martedì 28 febbraio 2017

La libertà non è un bavaglio



Oggi è partita una prima iniziativa comune, contro una proposta di legge bavaglio. Purtroppo non è la prima volta che vogliono colpire la rete e la libertà di espressione, già in passato ci siamo riuniti e abbiamo protestato, contro le varie leggi che tentavano d'imbavagliare il web e qualche volta anche la stampa.

Queste leggi sono in  linea con la censura fascista attuata nel ventennio e visto che la memoria è corta, ecco come descrive quel periodo Wikipedia:


La censura si proponeva il controllo:
  • dell'immagine pubblica del regime, ottenuto anche con la cancellazione immediata di qualsiasi contenuto che potesse suscitare opposizione, sospetto, o dubbi sul fascismo;
  • dell'opinione pubblica come strumento di misurazione del consenso;
  • dei singoli cittadini ritenuti sospetti dal governo con la creazione di archivi nazionali e locali (schedatura) nei quali ognuno veniva catalogato e classificato a seconda delle idee, delle abitudini, delle relazioni d'amicizia, dei comportamenti sessuali e delle eventuali situazioni e atti percepiti come riprovevoli.
La censura fascista aggiunse ai temi che già in epoca liberale venivano tenuti sotto sorveglianza, come la morale, la magistratura, la casa reale e le forze armate, una quantità di argomenti che variavano a seconda dell'evolversi dell'ideologia fascista e dei suoi atti politici. In particolare veniva censurato ogni contenuto ideologico alieno al fascismo o considerato disfattista dell'immagine nazionale, ed ogni altro tema culturale considerato disturbante il modello stabilito dal regime.
Dapprima fu eliminata ogni considerazione ritenuta lesiva del regime (a proposito del Duce, della guerra, della patria e del sentimento nazionale) e, in seguito, ogni accenno ritenuto negativo nei confronti della maternità, della battaglia demografica, dell'autarchia ecc. In modo particolare la censura del regime era attenta ed occhiuta quando nelle produzioni e visione degli spettacoli si rintracciava una qualche considerazione celebrante l'individualismo che mettesse in discussione la supremazia dello Stato, principio supremo dell'ideologia fascista.

Sono passati anni dalla fine della seconda guerra mondiale, ma la voglia di repressione di molti politici, sembra non passare mai di moda.

Il vero problema è che il web ha portato una ventata nuova di libertà e di parola, vorrei ricordare che molte inchieste e informazioni partono dalla rete e senza di questa, forse saremo all'oscuro di tante verità.

Come contrastare le fake news? Facile, ci vuole più cultura e voglia di verificare le fonti, niente di più semplice. Qualche soluzione senza limitare la libertà si trova sempre, basta chiedere a esperti che provengono dalla rete.

Mi auguro che questa proposta sia ritirata prima possibile, va in netto contrasto con la Costituzione e i diritti umani, la libertà senza parola, non può definirsi tale.


Questo post aderisce all'iniziativa congiunta "la libertà non è un bavaglio",  vi ricordo di leggere anche i post dei seguenti blog/siti, forum e pagine social: 


giovedì 23 febbraio 2017

Avviso urgente per tutti i blogger e qualsiasi persona che ama il web





Nei giorni scorsi vi avevo parlato di una proposta di legge contro la diffusione delle bufale in rete. Un gruppo di blogger è pronto a lanciare qualche proposta in segno di protesta, per una legge che va contro ogni valore costituzionale e di libertà di espressione. Adesso non è il momento di guardare il proprio orto e l'ora di dimostrare e salvaguardare quei diritti umani, che tanto sono menzionati e mai attuati. Voglio ricordare che l'unione fa la forza e già in passato abbiamo fatto squadra per salvare i blog e tutto il web.

Le notizie false in rete e la diffamazione si combattono con più cultura e senso civico, non con limitazioni della libertà, degne della peggior dittatura.

Invito tutti i blog, gestori di forum e pagine sociali, ad aderire a una nuova iniziativa denominata: "La libertà non è un bavaglio".

