Articolo da Se un ribelle spento
In Piazza del Nettuno a Bologna c’è una targa. Sopra c’è scritto:
“Bologna di popolo congiuntamente onorando i suoi figli immolatisi nella ventennale lotta antifascista, con questa pietra consacra nei tempi Anteo Zamboni, per audace amore di libertà. Il 31.10.1926 qui trucidato, martire giovanetto, dagli scherani della dittatura”.
La targa ricorda un ragazzo che non ha ancora compiuto sedici anni. E che quel giorno ha cercato di uccidere Benito Mussolini, sparandogli con una pistola e mancandolo di poco.
A Bologna è la sera del 31 Ottobre 1926. È Domenica, ed è prevista una grande festa per le strade per celebrare il quarto anniversario della nomina a primo ministro di Benito Mussolini, in seguito alla Marcia su Roma. Il giorno prima Mussolini aveva anche inaugurato lo Stadio Littoriale, il primo vero e proprio stadio italiano; stadio che dopo la guerra diventerà Stadio Comunale e nel 1983 otterrà il nome con cui lo conosciamo adesso: Renato Dall’Ara.
Alla fine delle celebrazioni Leandro Arpinati, storico fascista bolognese, guida la macchina scoperta che porta Mussolini alla stazione; l’automobile arriva da via Ugo Bassi, dall’Archiginnasio, e sta svoltando a destra in Via Indipendenza.
Dal portico che fa angolo tra le due vie parte un colpo di pistola. il proiettile colpisce il cordone dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro che Mussolini indossa a tracolla, perfora il bavero della sua giacca, attraversa il cappello a cilindro del podestà Umberto Puppini e si conficca nell’imbottitura della portiera dell’automobile.
Intervento audio su Se un ribelle spento
Autore: Se un ribelle spento
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Articolo tratto interamente da Se un ribelle spento
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