Articolo da Il Caffè Geopolitico
In 3 Sorsi – Il 26 luglio a Nyala, nel Darfur meridionale, la Sudan Founding Alliance (in arabo Tasees) guidata dalle Rapid Support Forces (RSF) del comandante Mohamed Hemedti ha annunciato la nascita di un Governo parallelo.
1. LE MOSSE DEI DUE CONTENDENTI
La creazione di un Governo parallelo a quello internazionalmente riconosciuto – retto dal generale delle Sudan Armed Forces (SAF), Abdel Fattah al-Burhan – era nell’aria almeno da febbraio, quando a Nairobi una conferenza tra RSF e altri gruppi
militari e civili sudanesi aveva partorito la coalizione Tasees.
Mohamed Hamdan Dagalo “Hemedti” ha assunto la direzione del neonato
Consiglio Presidenziale, in cui figurano anche civili.
La risposta di al-Burhan
alle manovre politiche delle RSF era stata, a fine maggio, la nomina a
Primo Ministro dell’ex ambasciatore all’ONU Kamil Idris. Una nomina “cosmetica”,
che risponde anzitutto alla necessità di presentare un volto più
accettabile alla comunità internazionale, diluendo la presenza militare
nel Governo di Port Sudan.
Queste iniziative politiche vanno lette alla luce di un sostanziale stallo sul campo di battaglia, non modificato dalla riconquista di Karthoum
da parte delle SAF a marzo. Le RSF, ritiratesi dalla capitale
distrutta, hanno consolidato il proprio controllo sulle regioni
sud-occidentali del Paese, riuscendo a sferrare attacchi dalla distanza
con droni su Port Sudan e Kassala. Le sacche nemiche all’interno dei
rispettivi territori sono state eliminate, con la significativa
eccezione di el-Fasher, enclave lealista nel Darfur controllato dalle
RSF.
2. GLI SCHIERAMENTI POLITICI INTERNI
Incapaci di decisive avanzate in quella che è ormai una guerra di logoramento, i rivali cercano supporto sia sul piano interno,
alleandosi con altri gruppi, sia a livello internazionale,
istituzionalizzando il proprio controllo sulle rispettive parti del
Paese. Il rischio è che si consolidi l’attuale frammentazione territoriale, innescando una “sindrome libica”.
Tuttavia, la complessità della situazione sudanese non è riducibile al conflitto tra SAF e RSF. Sono presenti diversi gruppi
armati e movimenti politici, spesso su base etnico-tribale. Alcuni
hanno negoziato la propria partecipazione alle due coalizioni in cambio
di fette di potere e libertà d’azione a livello locale. La lealtà di queste sigle, come anche quella dei singoli combattenti che le compongono, è però volatile e del tutto strumentale.
Altri
gruppi hanno mantenuto la neutralità, o perché già in grado di
esercitare un certo controllo nella propria regione approfittando del
conflitto, o perché contrari a entrambi gli schieramenti. In ogni caso,
l’influenza dei numerosi gruppi armati sudanesi cresce, complicando la
gestione del potere all’interno delle due coalizioni principali e
aumentando il rischio di una frammentazione del Sudan in potentati retti da “signori della guerra”.
Continua la lettura su Il Caffè Geopolitico
Fonte: Il Caffè Geopolitico
Licenza: 
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.
Articolo tratto interamente da Il Caffè Geopolitico
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti sono in moderazione e sono pubblicati prima possibile. Si prega di non inserire collegamenti attivi, altrimenti saranno eliminati. L'opinione dei lettori è l'anima dei blog e ringrazio tutti per la partecipazione. Vi ricordo, prima di lasciare qualche commento, di leggere attentamente la privacy policy. Ricordatevi che lasciando un commento nel modulo, il vostro username resterà inserito nella pagina web e sarà cliccabile, inoltre potrà portare al vostro profilo a seconda della impostazione che si è scelta.