Colgo l'occasione per invitare youtuber, grafici e webmaster a mettere il loro sapere a disposizione della comunità e di tutti, preparando banner, video e tutto quello che serve, per diffondere questa iniziativa.


Se anche voi, volete aderire a questa iniziativa, lasciate l'adesione sotto questo post. 

N:B.

Martedì 28 febbraio parte la prima di queste iniziative, dalle ore 10 del mattino, un'onda di post su quest’argomento, deve tappezzare i nostri blog. Pubblica anche il tuo e sosteniamo la libertà di espressione.

Blog/siti, forum e pagine social che aderiscono all'iniziativa:

L'Agorà





Acquadifuoco

Animazione TRAPPIST-1


Voglio pubblicare due video sulle nuove scoperte, che ci fanno viaggiare nello spazio; realizzati dall'Osservatorio Europeo Australe (ESO, dall'inglese European Southern Observatory), di cui fanno parte sedici nazioni, tra cui l'Italia.

 

Video credit European Southern Observatory (ESO) caricato su YouTube - licenza: Creative Commons



Video credit European Southern Observatory (ESO) caricato su YouTube - licenza: Creative Commons


Nasa: scoperto un nuovo sistema planetario con 7 "sorelle" della Terra

PIA21422 - TRAPPIST-1 Planet Lineup, Figure 1

Articolo da AstronautiNEWS.it 

TRAPPIST-1, una stella nana rossa ultra fredda distante poco più di 39 anni luce dal nostro sistema solare, ospita sette pianeti di tipo terrestre. Tre di questi erano già stati scoperti mediante una serie di osservazioni condotte nel 2015.

Un sistema già interessante

Meno di un anno fa, un team di astronomi aveva annunciato una scoperta entusiasmante derivante da precedenti osservazioni: la scoperta di tre pianeti di tipo terrestre in orbita intorno ad una nana rossa ultra fredda. Utilizzando il metodo fotometrico dei transiti, erano stati in grado di scoprire tre pianeti delle dimensioni della Terra in orbita intorno a questa nana rossa. I due pianeti più interni hanno evidenze di essere in rotazione sincrona alla loro stella ospite. Il team ha fatto le sue osservazioni da settembre a dicembre 2015 e ha pubblicato i suoi risultati nel numero di maggio 2016 della rivista Nature.

MASS J23062928-0502285 (nota anche come TRAPPIST-1 dal sistema di osservazione che l’ha studiato) è una stella nana ultrafredda – molto più fredda e più rossa del Sole. Queste stelle sono molto comuni nella nostra galassia e vivono molto a lungo. Nonostante sia così vicina alla Terra, questa stella è troppo debole e troppo rossa per essere vista a occhio nudo o anche con un telescopio amatoriale nella banda visibile: con l’opportuna strumentazione è visibile nella costellazione dell’Acquario.

Un’ulteriore, grandiosa scoperta

Ora, un team internazionale di trenta astronomi ha raccolto una serie di evidenze sufficienti per affermare che il sistema contiene in effetti ben sette pianeti, tutti di tipo terrestre. Il dato più affascinante è che i pianeti scoperti risulterebbero in gran parte nella zona abitabile del sistema e questo, come abbastanza ben noto recentemente dopo sempre più numerose scoperte di esopianeti, significa che potrebbero ospitare acqua allo stato liquido. Questo fa di TRAPPIST-1 il primo caso di sistema con un così elevato numero di pianeti in zona abitabile e per di più con dimensioni terrestri. 
Questa scoperta apre profonde implicazioni nella ricerca di vita extraterrestre nei sistemi extrasolari.

TRAPPIST-1 non è molto più grande di Giove, ed emette una piccola frazione della luminosità totale del nostro Sole. I sette pianeti che orbitano attorno alla stella nana, denominati TRAPPIST-1b, 1c, 1d, 1e, 1f, 1g, e 1h, sono raccolti in un sistema solare decisamente più piccolo del nostro. Un anno (o un giorno, essendo in rotazione sincrona) sul pianeta più interno dura solo 1,5 giorni terrestri, sul secondo dura appena 2,4 giorni terrestri, mentre l’orbita del terzo pianeta è meno certa, con un range che va da 4,5 a 73 giorni terrestri. Il fatto che le stelle nane rosse costituiscono dal 30 al 50% delle stelle della nostra galassia (il cui numero è compreso tra 100 e 400 miliardi), fa di esse la tipologia più abbondante (considerando che le stelle simili al nostro sole ammontano invece ad un 10%).

