Articolo da InGenere.it
Chiamiamola pure la rivoluzione dei geyser. Certo è che la misura varata dal parlamento islandese martedì 28 marzo 2017 ha del rivoluzionario. La parità salariale fra uomini e donne adesso diventa legge con un obbligo per i datori di lavoro, pubblici e privati, di provare che nelle loro organizzazioni non si attuino discriminazioni a livello retributivo.
In un paese di soli 330 mila abitanti, una buona rappresentanza femminile lo scorso ottobre un giorno aveva cessato le proprie attività alle 2.38 pomeridiane, due ore e mezzo prima della chiusura ufficiale della giornata di lavoro, come a dire: il mio stipendio paga la mia prestazione fino a quest’ora. Tutto il resto è gratis visto che, a parità di collocazione, il mio salario è ben inferiore a quello di un uomo.
Certo, sarebbe potuta sembrare e rimanere solo una protesta dai tratti originali e creativi. Secondo Frida Ros Valdimarsdottir, presidente della Icelandic Women’s Rights Association, si è trattato della pietra miliare di un percorso destinato a sanare una volta per sempre una situazione definita “non salutare” per l’intero sistema economico del paese nordico.
In un Paese dove la metà di coloro che siedono nel Parlamento è donna, dove l’80 per cento delle donne lavora e dove, grazie anche al sistema delle quote, circa la metà dei membri dei CdA è donna, le donne sanno che anche per arrivare alla parità salariale c’è bisogno di ricorrere ai giusti strumenti. In un modo anche piuttosto restrittivo (o vincolante) dal momento che tutti i casi in cui emergeranno differenze salariali di gender superiori al 5% dovranno essere emendati in forza della legge appena approvata.
Tutto ciò accade nella felice Islanda, un vero e proprio eden per il lavoro femminile, in testa alla classifica del World Economic Forum[1] quanto a minor gap di genere. Tradotto, in nessuno dei paesi esaminati dal rapporto c’è un gender gap così limitato; la condizione femminile sul piano dell’educazione, della partecipazione alla vita politica, della tutela della salute non ha eguali in tutto il mondo. Qualcosa resta da fare a livello di partecipazione e opportunità economiche.
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Fonte: InGenere.it
Autore: Giovanna Guzzetti
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Articolo tratto interamente da InGenere.it
Caro Vincenzo, questa si che è una bella notizia!!! Chissà quanto tempo dobbiamo aspettare per leggere questo, anche nella nostra Italia!!!
RispondiEliminaCiao e buon pomeriggio caro amico con un forte abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso