venerdì 13 maggio 2016

Il problema della deflazione


Articolo da Sinistra in Europa

A partire dalla crisi dei debiti sovrani, il Consiglio Direttivo della Bce ha deciso di acquistare praticamente di tutto: titoli cartolarizzati, titoli di Stato, bond bancari e ora anche obbligazioni di tipo “corporate” (vale a dire emessi da grandi gruppi aziendali).

Accanto a ciò, Draghi ha spinto moltissimo sull’emissione di prestiti agevolati (denominati TLTRO) tali da mettere le banche nelle condizioni di ripulire i propri bilanci e di poter prestare risorse all’economia reale. Infine, come terza gamba dell’impianto anti-crisi, la Bce ha agito sulla leva dei tassi, abbassando contemporaneamente sia il MRO (il tasso di rifinanziamento principale) che il deposit facility (il tasso riconosciuto alle banche che depositano la liquidità aggiuntiva presso la Bce). Il tasso sui depositi da fine 2015 è addirittura sceso in territorio negativo.
La ratio ultima di questi provvedimenti era molto semplice: aumentare la liquidità presente nel sistema in modo da innalzare durevolmente il tasso d’inflazione, permettendo così ai governi un aggiustamento più graduale delle finanze pubbliche, dato che un tasso d’inflazione più elevato significa anche un abbattimento più agevole del  deficit e del debito. Ora, per come stanno attualmente le cose, possiamo dire che l’assioma di Draghi e soci era totalmente infondato.
Ovvero: i sostenitori delle politiche Bce hanno come unica arma il dato contro fattuale – “cosa sarebbe accaduto se queste politiche non fossero state attuate?” – ma si tratta di un’arma spuntata, nel senso che prospettare come un successo il fatto che non si sia arrivati a un disastro assoluto  ricorda l’episodio dello studente recalcitrante che si vanta di aver preso per una volta un “sei” invece della solita insufficienza.

L’argomento contro-fattuale è probabilmente vero: senza Qe, prestiti agevolati e abbattimento dei tassi ora l’Eurozona forse non esisterebbe più. Tuttavia, è palese che ciò non basti: una situazione di galleggiamento di lungo periodo è sicuramente preferibile a un improvviso naufragio, ma ciò non toglie che galleggiare troppo a lungo sia pericoloso.

Come mai il tasso d’inflazione non sale più e non si schioda da quel drammatico zero virgola? Questo è tema di discussione ormai in tutte le accademie nel mondo. La deflazione è un mostro a tre teste che terrorizza governi e istituzioni finanziari internazionali e figura tra le cause dei repentini crolli dei mercati finanziari che stiamo cominciando a registrare da gennaio 2016.

Bisogna dire che il calo dell’inflazione è ormai un dato strutturale alle economie avanzate: la globalizzazione è, per così dire, il problema principale, posto che oggi spedire degli oggetti in un container dalla Cina all’Europa costa così poco che agli europei non conviene più produrre una marea di oggetti. Gli scambi internazionali a basso prezzo, quindi, sono una spinta fortissima a mantenere giù i listini: gli economisti usano dire un’espressione, “deflazione tecnologica”, che sta entrando nel linguaggio comune. In effetti, la tecnologia è un’aggravante al quadro prima esposto: non solo il costo dei trasporti e della logistica è ridicolo, ma anche produrre sta diventando sempre meno dispendioso. La quarta rivoluzione industriale – quella dei robot e dell’automazione – è davvero una minaccia esistenziale per l’inflazione e anche per il lavoro salariato.

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Fonte: Sinistra in Europa

Autore: Giacomo Giglio


Licenza: Licenza Creative Commons
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Articolo tratto interamente da Sinistra in Europa



1 commento:

  1. Non capisco molto di economia ma mi sembra che si vada sempre peggio...sono molto preoccupata non tanto per me che ho un'età ma per i nostri figli e nipoti..

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