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Fonte: AstronautiNEWS.it


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Articolo tratto interamente da AstronautiNEWS.it


Photo credit NASA/JPL-Caltech (Catalog page · Full-res (JPEG · TIFF)) [Public domain], via Wikimedia Commons


mercoledì 22 febbraio 2017

Fin dall'antichità l'umanità...



"Fin dall'antichità l'umanità si è posta la domanda sull'esistenza di altre vite: sin dai tempi di Epicuro, di Plutarco, di Lucrezio Caro. Oggi possiamo dire perlomeno che esistono pianeti extrasolari: la loro esistenza è una condizione necessaria - anche se non sufficiente - per l'esistenza di altre forme di vita."

 Margherita Hack




Greenpeace: il governo giapponese vuole ripopolare un villaggio vicino alla centrale nucleare di Fukushima

Towns evacuated around Fukushima on April 11th, 2011

Articolo da Greenreport.it 

Secondo Greenpeace, «Ad un anno dalla cessazione delle compensazioni economiche ai cittadini evacuati, il governo giapponese ritirerà – non più tardi del 31 marzo prossimo – l’ordine di evacuazione per 6 mila cittadini da Iitate, villaggio che si trova a nord ovest dei reattori distrutti della centrale nucleare di Fukushima Daiichi, nonché uno dei siti più pesantemente contaminati dal disastro nucleare del 2011. La prefettura di Iitate ha un territorio di 200 chilometri quadrati, il 75 per cento dei quali costituito da foreste montane. I livelli di radiazione rilevati nelle foreste – parte integrante della vita dei residenti fino a prima dell’incidente nucleare – sono paragonabili ai livelli attuali all’interno della zona di esclusione di 30 km a Cernobyl, una zona che più di 30 anni dopo l’incidente rimane ancora interdetta alla popolazione».

Gli ambientalisti sottolineano che dalla recente indagine “No Return to Normal: The Fukushima Daiichi Nuclear Disaster”, condotta da Greenpeace Giappone è emerso che «i livelli di radioattività riscontrati nelle case di Iitate sono ben al di sopra degli obiettivi a lungo termine prefissati dal governo nipponico, con i livelli di esposizione annuali che, estesi. nel corso della vita delle persone, presenterebbero un rischio superiore alle norme per i cittadini che torneranno nell’area».

Nel loro rapporti, gli ambientalisti evidenziano che «Gli sforzi di decontaminazione del governo giapponese si sono concentrati nelle aree immediatamente attorno alle case, ai campi agricoli e in strisce di 20 metri lungo le strade pubbliche. Questa decontaminazione ha già generato milioni di tonnellate di rifiuti nucleari, che ora si trovano in migliaia di siti sparsi in tutta la Prefettura, ma non ha comunque ridotto il livello di radioattività a livelli di sicurezza. Per le persone che devono prendere una decisione per il ritorno, una domanda fondamentale che le autorità giapponesi continuano ad ignorare è a quale dose di radiazioni saranno esposti, non in un anno, ma nel corso di decenni, e cioè nel corso della loro vita».


