lunedì 1 dicembre 2025

Il silenzio che condanna: l’AIDS cancellato dalle agende politiche



Articolo da AsinuPress

Il primo dicembre ricorre la Giornata Mondiale contro l’AIDS, la sindrome dell’ immunodeficienza acquisita causata dal virus dell’HIV. La sua diffusione è considerata una vera e propria pandemia che ha provocato fino ad ora il contagio di oltre 60 milioni di persone, 25 milioni di morti, di cui 14 milioni di bambini. I primi casi di AIDS furono identificati nel 1981. Una terapia capace di arrestare l’incedere dei sintomi della malattia arrivò soltanto nel 1996. La Giornata Mondiale è stata istituita durante il Summit dei ministri della sanità nel 1988. Fino al 2005, la sua organizzazione era affidata all’ONU. L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha poi creato la WAC, World AIDS Campaigne, a cui ha delegato la gestione della ricorrenza. 

L’opinione comune sovrappone il virus dell’HIV con la malattia AIDS. L’HIV è il responsabile della positività, l’AIDS è la malattia che subentra quando il sistema immunitario è estremamente compromesso. Le persone sieropositive possono quindi condurre una vita senza complicazioni grazie alle nuove terapie ormai diffuse in tutto il mondo. La terapia antiretrovirale, una combinazione di più facili, rende più semplice non solo impedire lo sviluppo dei sintomi, ma anche la replicazione del virus, che si trasmette tramite contatto con sangue infetto, rapporti sessuali non protetti,  o da madre a figli durante gravidanza, allattamento o parto. Un farmaco efficace per la prevenzione del contagio è la PrEP (profilassi pre esposizione) che riduce o elimina il contagio se assunto correttamente quando si è a rischio contrazione del virus. In Italia la PrEP è rimborsabile dal sistema sanitario nazionale dal 2023.

Lo stigma nei confronti delle persone sieropositive è ancora molto alto, non solo per la scarsa informazione riguardante la trasmissione del virus, ma soprattutto per la narrazione omobilesbotransfobica della malattia. I primi cinque casi di AIDS rilevati nel mondo si riferivano ad uomini omosessuali, che dichiararono di aver avuto rapporti con persone dello stesso sesso. Rilevata l’insorgenza di casi in altri gruppi di persone omosessuali, si decise di definire il fenomeno con il nome di Gay-Related Immunodeficiency Disease (GRID), ovvero “malattia da immunodeficienza correlata all’omosessualità”.  In breve tempo, oltre alle definizioni scientifiche fuorvianti, nacquero espressioni discriminanti come “peste omosessuale” o “l’AIDS se lo prende chi se lo va a cercare”, pronunciata in Italia dall’allora ministro Cattin. Nonostante le campagne continue di debunking sulla trasmissione del virus, ancora oggi le discriminazioni mietono vittime. 

Il 25 novembre 2025, in vista del World Aids Day, è stato pubblicato dal Programma delle Nazioni Unite per l’HIV/AIDS (UNAIDS) il report annuale riguardante la diffusione del virus e della malattia a livello mondiale e l’andamento delle campagne di prevenzione globale. Il titolo del recente rapporto, “Overcoming disruption, transforming of AIDS response” mette immediatamente in risalto il maggiore responsabile della battuta d’arresto avvenuta in molti paesi riguardanti prevenzione e cura di HIV e AIDS: l’interruzione dei finanziamenti da parte degli Stati Uniti. 

Il 2024 aveva rappresentato un anno di svolta per la cura dell’AIDS. Su 40,8 milioni di persone affette da HIV, il 77% ha ricevuto cure specifiche. Un risultato notevole raggiunto in svariati anni di lavoro da parte di organizzazioni dedite alla sensibilizzazione sul tema. Dal 2010, il contagio si è ridotto del 40%, così come le morti per la malattia, ridotte del 54%. Fino al 2025, gli Stati Uniti d’America hanno contribuito al miglioramento della salute globale relativa all’HIV e all’AIDS classificandosi storicamente come il maggior donatore internazionale. Con l’insediamento dell’amministrazione Trump, è avvenuto nei primi mesi del 2025 un preoccupante stop work order (un’interruzione/sospensione ufficiale) dei finanziamenti in almeno dieci paesi a basso reddito, che hanno ricevuto il 40% dei fondi in meno rispetto agli anni precedenti.

Soffrono maggiormente della manovra di definanziamento tutte le ONG, cliniche e organizzazioni locali che hanno subito la sospensione degli aiuti, usufruendo soltanto di fondi dedicati alla prevenzione per madri e bambini. Le comunità più colpite, secondo le previsioni più che presumibili del rapporto, saranno quelle marginalizzate: lavoratori a basso reddito, sex workers, comunità LGBTQIA+ e razzializzate. Secondo UNAIDS, le leggi punitive e repressive nei confronti di relazioni omosessuali e identità di genere peggioreranno ancora di più la mancanza di prevenzione della contrazione dell’HIV  e dell’insorgere dell’AIDS. 

Lo stop work order è una scelta politica estrema e dichiarata, che si riversa non solo sul definanziamento, ma sulla comunicazione relativa al tema. Recentemente il New York Times e la giornalista Emily Bass hanno divulgato una mail ricevuta da agenzie statunitensi e programmi nazionali con istruzioni inequivocabili: “Il governo degli Stati Uniti non celebrerà la Giornata Mondiale dell’AIDS quest’anno”, con relative istruzioni rispetto al non utilizzo di nessun tipo di media per promuovere notizie relative al primo dicembre. Secondo il governo degli Stati Uniti, per ogni giornata commemorativa dovrebbe essere praticata l’astensione dalla divulgazione di ogni tipo di messaggio, nonostante il Presidente stesso abbia promosso decine di ricorrenze affini al suo operato.  Per la prima volta, negli Stati Uniti, non si celebrerà una giornata fondamentale per la salute globale dal 1988. 

Le politiche contro la comunità queer provocheranno numerose vittime di AIDS nel mondo non solo a causa dello stop degli Stati Uniti. Nel Regno Unito, la dinamica si ripete. Il governo ha recentemente annunciato di ridurre il proprio contributo al Fondo Globale di 150 milioni di sterline. Ad accogliere positivamente la notizia è il ministro Keir Starner, celebre per aver affermato di non riconoscere le donne trans come donne. L’inchiesta condotta dall’Indipendent in Uganda, Zimbawe e Senegal durata otto mesi, si stima la morte di centinaia di migliaia, se non milioni di persone a causa dell’aumento di ceppi resistenti all’HIV. La mancanza dei fondi statunitensi non farà che aggravare la situazione. I paesi più colpiti dai tagli saranno Kenya, Costa d’Avorio, Namibia, Angola e Haiti. Ad essere coinvolti saranno operatori sanitari, medici e infermieri. I servizi più colpiti dalle manovre sono non sono soltanto relativi alle cure, ma alla prevenzione della trasmissione e al monitoraggio dei contagi. Verranno chiusi centri per la distribuzione di preservativi, PrEp, somministrazione di test diagnostici e in diversi paesi non sarà possibile effettuare una raccolta dati epidemiologica. La stima di UNAIDS per l’andamento epidemiologico è preoccupante: entro il 2030 potrebbero essere registrate più di tre milioni di nuove infezioni

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Fonte: AsinuPress


Autore: AsinuPress



Articolo tratto interamente da AsinuPress

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