lunedì 25 giugno 2018

La deriva nazionalista europea


Articolo da Unimondo

Si è cercato più volte di definire la tendenza politica globale di questi ultimi anni, anche inventando nuovi termini: dal populismo al sovranismo, dall’autoritarismo alla “democratura”, quest’ultima fusione tra le parole democrazia e dittatura. Forse basterebbe usare un concetto cardine della modernità: il nazionalismo. Come altrimenti etichettare gli slogan del tipo “America first” oppure “prima gli italiani”, se non nazionalisti? Al centro il proprio Paese, sognato come omogeneo dal punto di vista etnico e culturale, pensato come forte e rispettato, capace di farsi valere battendo i pugni sul tavolo e dimostrandosi scorretti dal punto di vista diplomatico.

Ovviamente il nazionalismo possiede sfumature diverse. Ma credere che possa esistere una sorta di “internazionale nazionalista”, un ossimoro evidente, è un’illusione ottica ignara delle lezioni – catastrofiche – della storia. A volte effimeri successi di questa impostazione fanno ritenere che l’equilibrio fra le potenze, che “giustamente”, come dice Trump, perseguono i propri interessi, possa essere una formula ottimale per i rapporti internazionali. Ma ben presto si rivelano tregue precarie, incapaci di risolvere i problemi di fondo dal clima, al commercio alle tensioni geopolitiche che poi inevitabilmente finiscono scaricate su altri contesti. Non è un caso che le guerre “regionali” si moltiplichino con il rischio sempre latente di una conflagrazione generale e incontrollabile. Così è successo nel 1914.

Alcuni eventi di questi ultimi giorni segnalano quanto sia il nazionalismo a dettare l’agenda delle relazioni mondiali. Il nazionalista non ama le alleanze o gli incontri multilaterali. Ancora una volta Trump è il porta bandiera di questo nuovo/vecchio stile. Va benissimo insultare il mite e gentile primo ministro canadese, mandare a quel paese Macron e Merkel, per poi abbracciare Kim Jong Un, improvvisamente esaltato come “grande leader”. Trump si trova a proprio agio nei vertici bilaterali dove riesce a essere davvero se stesso, un commerciante furbo e doppiogiochista che, attraverso il meccanismo della carota e del bastone, crede di arrivare al proprio obiettivo. Poi tutto rientra nella sua ottica: Kim fa bene a dotarsi dell’arma atomica, vera polizza assicurativa di sopravvivenza del suo regime, perché è giusto che pensi prima di tutto a se stesso e alla Corea del Nord. Tuttavia questa presunta pace è fragile, fragilissima, anche perché i vicini, Cina in primis e poi anche Giappone, sono percorsi da notevoli movimenti nazionalisti.

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Fonte: Unimondo

Autore: 
Piergiorgio Cattani

Licenza: Licenza Creative Commons
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Articolo tratto interamente da 
Unimondo.org



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