Greenpeace Giappone ha cercato di rispondere a questa domanda inviando un team di radioprotezione nell’area sin dalla fine del marzo 2011, quando ha chiesto per prima la sua evacuazione.  I tecnici dell’associazione ambientalista spiegano che «Nell’ultima campagna di misure condotta nel mese di novembre 2016, l’obiettivo era quello di effettuare migliaia di misure di radioattività nelle zone di Itate ricomprese nell’Area 2, il settore che vedrà cancellato il suo ordine di evacuazione a fine marzo 2017, secondo quanto stabilito dal governo giapponese. Oltre ai dati misurati, che hanno fornito una media ponderata per le zone, il lavoro di indagine ha riguardato anche il campionamento del suolo con l’analisi in un laboratorio di Tokyo, la misurazione degli “hot spots” (i cosiddetti “punti caldi” ) di contaminazione radioattiva e il recupero dei dosimetri che erano stati installati in due case nel febbraio del 2016. La media ponderata per l’esposizione a radiazioni nelle le case oggetto dell’indagine indicano chiaramente un rischio elevato per i cittadini che dovranno tornare a Iitate. L’intervallo misurato per le dosi è stato tra 39 mSv e 183 mSv per tutta la vita 70 anni da un periodo a partire dal marzo 2017. Questo non include la dose di esposizione alle radiazioni naturali attesi nel corso della vita, né include le dosi interne ed esterne ricevute nei giorni, settimane e – nel caso di Iitate che non fu immediatamente evacuata – parecchi mesi dopo l’incidente nucleare del marzo 2011».

Continua la lettura su Greenreport.it

Fonte: Greenreport.it


Autore: redazione Greenreport


Licenza: Copyleft 



Articolo tratto interamente da Greenreport.it 


Photo credit Mayhew derivative work: derived from original work by User: Lincun [CC BY-SA 3.0 or GFDL], via Wikimedia Commons


Solo per oggi gratis su Giveaway of the Day - 4Videosoft DVD Ripper 5.3.8


Oggi il sito Giveaway of the Day offre per ventiquattro ore, un programma  per copiare DVD in altri formati video . Vi ricordo di leggere le condizioni e l'uso nel sito, inoltre nel readme scaricato, troverete le spiegazioni per l’attivazione.


Note sul software

Troverete i dettagli delle funzioni a questo indirizzo:

http://www.4videosoft.com/dvd-ripper-platinum.html

Sito web: Giveaway of the Day


Pagina download qui

Proverbio del giorno


E facile parlare, ma difficile parlare bene.


martedì 21 febbraio 2017

Comunicazione di servizio: ripartono le interviste





Voglio informare gli amici e lettori di questo blog, che presto tornerò a pubblicare interviste su diversi temi.

Se vuoi essere intervistato, basta contattarmi via e-mail, cliccando sul banner "Contatti".

Alta è la notte di Vincenzo Monti


Alta è la notte

Alta è la notte, ed in profonda calma
dorme il mondo sepolto, e in un con esso
par la procella del mio cor sopita.
Io balzo fuori delle piume, e guardo;
e traverso alle nubi, che del vento
squarcia e sospinge l’iracondo soffio,
veggo del ciel per gl’interrotti campi
qua e là deserte scintillar le stelle.
Oh vaghe stelle! e voi cadrete adunque,
e verrà tempo che da voi l’Eterno
ritiri il guardo, e tanti Soli estingua?
E tu pur anche coll’infranto carro
rovesciato cadrai, tardo Boote,
tu degli artici lumi il più gentile?
Deh, perché mai la fronte or mi discopri,
e la beata notte mi rimembri,
che al casto fianco dell’amica assiso
a’ suoi begli occhi t’insegnai col dito!
Al chiaror di tue rote ella ridenti
volgea le luci; ed io per gioia intanto
a’ suoi ginocchi mi tenea prostrato
più vago oggetto a contemplar rivolto,
che d’un tenero cor meglio i sospiri,
meglio i trasporti meritar sapea.
Oh rimembranze! oh dolci istanti! io dunque,
dunque io per sempre v’ho perduti, e vivo?
e questa è calma di pensier? son questi
gli addormentati affetti? Ahi, mi deluse
della notte il silenzio, e della muta
mesta Natura il tenebroso aspetto!
Già di nuovo a suonar l’aura comincia
de’ miei sospiri, ed in più larga vena
già mi ritorna su le ciglia il pianto.

