sabato 11 novembre 2023

Il futuro dei social



Articolo da Guerre di Rete

Mastodon, Bluesky, Threads, Discord, Hive, Reddit, Tumblr. In questi mesi il panorama dei competitor di X – ex-Twitter – è cresciuto a dismisura, grazie soprattutto alle scelte compiute da Elon Musk dopo la sua acquisizione. Non è un caso, infatti, che Bluesky – il social fondato da Jack Dorsey, già cofondatore di Twitter, considerato oggi uno dei rivali più “agguerriti” di X – abbia assistito a settembre a un’ondata di nuovi utenti, proprio il giorno seguente a quello in cui Musk ha rivelato di voler rendere X un’app a pagamento per tutti, e non solo per il servizio premium. Secondo quanto riportato dal sito di monitoraggio Bluesky Stats, la piattaforma ha registrato un aumento consistente rispetto ai trend usuali pari a 53.585 utenti tra il 18 e il 19 settembre 2023, ossia nei giorni seguenti all’annuncio inaspettato del nuovo proprietario di Twitter. 

Non si è trattata della prima volta in cui un concorrente del social ha tratto vantaggio dalle azioni dell’imprenditore di Tesla e SpaceX. All’inizio dell’estate, Bluesky ha dichiarato di aver registrato un “traffico record” lo stesso giorno in cui Elon Musk ha annunciato il limite temporaneo al numero di tweet visualizzabili dagli utenti, tanto da aver dovuto sospendere le nuove iscrizioni. E ancora prima è stato Eugen Rochko, fondatore di Mastodon, a dichiarare apertamente che la sua piattaforma era cresciuta in concomitanza alla fuga da Twitter, passando dai 300.000 ai 2,5 milioni di utenti attivi mensili tra ottobre e novembre 2022 – ossia nei mesi in cui l’imprenditore ha concluso l’acquisizione della piattaforma.

Insomma, in questo ultimo anno Elon Musk sembra non aver fatto altro che alimentare il malcontento del pubblico di X, convincendolo a spostarsi su altre piattaforme, alla ricerca di un’alternativa al Twitter di un tempo. Secondo le società di analisi dei dati come SimilarWeb e Sensor Tower, infatti, gli utenti attivi giornalieri sulla piattaforma sono diminuiti del 15-16% tra settembre 2022 e settembre 2023, segnando così uno degli esodi più tristi della storia di Twitter. Ma come funzionano davvero i “rivali” Bluesky e Mastodon? Quali sono le caratteristiche che li accomunano? E qual è il futuro che li attende?

Bluesky, la seconda volta di Dorsey

Fondata da Jack Dorsey nel corso del suo mandato come CEO di Twitter, Bluesky è un’app che apparentemente assomiglia a X, ma che finisce con il rivelarsi molto diversa. L’intera piattaforma, infatti, si basa su una rete decentralizzata che vuole offrire agli utenti un maggiore controllo sull’amministrazione del servizio, sull’archiviazione dei dati e sulla moderazione dei contenuti, permettendo loro di crearsi le proprie app e community. Questo perché, a differenza di Twitter e di buona parte delle app di social media, la rete si basa su un protocollo – AT Protocol – che non può essere controllato da un governo o da un’azienda, ma che viene gestito direttamente dagli utenti.

L’idea alla base di ATP, infatti, è che ogni utente abbia un account collegato a un server di dati personali (PDS), che comunica in totale libertà con altri server, così da fornire un’esperienza di rete unificata e dare vita a quello che viene definito da Bluesky un “social federato”. Un sistema così strutturato permette agli utenti di gestire in totale libertà la propria esperienza sulla piattaforma, perché il protocollo consente di spostare da un server all’altro il proprio account, senza perdere le proprie informazioni personali, i post pubblicati o i follower. Questo significa che se un utente viene bloccato da un PDS, può comodamente trasferirsi a un altro senza dover ricostruire da capo la sua identità digitale. È così che Bluesky fa un passo avanti rispetto alla proposta di Twitter, rendendo l’esperienza degli utenti più libera e attirando l’attenzione del pubblico – soprattutto di giornalisti e addetti all’informazione – dopo che alcune delle novità introdotte da Elon Musk su Twitter hanno dimostrato che la piattaforma era – e continua a essere – sotto il controllo incontrollato dell’imprenditore.

La nostra missione è sviluppare e promuovere l’adozione su larga scala di tecnologie per conversazioni pubbliche aperte e decentralizzate”, scriveva la CEO di Bluesky Jay Graber nel post di lancio ufficiale a febbraio, quando per la prima volta l’app è diventata disponibile su invito per tutti gli utenti iOS riscuotendo un successo tale da convincere la società ad aprirla agli utenti Android di lì a poco, e attirando l’attenzione di personaggi noti come la deputata democratica statunitense Alexandria Ocasio-Cortez e la modella Chrissy Teigen. Nel giro di pochi mesi, infatti, Bluesky è riuscito a superare il milione di utenti, proponendo un’esperienza simile a quella di Twitter, seppur più libera. Chi ha ricevuto un codice invito per poter creare un account sulla piattaforma riferisce di aver provato un incredibile senso di familiarità non appena aperta l’app, dato che la sua interfaccia assomiglia notevolmente a quella di Twitter, pur mancando di qualche funzionalità utile come le bozze, i messaggi diretti e gli hashtag. 

Al pari del suo rivale, anche Bluesky fonda tutta la sua esistenza sull’attività di microblogging, consentendo agli utenti di condividere con i propri follower post di 256 caratteri, che possono includere anche foto, ricondividere i post altrui, rispondere e mettere like – gli utenti più fidelizzati della piattaforma li chiamano skeets, da una combinazione tra sky e tweets, nonostante la Graber abbia chiesto di chiamarli con un altro nome dato che il termine “skeet” ha anche un significato alquanto equivoco. Inoltre, esattamente come qualunque altra piattaforma, Bluesky offre la possibilità di cercare e seguire altre persone, offrendo anche suggerimenti per ampliare la propria cerchia di amici, così da visualizzarne gli aggiornamenti nel Feed Home. Insomma, nel complesso la nuova app di Jack Dorsey si rivela simile alla vecchia quanto a interfaccia utente, ma decisamente diversa per quanto riguarda la struttura decentralizzata che l’ha resa celebre. 

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Fonte: 
Guerre di Rete


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Articolo tratto interamente da Guerre di Rete


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