giovedì 3 marzo 2016

L’Italia del miracolo economico (1958-1963)


Articolo da Doppiozero 

Si è usi circoscrivere il boom o miracolo economico tra il 1958 e il 1963, anni nei quali fenomeni fino ad allora in stato di incubazione esplodono in tutta la loro virulenza. Il quadro politico, a parte la vistosa eccezione del governo Tambroni – monocolore DC sostenuto dall’appoggio monarchico e missino che insanguina l’Italia nella primavera-estate del 1960 –, registra il progressivo avvicinamento del PSI all’orbita democristiana, offrendo uno sfondo quieto alla grande trasformazione dell’Italia da nazione proto-industriale a nazione moderna (tenendo conto di tutte le insidie che questo aggettivo nasconde).

Qualche dato ci aiuta a riflettere: nel 1962 gli abitanti di Torino aumentano del 35,5%, arrivano cioè oltre 66.000 persone, gli abitanti di Milano aumentano del 36,6%, con l’arrivo di 118.000 persone. Nello stesso 1962 il Mezzogiorno perde il 12,2% della popolazione pari a circa 226.000 persone.
Nel 1958 vengono prodotte 369.000 automobili, 10.000 lavatrici, 500.000 frigoriferi, nel 1963 le automobili divengono 1.105.000, le lavatrici 1.263.000, i frigoriferi 2.187.000.
Bastano questi pochi dati per comprendere che l’Italia del 1963 è una nazione profondamente nuova. Le grandi città del Nord vedono sorgere nella propria cintura periferica casupole irregolari (a Milano sono le “Coree”), invasi i propri centri storici da immigrati meridionali, divisi al loro interno da profonde differenze culturali (l’agricoltore del Tavoliere delle Puglie è evidentemente diverso dal contadino della Calabria silana). Lo shock è fortissimo; si può dire che per la prima volta gli italiani si incontrano tra loro. Si incontrano e non si piacciono: a Torino è messa in atto una vera e propria segregazione nei confronti dei meridionali.

Il numero di automobili ed elettrodomestici sta ad indicare che si afferma quasi improvvisamente il consumo, agente massimo del cambiamento degli stili di vita. Cambiano gli interni delle case, in particolare la cucina; tra gli elettrodomestici spicca la televisione (cavallo di Troia del consumo), cambia il modo di vestirsi, nasce il tempo libero (il week-end), cambia la dieta (per la prima volta si ha la possibilità di mangiare carne tutti i giorni), cambia la lingua (dal dialetto al neoitaliano). Il consumo diviene l’elemento unificante del paese, il segnale di riconoscimento per le diverse classi sociali; si può arrivare a dire che il consumo, laicizzando la società, si sostituisce all’educazione e alla pratica religiosa. Inutile soffermarsi qui sulle storture prodotte dalla società dei consumi: l’essenziale è comprendere che l’affermazione della modernità in Italia è guidata dal consumo. Anche il nucleo familiare e i rapporti generazionali, seppur meno bruscamente, stanno modificandosi. Chi ha vent’anni negli anni Sessanta sperimenta su di sé gli effetti della modernizzazione: una maggiore indipendenza economica rende i giovani meno vincolati all’istituzione familiare; si viene così a creare lentamente un gap tra generazioni. Le necessità occupazionali riportano, dopo gli anni di guerra, la donna nei luoghi di lavoro, istituendo nuove o più allargate forme di solidarietà femminile. L’introduzione della pillola anticoncezionale, successiva di qualche anno, è il viatico verso la conquista della libertà sessuale.
Per i giovani meridionali la migrazione verso il Nord significa anche l’affrancamento dall’autorità degli anziani, la possibilità di creare una famiglia dove la donna stia a casa e non aiuti più nel lavoro agricolo. Anche il lavoro si modifica: mentre si raggiunge l’occupazione piena, rinasce, dopo la bonaccia degli anni ’50, la conflittualità sindacale: si quadruplicano le ore di sciopero, i salari aumentano, nel 1963, del 14,5%.

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Fonte: Doppiozero


Autore: 
Alberto Saibene

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Articolo tratto interamente da 
Doppiozero



2 commenti:

  1. grazie della segnalazione dell'articolo molto interessante, i numeri hanno un significato decisamente

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  2. Quante cose sono cambiate in quel periodo, è stata una vera rivoluzione sotto molti aspetti...ma anche adesso c'è aria di cambiamento e non sempre in meglio, purtroppo!

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