Vincenzo Monti


Brescia: una terra inquinata dai veleni industriali

Vista dal castello (brescia ovest) - panoramio

Articolo da Internazionale

Sul terreno dei giardinetti è vietato giocare. “Zona inquinata soggetta a divieti”, avverte un cartello. I disegnini dicono di non buttarsi sull’erba, non raccogliere fiori e foglie, non giocare con la terra e non toccarla. Cartelli simili sono disseminati nei giardini pubblici della zona sud di Brescia, in quartieri come Primo Maggio e Chiesanuova. Sono là da anni, c’è chi vedendoli sussulta e chi non ci fa più caso. Ricordano che quei terreni sono intrisi di diossine e di pcb, policlorobifenili, composti chimici altamente tossici e cancerogeni. Un pericolo subdolo, non si vede. È l’eredità di decenni di attività dello stabilimento chimico Caffaro, vecchio impianto situato un paio di chilometri a ovest di piazza della Loggia, il cuore della città.

In altre parole Brescia, una delle città più benestanti della ricca Lombardia, è anche uno dei siti industriali più inquinati d’Italia. Terreni e falde idriche sono contaminati da un mix di pcb, diossine, solventi clorurati, benzene e altre sostanze pericolose, tanto che nel 2002 il ministero dell’ambiente ha riconosciuto l’emergenza ambientale e ha designato quello di Brescia-Caffaro come un Sin, sito di interesse nazionale per la bonifica.

Da allora ripetute indagini hanno mostrato che pcb e diossine sono entrati fino nel sangue dei bresciani e forse nel latte materno. Un disastro ambientale. Eppure nei quindici anni passati da allora non è successo molto; salvo piccoli interventi, la bonifica è da fare. È questo a fare di Brescia un caso paradossale.

Faccenda chiusa

Imbocchiamo via Milano in direzione ovest, lasciandoci alle spalle il centro storico. Quando è sorta, nel 1906, la Caffaro lavorava sale e cloro per fabbricare soda caustica e altri composti. Allora la fabbrica era considerata in periferia, borgo San Giovanni, zona agricola appena oltre il cimitero municipale. Ma siamo a meno di un chilometro dalla cinta esterna del centro storico, e già allora qui c’erano alcune case, la chiesa, e una scuola elementare addossata al muro di cinta. A volte dalla fabbrica uscivano zaffate di gas, “i bambini non potevano respirare e dovevano scappare con gli insegnanti”, dice Marino Ruzzenenti, storico che ha studiato l’industrializzazione italiana dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente. I campi dietro la fabbrica sono stati letteralmente bruciati dalle esalazioni di soda e cloro: “L’azienda comprò il terreno, e la faccenda fu chiusa”.


I problemi si sono complicati quando la Caffaro ha cominciato a lavorare i composti organici del cloro, negli anni trenta. Produceva ddt, poi lindano (insetticidi in seguito vietati, perché tossici). Ha lavorato cloro, mercurio, arsenico, tetracloruro di carbonio. Soprattutto, tra il 1938 e il 1984 ha prodotto pcb, composto brevettato dalla Monsanto negli Stati uniti negli anni trenta, allora molto usato nell’industria: per le sue proprietà chimico-fisiche era un ottimo lubrificante e un isolante termico. Che fosse nocivo si è capito poi, quando sono comparsi casi di intossicazione tra i lavoratori. Nel 1972 i pcb sono stati messi al bando in Giappone; nel 1976 la Monsanto, proprietaria del brevetto, ha smesso di produrli. Negli anni seguenti i pcb sono stati vietati un po’ ovunque e infine nel 1983 anche in Italia. Solo allora lo stabilimento di Brescia ha smesso di fabbricarli. 

Intanto però la Caffaro, nel frattempo assorbita dalla Snia, aveva disperso tonnellate di pcb. In tutti quegli anni aveva scaricato i suoi reflui nel terreno e nelle canaline di scarico che buttavano direttamente nelle rogge, i fossati o piccoli canali artificiali che irrigano questa provincia padana. I pcb non si eliminano facilmente (non per nulla sono uno degli “inquinanti organici persistenti”, pop nell’acronimo in inglese, messi al bando dalla convenzione di Stoccolma nel 2001). Non sono biodegradabili, non si sciolgono in acqua, non sono facilmente infiammabili; invece sono liposolubili, si sciolgono negli oli e nei grassi.

