.
Il testo riportato sulla tavoletta Ktu 1.78 è stato studiato in dettaglio da Sawyer e Stephenson nel 1970, i quali sono stati i primi a ipotizzare che l’evento astronomico descritto poteva riferirsi a una eclissi totale di Sole. Negli anni ‘80 il testo è stato studiato nuovamente da van Soldt, che ha proposto una traduzione sibillina che suona più o meno così:
Il … giorno di luna nuova del (mese) hiyaru il Sole calò, il suo custode fu Ršp.
Il significato della parola lasciata in sospeso (al posto dei tre puntini, dove nell’originale è indicato btt) è problematico. Sawyer e Stephenson hanno rifiutato la traduzione più ovvia del numero “sei” perché un’eclissi di Sole può verificarsi solo in prossimità dell’inizio di un mese lunare. De Jong e van Soldt hanno proposto la “sesta ora”, come possibilità dichiaratamente speculativa. Di più certa interpretazione sembra essere la parola Ršp che, come già sottolineato da Sawyer e Stephenson, va probabilmente identificata con il pianeta Marte.
Per capire in che data è avvenuta l’eclissi, dobbiamo capire la posizione del mese hiyaru nel calendario ugaritico. Ma quale calendario usavano a Ugarit a quell’epoca? Il calendario ugaritico era un calendario lunare composto da dodici mesi, di cui dieci conosciuti per nome (uno è appunto hiyaru) e successione temporale. Si ritiene che l’anno a Ugarit iniziasse con la Luna nuova più vicina all’equinozio d’autunno, e il primo giorno del mese hiyaru cadesse nella seconda metà di febbraio o prima metà di marzo. Quindi, in base a queste considerazioni, l’anno in cui è avvenuta la presunta eclissi dovrebbe essere tra il 1250 e il 1175 a.C., il pianeta Marte deve essere stato visibile durante l’eclissi e la data (il “giorno della Luna nuova” del mese hiyaru) deve essere fissata nella seconda metà di febbraio o nella prima metà di marzo.
Sawyer e Stephenson identificarono quattro potenziali eclissi solari nel periodo 1450-1200 a.C.: il 14 luglio 1406 a.C., il 3 maggio 1375 a.C., l’8 gennaio 1340 a.C. e il 5 marzo 1223 a.C.. Selezionarono quella avvenuta il 3 maggio 1375 a.C. come l’eclissi a cui fa riferimento la tavoletta, in base al fatto che si svolse in aprile-maggio, periodo dell’anno che loro associavano al mese di hiyaru. Ma secondo de Jong e van Soldt questa associazione si basa su una identificazione errata di hiyaru con il mese babilonese ajjaru. Utilizzando una recente tabulazione di tutte le eclissi solari osservabili nel Vicino Oriente antico dal 3000 a.C. all’anno zero, questi autori hanno trovato che solo quelle del 1406 a.C., 1375 a.C. e 1223 a.C. dovrebbero essere state visibili da Ugarit nella totalità. Tra il 1250 a.C. e il 1175 a.C. l’eclissi del 5 marzo 1223 a.C. è l’unica candidata possibile.
Dobbiamo ora chiederci se in quel momento Marte fosse presente nel cielo di questa eclissi. Effettivamente, delle tre eclissi candidate menzionate sopra, quella avvenuta il 5 marzo 1223 a.C. è l’unica durante la quale il pianeta Marte era sopra l’orizzonte. Ancora più significativo, Marte si trovava a soli 3,5 gradi dal centro del Sole eclissato. Inoltre, l’osservazione che Marte fosse presente durante l’eclissi è una forte indicazione del fatto che l’eclissi deve essere stata effettivamente totale.
Ma c’è di più. Il “giorno della Luna Nuova” per la data dell’eclissi riportata sulla tavoletta non ha senso in un calendario lunare di tipo babilonese, per il quale i mesi iniziavano al tramonto del giorno della prima falce di luna. Sempre secondo de Jong e van Soldt, l’indicazione del “giorno della Luna Nuova” si adatterebbe a un calendario egizio, il cui uso non sarebbe inaspettato a Ugarit.
Se anche il tempo fosse tenuto alla maniera egizia (dieci ore del giorno dall’alba al tramonto) la traduzione suggerita di btt (i tre puntini di sospensione nella frase riportate all’inizio) come “sesta ora” guadagnerebbe credibilità, perché l’eclissi è avvenuta alle 13:20, e l’alba e il tramonto sono avvenuti alle 6:45 e alle 17:45 locali, rispettivamente.
È quindi plausibile che su quella tavoletta di argilla 3247 anni fa qualcuno abbia inciso, probabilmente con sollievo dopo essere uscito da un’anomala oscurità, la testimonianza di un fenomeno astronomico tra i più coinvolgenti ai quali si può assistere nella vita.
Chi vuole vedere con i propri occhi la tavoletta la trova al Museo nazionale di Damasco, in Siria. La domanda più importante, ossia se Ktu 1.78 riporti o meno un’eclissi solare, certamente rimane. Alcuni autori hanno fermamente respinto questa possibilità (Pardee & Swerdlow 1993, Pardee 2002). Date le numerose incertezze che circondano la traduzione e l’interpretazione di questo breve testo, probabilmente non lo sapremo mai.
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Fonte: Media Inaf
Autore: Maura Sandri
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Articolo tratto interamente da Media Inaf
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