venerdì 21 giugno 2024

Quanto accaduto a Satnam Singh non è un’eccezione, ma racconta un quadro di sfruttamento sistemico


Articolo da Progetto Melting Pot Europa

Il bracciante indiano buttato sul ciglio della sua abitazione da un “padrone” italiano insieme al braccio che gli era stato amputato da un macchinario agricolo è il simbolo tragico di un fenomeno capillare nel territorio laziale e in tutta la penisola.

A poco più di 70 km dalla capitale, il sistema di sfruttamento bracciantile nell’Agro Pontino ha mostrato ancora una volta il suo volto più crudele. Satnam Singh, bracciante indiano, è morto lo scorso 19 giugno all’ospedale San Camillo di Roma, dove era ricoverato dopo aver perso un arto mentre lavorava in un’azienda agricola tra Borgo Santa Maria e Borgo Montello, due frazioni di Latina. Il macchinario con cui stava lavorando gli ha tranciato il braccio destro e schiacciato entrambe le gambe. I datori di lavoro, i “padroni”, non lo hanno soccorso: Satnam Singh è stato abbandonato sulla strada a poca distanza dalla sua abitazione, gravemente ferito. Il suo arto lasciato su una cassetta degli ortaggi.

«Sono stata contattata da un lavoratore che mi ha inviato la foto di un arto staccato, spiegandomi che si trattava di un incidente avvenuto a un compagno di lavoro, che in condizioni disperate è stato scaricato in strada da un pulmino da nove posti», racconta Hardeep Kaur, segretaria Flai Cgil di Latina e Frosinone. 

Singh sarebbe stato portato in ospedale dopo una chiamata dei vicini, trasportato in elisoccorso al San Camillo di Roma un’ora e mezza dopo l’incidente. Intanto, la procura di Latina ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo e omissione di soccorso. Secondo quanto riportato da AGI, tra gli indagati vi è anche il titolare dell’azienda, Antonello Lovato.

I dati dell’Ispettorato del Lavoro confermano quanto già noto: caporalato e poche tutele dettano le regole dell’agricoltura italiana

I meccanismi di sfruttamento nel settore agricolo sono confermati anche dai dati dell’Ispettorato del Lavoro: solo nel 2023, nelle 222 ispezioni condotte dall’agenzia governativa nel territorio laziale si è registrato un tasso di irregolarità pari al 64,5%. 608 i casi di caporalato accertati: quasi 3 per ogni ispezione. E ancora, 61 lavoratori senza contratto, di cui 3 sprovvisti di permesso di soggiorno, 34 le violazioni in materia di salute e sicurezza.

Su tutto il territorio nazionale i numeri che riguardano il 603bis c.p. – caporalato e sfruttamento lavorativo – sono cresciuti esponenzialmente nell’ultimo anno: +205% registrato rispetto al 2022. Sono 2.123 i casi di caporalato, a fronte dei 758 dell’anno precedente. In aumento anche il lavoro nero (+12% rispetto al 2022), così come le violazioni in materia di salute e sicurezza (36.680 quelle accertate, +44% dall’anno precedente).

«Qui non siamo solo di fronte a un grave incidente sul lavoro, cosa già di per sé allarmante ed evitabile, qui siamo davanti alla barbarie dello sfruttamento, che calpesta le vite delle persone, la dignità, la salute e ogni regola di civiltà», dichiara Hardeep Kaur.

Il primo storico sciopero dei lavoratori braccianti sikh nella zona di Latina fu organizzato nell’aprile 2016. All’agitazione sindacale ne conseguì un alto numero di denunce nei confronti di caporali e datori di lavoro. Nell’Agro Pontino, però, a quasi dieci anni da quella giornata storica, le condizioni di lavoro non sono migliorate. «Dopo anni di lotte, di denunce e di processi, molti anche vinti, continuiamo a vivere episodi brutali che meritano una risposta netta da parte nostra e delle istituzioni italiane. Siamo stanchi di pagare con la vita la fame di denaro dei padroni italiani», ha raccontato al quotidiano Domani Harbhajan Ghuman del collettivo dei braccianti indiani pontini.

Nel corso della riunione del Consiglio dei Ministri il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito la vicenda «un atto disumano che non appartiene al popolo italiano», la stessa che nella passata legislatura fu eletta proprio a Latina, e che nel giorno di insediamento da presidente dichiarò «Chi produce non verrà disturbato». Il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida promette “tolleranza zero” per chi non ha rispetto dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. In una legislatura che parla di migranti come “carico residuale”, o che afferma come sia in corso una sedicente “sostituzione etnica”, le affermazione appaiono come classiche frasi di circostanza.

Dalle 12 alle 14 ore di lavoro al giorno per 3 euro l’ora, con contratti grigi o in assenza di contratto, senza protezioni né tutele. Satnam Singh è stato ucciso da un sistema: «non solo dall’indifferenza criminale di un datore di lavoro, ma di un sistema politico, culturale, normativo pienamente capitalistico, che ha deciso di fatturare milioni di euro sulla pelle di chi è arrivato in Italia con l’idea di costruirsi una vita migliore», ha sottolineato ai microfoni di Radio Onda d’Urto Marco Omizzolo, sociologo Eurispes 1 da anni impegnato sul campo e in ambito accademico sul tema del caporalato e dello sfruttamento lavorativo. Il bracciantato agricolo poggia su basi di oppressione che riguardano migranti e italiani: Pierpaolo Bodini, 19 anni, è morto oggi, a meno di 48 ore di distanza da Satnam Singh, schiacciato da un mezzo agricolo su cui stava lavorando. 


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Fonte: Progetto Melting Pot Europa 

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Articolo tratto interamente da Progetto Melting Pot Europa


4 commenti:

  1. Nulla di nuovo: è una realtà nota a tutte le frange politiche ma nessun "rappresentante del popolo" interviene per punire in modo esemplare i responsabili della mancata sicurezza sul lavoro.

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  2. Infatti non è un'eccezione e chi vive accanto ai terreni agricoli se ne può rendere conto.

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