Così, anche se non sono più prodotti da oltre trent’anni, i pcb continuano ad avvelenare Brescia e le campagne vicine. Si sono fissati nei sedimenti delle rogge e hanno “viaggiato” a sud dello stabilimento. Sono entrati nella catena alimentare: mangiati dal bestiame attraverso il foraggio e le granaglie, fissati nei tessuti grassi e nel latte di mucca prodotto nelle cascine circostanti. A ogni passaggio si concentrano sempre di più – si chiama “bioaccumulo”. E in cima alla catena alimentare ci sono gli esseri umani, che assorbono pcb sia attraverso gli ortaggi, sia da latte, uova o carne di animali che li hanno a loro volta mangiati. 

Le diossine nella catena alimentare

Di tutto questo però non si parlava, allora. Il “caso” Caffaro è scoppiato molto tempo dopo, nel 2001, quando Marino Ruzzenenti ha pubblicato un voluminoso libro sulla storia dello stabilimento bresciano. Analizzando i dati dell’azienda e quelli delle autorità sanitarie, lo storico sosteneva che durante la sua attività la Caffaro aveva disperso qualcosa come cento tonnellate di pcb e grandi quantità di diossina, sostanze la cui tossicità si misura in microgrammi. Poco dopo, un grande quotidiano ha titolato che a Brescia c’era “una Seveso bis”. Il riferimento al disastro dello stabilimento Icmesa, alle porte di Milano, dove nel 1976 l’esplosione di un impianto aveva lasciato uscire tra 15 e 18 chili di diossina del tipo più tossico, ha fatto sobbalzare i bresciani.

Quello di Seveso è riconosciuto come uno dei più gravi disastri industriali mai registrati in Europa: e là si trattava di chili, a Brescia di tonnellate. 

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Fonte: Internazionale


Autore: 
Marina Forti

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Articolo tratto interamente da Internazionale 



Photo credit simo93bs [CC BY-SA 3.0], attraverso Wikimedia Commons



Citazione del giorno


"Non si può separare la pace dalla libertà perché nessuno può essere in pace senza avere libertà."

Malcom X


Archivi e biblioteche: il lungo (e difficile) percorso verso la libera riproduzione fotografica delle fonti documentarie



Articolo da Wikimedia Italia

Nel nostro Paese, ad oggi, vige un divieto alla libera riproduzione digitale (attraverso fotocamera o smartphone) dei documenti contenuti in biblioteche e archivi.

Si tratta di un vincolo normativo che pone forti limiti alla ricerca accademica, in quanto condiziona agli studiosi l’accesso alle fonti, presupposto essenziale per una corretta ricostruzione storica e filologica.

Con l’obiettivo di superare queste restrizioni, gli studiosi italiani hanno intrapreso un lungo (e complesso) percorso di dialogo con le istituzioni – in particolare, il MiBACT – a favore della liberalizzazione delle riproduzioni digitali delle fonti.

Il primo passo (2013) è stato la diffusione di un appello, rivolto all’allora Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray, promosso dall’iniziativa scientifica Reti Medievali e siglato da sette tra le maggiori società di storici e archeologi italiane e dal Consiglio Universitario Nazionale (CUN).

L’iniziativa sembrò trovare un riscontro nell’entrata in vigore del decreto “Art Bonus” (giugno 2014) salvo poi scontrarsi qualche mese dopo con l’approvazione di un emendamento restrittivo che ha visto nuovamente esclusi i materiali archivistici e bibliografici dall’elenco dei beni culturali liberamente riproducibili per finalità di studio.


Questa nuova battuta di arresto non ha scoraggiato gli accademici italiani che nel mese di settembre 2014 – su iniziativa degli studiosi Andrea Brugnoli, Stefano Gardini e Mirco Modolo – hanno dato vita al movimento “Fotografie libere per i Beni Culturali” a cui hanno aderito circa 5000 ricercatori e docenti italiani di ogni livello e settore umanistico.

