
Articolo da Media Inaf
Sono entrambi dedicati a Plutone due studi usciti online oggi su Nature. Ed entrambi riguardano le origini di Sputnik Planitia (già Sputnik Planum), il brillante lobo occidentale di Tombaugh Regio, la regione a forma di cuore. Raccontano una storia geologica affascinante, forse ancora in atto: la storia di un ribaltamento orbitale e di un oceano sotterraneo. Una storia resa possibile dall’intensa interazione mareale fra il pianeta nano e la sua enorme luna, Caronte. Due oggetti celesti in rotazione sincrona l’uno con l’altra: non solo Caronte mostra sempre la stessa faccia a Plutone, come la Luna con la Terra, ma anche il pianeta nano fa altrettanto verso la sua luna, proprio come il nostro pianeta nei confronti d’un satellite geostazionario. O meglio, lo farebbe se le condizioni gravitazionali, e in particolare la distribuzione delle masse, rimanessero immutate. Ed è proprio questo il presupposto che i due studi su Nature mettono in discussione.
Sputnik Planitia, il tratto morfologico più sorprendente fra i tanti rivelati dalle immagini raccolte della sonda New Horizons durante il flyby del luglio 2015 sul pianeta nano, è un bacino ghiacciato di enormi dimensioni, circa mille chilometri, alle cui origini vi è probabilmente l’impatto con una cometa. Secondo i due team di scienziati che hanno firmato gli articoli, guidati uno da James Keane dell’Università dell’Arizona l’altro da Francis Nimmo dell’Università della California a Santa Cruz, il riempirsi di ghiaccio del bacino, nel corso del tempo, ha riorientato Plutone rispetto ai suoi assi di rotazione e orbitale (vedi animazione in apertura). Un riposizionamento dovuto alle forze di marea fra il pianeta nano e la sua luna Caronte, e che sarebbe all’origine, combinato con la presenza di un oceano sotterraneo, delle fratture che si osservano sulla crosta.
A proporre che le forze di marea abbiano riorientato Plutone fino a portare Sputnik Planitia dove si trova attualmente è, in particolare, il lavoro guidato da Keane e colleghi. Mano a mano che il bacino intrappolava ghiacci volatili (ghiacci di azoto, metano e monossido di carbonio), ipotizzano gli autori dell’articolo, le interazioni mareali facevano sì che Plutone ruotasse su se stesso di circa 60 gradi, riposizionando Sputnik Planitia in direzione sudest e dando origine – a causa degli stress generati sulla litosfera del pianeta dal dislocamento – alle faglie che hanno poi prodotto i canyon e le montagne fotografate da New Horizons.
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Fonte: Media Inaf
Autore: Marco Malaspina
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Articolo tratto interamente da Media Inaf
Photo credit NASA / Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory / Southwest Research Institute [Public domain o Public domain], attraverso Wikimedia Commons
Bello, Plutone!!!
RispondiEliminaFAtti valere. Dillo che sei un pianeta e che hai tanto da rivelarci... incomnciando da questo.... :)