giovedì 6 luglio 2023

La protesta degli operai della Gkn sulla torre di San Niccolò a Firenze



Articolo da La Città invisibile, rivista del laboratorio politico perUnaltracittà – Firenze

Dalla torre di San Niccolò a via Fratelli Cervi, prosegue la mobilitazione e intanto si prepara la due giorni dell’8 e 9 luglio.

Gli operai della GKN sono saliti sulla torre di San Niccolò. Un gesto eclatante che ha fatto il giro di giornali, tv e radio nazionali, tanto che i meno attenti devono essersi chiesti: “Ma come? Ancora? Ma non era risolta la situazione? Non avevano dato la cassa integrazione?”

Le richieste che arrivano da 45 metri di altezza sono lo sblocco di cassa integrazione e buste paga, l’impegno delle istituzioni per la reindustrializzazione, un tavolo con Inps, Inail e Ispettorato del Lavoro per uscire dal gorgo burocratico e complice in cui sono finiti. Ma la protesta chiede soprattutto di fare luce su un incredibile paradosso. In Italia può sembrare quasi normale che da due anni un collettivo operaio mantiene in sicurezza uno stabilimento industriale, presenta progetti di reindustrializzazione, lavora alla costituzione di una cooperativa per portarli avanti, sopperisce con il mutualismo alla mancanza di reddito, risponde all’abbrutimento con eventi culturali, concerti, festival di letteratura. Ma vi sembra accettabile che, mentre fa tutto questo, fiaccato dai bonifici che non arrivano e dal carovita che incombe, lo stato permette a un privato di prendersi gioco della legge e dei soldi pubblici?

Lo stato permette a un imprenditore di non pagare lo stipendio per otto mesi a dipendenti a tempo indeterminato, non solo, gli dà anche la copertura legislativa, con una cassa integrazione retroattiva che gli viene cucita addosso come un vestito su misura e così facendo vanifica l’azione legale dei lavoratori, che avevano vinto in tribunale le prime ingiunzioni di pagamento degli stipendi dovuti. Ingiunzioni che probabilmente non avranno seguito perché, se arriva la cassa, non si devono più pagare quegli stipendi o per lo meno si devono pagare solo in parte, perché comunque rimangono le ore lavorate per la manutenzione dello stabilimento, le ferie, i permessi e tutto quello che QF non solo non paga da otto mesi, ma nemmeno conteggia e scrive su una busta paga.

Quindi? Storia finita? È tutto a posto? No. Perché quello stesso imprenditore si permette anche di rendere impossibile il pagamento della stessa cassa integrazione che ha richiesto, non fornendo all’Inps le buste paga e tutti i dati necessari a far partire i bonifici. Va avanti così da quasi due mesi, eppure nessuno si è mosso e i lavoratori sono dovuti salire sulla torre e attirare ancora una volta l’attenzione mediatica su di sé, per ottenere qualcosa, seppur ancora solo a parole. Si dice che mercoledì 5 luglio arriveranno i pagamenti della cassa integrazione da ottobre a gennaio e che l’azienda è pronta a sbloccare gli altri mesi. Ma sono ancora solo parole e intanto la Prefettura nega un incontro: “prima dovete scendere dalla torre”, dicono. Ma questa storia il movimento sindacale la conosce bene: intanto smobilitate, poi si fa l’accordo. E la soluzione non arriva mai e i mesi ancora passano e sempre più persone sono costrette a licenziarsi e la lotta si indebolisce. A San Niccolò invece ha ripreso vigore e l’abbraccio del territorio c’è stato ancora una volta, sabato scorso, quando un’assemblea chiamata solo il giorno prima ha raccolto, in pieno luglio, 250 persone, che poi si sono mosse in corteo per il centro.






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