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Fonte: Wikimedia Italia 

 
         
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Articolo tratto interamente da Wikimedia Italia


M’illumino di meno: un'occasione per osservare le stelle


Articolo da Media Inaf

Il 24 febbraio 2017 torna M’illumino di Meno, iniziativa giunta alla tredicesima edizione e promossa dalla trasmissione radiofonica Caterpillar in occasione della Giornata per il risparmio energetico.

Quest’anno l’Istituto nazionale di astrofisica ha voluto partecipare non solo con le iniziative di ‘spegnimento’ presso alcune delle sedi sparse sul territorio nazionale, ma anche con una serie di podcast, raccolti sotto il titolo di Caterstellar, che potete ascoltare sulla pagina dedicata “Scienziati per m’illumino di meno“, con lo scopo di sensibilizzare il pubblico ad un tema ancora troppo poco dibattuto, quello dell’inquinamento luminoso.

Ma non solo: nei podcast – registrati con la partecipazione di tanti astronomi e ricercatori Inaf – si parla anche di altre forme di inquinamento, come quello elettromagnetico, il tutto nell’ottica di mettersi a disposizione del pubblico condividendo nozioni e divulgando la scienza con parole semplici.


Per chi volesse partecipare alle serate organizzate presso le sedi Inaf, di seguito una breve carrellata, da nord a sud dello stivale, di quelle attualmente in programma.

L’Osservatorio astronomico Inaf di Padova, che ospita sull’altopiano di Asiago il maggiore telescopio dell’Inaf sul suolo nazionale, ha in programma proprio ad Asiago una serata con possibilità di visita al telescopio Galileo, osservazione del cielo ad occhio nudo e con il telescopio Schmidt di cima Ekar, oltre a una lezione a tema sull’inquinamento luminoso. Per informazioni e prenotazioni potete scrivere a visite.asiago@oapd.inaf.it, oppure chiamare lo Sportello informazioni turistiche al numero 0424.462221. Qui la locandina degli eventi.

All’Osservatorio astronomico Inaf di Trieste è in programma un dibattito aperto al pubblico preceduto da brevi interventi sul tema del risparmio energetico, dal titolo ‘La scienza del risparmio energetico’, per informazioni scrivere a social@oats.inaf.it.

A Roma, presso l’Osservatorio astronomico Inaf di Monte Porzio, è in programma una serata dal titolo “Un cielo buio per la caccia alle galassie“, durante la quale, insieme ad Adriano Fontana, si parlerà dell’importanza di un cielo buio per poter investigare i misteri del cosmo nel migliore dei modi. Maggiori info cliccando qui.

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Fonte: Media Inaf


Autore: 
Francesca Aloisio 

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Articolo tratto interamente da 
Media Inaf



lunedì 20 febbraio 2017

La voce inascoltata dei rifugiati ambientali


Articolo da Open Migration

Concentrandoci solo sugli effetti a lungo termine del cambiamento climatico, rischiamo di escludere dal dibattito le voci e le scelte dei rifugiati ambientali di oggi.

Dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni americane del novembre scorso, la preoccupazione per il futuro del pianeta è più diffusa che mai. Come evidenziano i sondaggi alla vigilia del suo insediamento, un numero crescente di americani è convinto che la propria famiglia, insieme a molte altre nei paesi in via di sviluppo, subirà le conseguenze negative dei cambiamenti climatici. Allo stesso tempo, numerosi scienziati da ogni parte del mondo hanno espresso il proprio sdegno contro la posizione negazionista del presidente sul riscaldamento globale e contro la sua nuova e pesante stretta sulle agenzie scientifiche governative.

Quest’ondata di sensibilizzazione e attivismo è senz'altro incoraggiante, ma il rischio è di perdere di vista la posizione sempre più precaria dei rifugiati ambientali presenti nel mondo. Le previsioni che vedono New York e Londra finire sommerse nel giro di pochi decenni occupano da tempo i titoli dei giornali. Al contrario, le conseguenze dei cambiamenti climatici che hanno già provocato la scomparsa di case e mezzi di sussistenza in Bangladesh o nelle isole Kiribati, Tuvalu e Salomone trovano poco spazio nella recente levata di scudi. Concentrandosi solo sugli effetti a lungo termine dell’inquinamento atmosferico e dell’acidificazione degli oceani, sia politici che contestatori rischiano di escludere dal dibattito le voci e le scelte dei rifugiati ambientali di oggi.

