Articolo da La Città Futura
Le classi ci sono nonostante le negazioni e questa recensione presenta un libro che, con dati statistici, pone l’esistenza delle classi lavoratrici anche se oggi il ceto medio si è allargato e si presenta maggiormente articolato.
Alla Festa Rossa di Rifondazione comunista di San Benedetto del Tronto martedì 12 agosto alla presenza dell’autore, Pier Giorgio Ardeni, è stato presentato il libro “Le classi sociali in Italia oggi”. È stato un momento di approfondimento su interrogativi quali: “esistono ancora le classi sociali in Italia?” e quindi “esiste una borghesia e un proletariato o siamo diventati tutti ceto medio?” e, di conseguenza, in che modo ceti e classi influiscono sulla crisi della democrazia e della rappresentanza?”.
Una serata d’analisi importante, piace segnalare che la libreria Prosperi di Ascoli Piceno ha messo a disposizione il libro per l’acquisto che ha permesso anche di verificare nel corso del dibattito l’esposizione dei temi trattati nel libro e non sono mancati rilievi critici ben rilevati nel corso del dibattito e non pochissime sono state le risposte alle domande (una l’ho posta anch’io e ne parlerò più avanti) ma sui vari temi, diciamolo, non interessano i politologi, mentre per i comunisti sappiamo bene che sono cruciali.
Il libro è edito da Laterza, n. 88 della Collana Anticorpi, con 288 pagine articolate in 7 capitoli con una introduzione, conclusioni e - cosa davvero importante - un’appendice statistica. Il libro è una delineazione obiettivamente dialettica ma ragionata politicamente sul fatto che la classe operaia esiste ed i numeri dell’appendice statistica ne sono una prova eloquente. L’autore ha anche interpretato il fenomeno della negazione delle classi sociali sotto l’aspetto storico rispetto agli eventi politico-economici e delle lotte contrattuali a partire dal secolo scorso descrivendo i cambiamenti intervenuti successivamente e soprattutto come l’Italia è stata attraversata da differenze sociali che permangono e ormai si sono strutturate e sono dure, ben evidenti, e delimitano fortemente la mobilità sociale che praticamente oggi quasi non esiste più, l’accesso all’istruzione, quella universitaria e post, le possibilità e le opportunità sociali dei cittadini che sono soltanto sogni irrealizzabili. Certo, le classi non sono più quelle di un tempo perché sono mutate le professioni e gli stili di vita, ma esistono ancora anche dopo, come ha rimarcato Ardeni, che ci avevano convinto che in questa nostra società “liquida”, si fossero dissolte.
Come si è evoluta la struttura delle classi in Italia? È stata la ricerca che ha impegnato Ardeni, il libro quantifica il peso dei vari strati sociali e mette in evidenza i nuovi ceti ma analizzati nei cambiamenti delle loro caratteristiche e delle loro composizioni; questo libro vuole presentare come alle disuguaglianze nella distribuzione del reddito oggi soprattutto corrispondano differenze nelle professioni e nei titoli di studio e come la struttura sociale dell’Italia influisca ancora sui rapporti di potere in modo significativo proprio sulla classe operaia.
Nelle risposte alle domande che sono state presentate, Ardeni ha messo in evidenza il peso relativo delle classi, quelle che non fanno capo alla borghesia e non più alla classe operaia in quanto le relazioni sono variate e con esse il loro peso politico ed economico nella società. Il libro dimostra come le classi dei lavoratori esistono ancora ed è da questo che bisogna ripartire per ripensare la crisi della democrazia e della rappresentanza. Come? Penso che i comunisti debbano dare un taglio rispetto ai comportamenti e alle scelte politiche attuate dagli anni Novanta. Intanto penso bisogna assumere il dato che al momento un nuovo e unico partito comunista non è una scelta di tutti i comunisti, altrimenti sarebbe già nato: in Italia si debbono accettare i partiti comunisti che ci sono ed i movimenti comunisti ed anche i Collettivi comunisti. La convergenza verso una comunità politica dei comunisti è possibile ed è necessaria per mettere in campo lotte condivise che sono indispensabili per rilanciare la democrazia.
Articolo tratto interamente da La Città Futura
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