martedì 10 maggio 2016

La Svezia sperimenta le sei ore lavorative


Articolo da Sbilanciamoci.info


In Svezia sperimentano la giornata di lavoro di 6 ore. Un esperimento costoso ma, secondo un primo bilancio, dai molteplici benefici, anche in termini di produttività.

“Meno congedi per malattia, personale più felice e anziani più soddisfatti” scriveva il quotidiano svedese Dagens Nyheter il 21 aprile, dopo che alla facoltà di Economia di Göteborg sono stati presentati i risultati della ricerca che ha valutato la sperimentazione della giornata di 6 ore in una casa di riposo della città svedese. I risultati dello studio sono netti: la riduzione dell’orario di lavoro ha effetti benefici sotto numerosi punti di vista. La giornata lavorativa di 6 ore a parità di salario è stata introdotta a gennaio 2015 per gli operatori sanitari nella casa di riposo pubblica di Svartedalen, che occupa 68 dipendenti. Per compensare la riduzione di orario nell’ultimo anno sono state assunte 14 persone. Lo studio confronta i dati relativi all’anno trascorso con i dati dell’anno precedente e mostra le differenze con quanto avvenuto nello stesso periodo sia in un’altra casa di riposo in cui non è stato modificato l’orario di lavoro, sia nell’insieme delle case di riposo cittadine. La differenza principale riguarda le assenze per malattia: a Svartedalen si riducono dal 6,4% al 5,8%, mentre nello stesso periodo aumentano sia nel caso “di controllo” (dal 7% all’ 8,4%), sia nella media cittadina, dove arrivano al 12,1%. Questo fa sì che, nella sede dove è stato ridotto l’orario di lavoro, le ore effettivamente lavorate siano aumentate, mentre nelle altre sedi sono diminuite: la percentuale di ore lavorate (rispetto a quelle da contratto) è passata dall’87,5% all’89,2%, mentre nel caso di confronto è scesa dall’87 all’83,4% (e la media cittadina è 85,1%). Questi dati si accompagnano a una serie di risultati positivi in termini di percezione della propria salute da parte dei lavoratori/trici: la differenza rispetto al caso preso a confronto è positiva in tutti gli indicatori (percezione dello stato di salute, percezione della propria energia, attività sportive svolte,…). Nelle risposte aperte emergono altri aspetti interessanti: una lavoratrice riporta che la riduzione dell’orario di lavoro ha avuto “un significato incredibile nella vita di tutti i giorni, dal momento che sono una madre single”, mentre un’altra racconta: “ciò che è cambiato è che consumiamo più cibo sano e fatto in casa e meno cibo pronto”. Sul piano della qualità del lavoro, un indicatore rilevante è quello del numero di attività che i lavoratori fanno insieme ai pazienti, che indica quanto questi ultimi siano stimolati, oppure quanto vengano semplicemente accuditi nelle necessità basilari: a febbraio 2016 il numero medio di attività al giorno per operatore a Svartedalen era 3,4, mentre è 2,3 nel caso usato per il confronto.

Molti sono gli argomenti a vantaggio della riduzione dell’orario di lavoro in questa specifica categoria occupazionale, che è la più grande della Svezia, con 175.000 lavoratori, di cui il 93% donne: il lavoro di cura è estremamente faticoso e richiede elevati livelli di attenzione, pazienza e capacità di ascolto, che non sono caratteristiche indipendenti dall’organizzazione e dai tempi di lavoro. Esistono però ricerche in ambito sanitario che portano argomenti a favore della riduzione dell’orario di lavoro che sono trasversali ai gruppi professionali: ad esempio, un recente studio pubblicato su The Lancet a ottobre 2015, analizza 24 coorti in Europa, USA e Australia, e identifica una correlazione positiva e significativa tra ore lavorate e rischio di infarti.


Il caso di Svartedalen non è isolato, ma segue una serie di esprimenti iniziati alla fine degli anni ‘80 in Svezia e Norvegia, soprattutto nel settore pubblico. Al tempo stesso, anche alcune imprese private, come Brath AB e Filimundus, attive nel settore informatico, hanno introdotto riduzioni dell’orario di lavoro. Questi casi hanno avuto una forte eco mediatica qualche mese fa, quando i giornali stranieri hanno rimbalzato la notizia di una riduzione generalizzata dell’orario di lavoro in Svezia. A questa eco hanno risposto studiosi sulle pagine di alcuni giornali svedesi, indicando che questi esperimenti sono lungi dal diventare la norma: “questa attenzione mediatica è un bene” –dice Roland Paulsen dell’Università di Lund- “perché indica che la riduzione dell’orario di lavoro è un tema sentito. Al tempo stesso, però, vediamo che nei fatti l’orario di lavoro tende ad aumentare anziché diminuire”. Uno studio del sindacato svedese TCO stima infatti che nel 2014 circa il 18% dei lavoratori lavorasse oltre il suo orario di lavoro: “se il lavoro extra potesse essere convertito in incremento occupazionale, questo rappresenterebbe tra i 117.000 e i 150.000 posti in più”.


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