Le conseguenze delle politiche di Trump per i rifugiati ambientali


È difficile ignorare l’impatto negativo che avranno su di loro le politiche di Trump, non ultima l’imminente uscita degli Stati Uniti dall’Accordo sul clima di Parigi. Myron Ebell, il negazionista climatico a capo della squadra di transizione dell’Environmental Protection Agency (ente governativo americano per l’ambiente), ha dichiarato che il presidente ha intenzione di annullare l’impegno per la riduzione dei gas serra assunto da Barack Obama nel 2015, con un ordine esecutivo che potrebbe essere presentato a giorni. Questo è preoccupante per vari motivi.

In primo luogo, potrebbe portare altri firmatari dell’Accordo di Parigi a venir meno ai propri impegni. Sebbene sia improbabile che gli altri stati si ritirino formalmente, la mancanza della pressione politica degli Stati Uniti potrebbe indurli a superare di gran lunga le proprie quote di emissioni, con effetti generalizzati sull'ambiente che andrebbero ben oltre le singole scelte dell’America. In secondo luogo, anche se il successore di Trump dovesse realizzare una riforma ambientale su vasta scala, l’impronta di carbonio generata durante questa amministrazione potrebbe spingere il riscaldamento globale oltre il punto di non ritorno. Il comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici dell’Onu sottolinea che se la temperatura media terrestre dovesse superare i 2°C, le conseguenze per l’atmosfera sarebbero istantanee e irreversibili, costringendo le politiche successive a cercare di adattarsi alla catastrofe climatica, anziché prevenirla.

L’azione congiunta di questi fattori ha enormi ripercussioni sull'innalzamento del livello del mare. Sei delle Isole Salomone già parzialmente erose sono finite sott'acqua nell'ultimo anno, e secondo le previsioni dell’Onu il 15% delle isole del Pacifico spariranno con un ulteriore innalzamento di un solo metro. Purtroppo, senza la guida degli Stati Uniti, è improbabile che i programmi per il reinsediamento degli abitanti di queste terre vadano a buon fine.

La tendenza radicata a concentrarsi sulle persone in fuga dalle zone di conflitto o sui profughi alle proprie porte


Ma le recenti politiche di Trump non sono l’unica minaccia che incombe sui paesi a rischio. I pericoli a cui devono far fronte sono aggravati dalla tendenza ben più radicata negli stati ricchi e nelle comunità di sviluppo a concentrarsi sulle persone in fuga dalle zone di conflitto o sui profughi alle proprie porte. Già nel 2008, i commentatori definivano i rifugiati ambientali “un popolo dimenticato”, perennemente estromesso dai tavoli di discussione sul problema dei migranti, penalizzato soprattutto dall’assenza di un riconoscimento legale o di un piano di reinsediamento a lungo termine dell’UNHCR. Malgrado i richiami all’urgenza dell’amministrazione Obama durante lo scorso anno, le vite colpite dai cambiamenti climatici restano in sostanza nel dimenticatoio. Persino gli studiosi del problema tendono a mettere in risalto i rischi futuri per i paesi più grandi rispetto alle perdite che i più piccoli stanno già subendo, mentre le campagne politiche su entrambe le sponde dell’Atlantico, con la loro coda di aspre polemiche, hanno come unico oggetto i popoli in fuga dalle guerre e dalla povertà, ma non dai mutamenti del clima.

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Fonte: 
Open Migration


Autore: Rebecca Buxton e Theophilus Kwek - traduzione di Lucrezia De Carolis

Licenza: Licenza Creative Commons
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Articolo tratto interamente da 
Open Migration


Malta

Malta from Oliver Astrologo on Vimeo.

Photo e video credit Oliver Astrologo caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons 



Il mondo intorno a noi


Move from Aaron Keigher on Vimeo.

Photo e video credit Aaron Keigher caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons