sabato 7 febbraio 2015

Jobs Act: un primo commento tecnico

 
Articolo da Clash City Workers
 
Alla vigilia dello scorso Natale il governo Renzi ha approntato i primi due schemi di decreto attuativo sulla seconda parte del Jobs Act, quella che riguarda la nuova tipologia di tutela dai licenziamenti illegittimi e la nuova indennità di disoccupazione.

Questi due schemi, al momento in cui scriviamo, non ancora pubblicati in Gazzetta Ufficiale e quindi non in vigore, insieme al decreto  Poletti dello scorso Marzo, che di fatto aboliva l'obbligo della causalità nella stipulazione di contratti a tempo determinato, ridisegnano drasticamente il mercato del lavoro in Italia, al fine di razionalizzare la risposta alla domanda pressante dei padroni, in crisi di valorizzazione dei capitali: abbassare il costo del lavoro per creare più profitto.

Analizziamoli entrambi.

I: Addio all'articolo 18!


Che cosa cambia con il contratto a tutele crescenti, introdotto da Renzi con lo schema di decreto approvato il 24/12/2014? La disciplina dei licenziamenti individuali è da sempre materia di contenzioso, politico e sindacale. Dal 1970 al 2012 i licenziamenti individuali sono stati regolati dall'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Il licenziamento – quello non discriminatorio, ma giustificato - può essere per:
giusta causa – colpa grave del lavoratore –;
giustificato motivo soggettivo – colpa non grave del lavoratore, l'azienda ha l'obbligo di preavviso -; giustificato motivo oggettivo – interruzione dell'attività lavorativa, fine di un appalto o chiusura di uno stabilimento.

Vediamo di seguito la storia e la qualità dei cambiamenti introdotti prima dalla Fornero, ora da Renzi: alla fine del testo inseriamo una tabella riepilogativa.

1. La storia


L'articolo 18 stabiliva che, in tutti i casi di nullità, inefficacia o illegittimità del provvedimento, l'imprenditore era condannato al reintegro del lavoratore sul posto di lavoro: la possibilità di licenziare, dunque, c'era, ma se il licenziamento non era giustificato veniva di fatto annullato col ritorno del lavoratore al proprio posto. La distinzione tra nullità e illegittimità non era significativa perchè la sanzione era la stessa: diventa significativa, e da comprendere dunque bene, solo a partire dal 2012, anno in cui Elsa Fornero rimette mano alla disciplina, modificando in più punti il testo dell'articolo 18.

Per capirci spieghiamo brevemente la differenza:
un licenziamento è nullo quando è discriminatorio e di conseguenza viola la legge (ad esempio, quando avviene durante un congedo di maternità);
è inefficace quando è espresso in forma orale o scritta senza indicare le motivazioni;
è annullabile quando è illegittimo.

Le modifiche riguardavano la restrizione delle possibilità di reintegrazione: questo restava nel caso di licenziamento discriminatorio, quindi nullo, inefficace, e nel caso di licenziamento illegittimo per manifesta insussistenza del fatto contestato o sproporzione tra colpa e provvedimento nel caso di motivi disciplinari( “perche' il fatto rientra tra le condotte punibili con una
sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti
collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili”).
In tutti gli altri casi di illegittimità riconosciuta, cambiava la sanzione: dalla reintegrazione si passava all'indennizzo, calcolato da un minimo di 15 a un massimo di 24 mensilità.
 
 
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Fonte: Clash City Workers


Autore: collettivo Clash City Workers

Licenza: Creative Commons (non specificata la versione)


Articolo tratto interamente da Clash City Workers
 
 


1 commento:

  1. Ciao Cavaliere non so per quanto ancora potremmo sopportare tali soprusi prima di scendere in piazza ma non più pacificamente.

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